Negli ultimi anni, l'impiego di combustibili fossili da parte dell'uomo ha portato a un aumento di gas serra nell'atmosfera. Questo ha causato un aumento di temperatura, che ha portato allo scioglimento dei ghiacciai, con il conseguente innalzamento del livello del mare, l'aumento della temperatura della Terra e della superficie degli oceani, fenomeni atmosferici più intensi e violenti e l'aumento dell'acidità degli oceani causato dallo scioglimento della CO2. L'habitat alpino è estremamente sensibile ai cambiamenti climatici, in quanto ospita specie endemiche, microterme e isolate, soggette a estinzione locale con l'innalzamento delle temperature. Uno studio condotto in Repubblica Ceca da Flousek et al. dal 1984 al 2011 prova a dimostrare come l'aumento di temperatura possa avere influenza negativa sulla crescita demografica di uccelli alpini, nel parco nazionale dei Monti dei Giganti. Infatti, il surriscaldamento globale porterebbe gli animali a cambiare altitudine per cercare l'optimum termale e potrebbe anche causare un mismatch fenologico, cioè, il momento di massimo bisogno del cibo per gli uccelli non corrisponde al massimo di disponibilità di esso. Questi effetti causano probabile estinzione locale, per le specie che non riescono ad adattarsi a quote più alte, o per quelle che fisicamente non riescono perché limitate dalla vetta della montagna. Un altro studio, attuato nel Regno Unito, sulla differenza di risposte fenologiche dei vari taxa e livelli trofici all'aumento di temperatura, indica che c'è una differenza nelle risposte dei vari gruppi tassonomici di animali, che varia a seconda delle loro caratteristiche e della loro sensibilità ai cambiamenti climatici. Le risposte fenologiche, cioè la riproduzione e migrazione, tendono a essere anticipate a causa dell'aumento di temperatura, oppure ritardate per l'aumento di precipitazione. Una proiezione degli effetti che il cambiamento climatico potrebbe potenzialmente avere sui vari taxa e i vari livelli trofici nel 2050, se le emissioni prodotte dall'uomo non si azzerano, mostra come l'impatto dell'aumento di temperatura sarà più rilevante nei consumatori primari, rispetto a quanto sarà nei produttori primari e nei consumatori secondari; inoltre, le specie che subiranno maggiormente un'alterazione del normale ritmo fenologico saranno i crostacei, i pesci e gli insetti, che saranno portati a subire un'anticipazione più marcata delle risposte fenologiche. E' auspicabile, quindi, incentrare la ricerca verso fattori ambientali e demografici che mediano i tassi di cambiamento e che potrebbero conferire resilienza alla desincronizzazione, insieme alla riduzione, anche immediata, di uso di suolo da parte dell'uomo per le sue attività , per non ridurre ulteriormente gli areali degli animali.

L'effetto del cambiamento climatico sugli organismi: approcci multispecie e multitaxa

BUFFONI, BEATRICE
2018/2019

Abstract

Negli ultimi anni, l'impiego di combustibili fossili da parte dell'uomo ha portato a un aumento di gas serra nell'atmosfera. Questo ha causato un aumento di temperatura, che ha portato allo scioglimento dei ghiacciai, con il conseguente innalzamento del livello del mare, l'aumento della temperatura della Terra e della superficie degli oceani, fenomeni atmosferici più intensi e violenti e l'aumento dell'acidità degli oceani causato dallo scioglimento della CO2. L'habitat alpino è estremamente sensibile ai cambiamenti climatici, in quanto ospita specie endemiche, microterme e isolate, soggette a estinzione locale con l'innalzamento delle temperature. Uno studio condotto in Repubblica Ceca da Flousek et al. dal 1984 al 2011 prova a dimostrare come l'aumento di temperatura possa avere influenza negativa sulla crescita demografica di uccelli alpini, nel parco nazionale dei Monti dei Giganti. Infatti, il surriscaldamento globale porterebbe gli animali a cambiare altitudine per cercare l'optimum termale e potrebbe anche causare un mismatch fenologico, cioè, il momento di massimo bisogno del cibo per gli uccelli non corrisponde al massimo di disponibilità di esso. Questi effetti causano probabile estinzione locale, per le specie che non riescono ad adattarsi a quote più alte, o per quelle che fisicamente non riescono perché limitate dalla vetta della montagna. Un altro studio, attuato nel Regno Unito, sulla differenza di risposte fenologiche dei vari taxa e livelli trofici all'aumento di temperatura, indica che c'è una differenza nelle risposte dei vari gruppi tassonomici di animali, che varia a seconda delle loro caratteristiche e della loro sensibilità ai cambiamenti climatici. Le risposte fenologiche, cioè la riproduzione e migrazione, tendono a essere anticipate a causa dell'aumento di temperatura, oppure ritardate per l'aumento di precipitazione. Una proiezione degli effetti che il cambiamento climatico potrebbe potenzialmente avere sui vari taxa e i vari livelli trofici nel 2050, se le emissioni prodotte dall'uomo non si azzerano, mostra come l'impatto dell'aumento di temperatura sarà più rilevante nei consumatori primari, rispetto a quanto sarà nei produttori primari e nei consumatori secondari; inoltre, le specie che subiranno maggiormente un'alterazione del normale ritmo fenologico saranno i crostacei, i pesci e gli insetti, che saranno portati a subire un'anticipazione più marcata delle risposte fenologiche. E' auspicabile, quindi, incentrare la ricerca verso fattori ambientali e demografici che mediano i tassi di cambiamento e che potrebbero conferire resilienza alla desincronizzazione, insieme alla riduzione, anche immediata, di uso di suolo da parte dell'uomo per le sue attività , per non ridurre ulteriormente gli areali degli animali.
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