Professione: reporter è un film che si presta a molte interpretazioni, di fatto potrebbe essere letto come un film sul punto di vista o per meglio dire sullo sguardo soggettivo. Antonioni sfrutta la storia controversa di un reporter e della sua crisi esistenziale per descrivere il proprio concetto di narrazione del reale. Partendo dalla consapevolezza di non essere più in grado di vedere il reale e di non poterlo più riportare, il protagonista David Locke, reporter cieco, decide di uccidere il se per vivere nell'altro. Diverrà David Robertson, impossessandosi dell'identità di un trafficante d'armi, morto per un improvviso malore in un albergo africano, dove anche il protagonista soggiornava. Questo interramento dell'io è frutto di una profonda crisi dell'operatore, il reporter ripudia se stesso ed il proprio modo di essere. Tentando di rinascere sotto un nuovo nome, David desidera vivere una vita in prestito, tornando a vedere il mondo con occhi non suoi. Questa analisi del film ruota intorno a tre diverse prospettive, l'opera di Antonioni viene divisa in tre capitoli o per meglio dire prospettive di lettura. Guardando al film con occhio critico ho evidenziato come la trama si sviluppi intorno a una crisi d'identità, sfociata in una fuga Noir. La volontà del regista è quella di realizzare un reportage su di un reporter, analizzare lo sguardo di un uomo incapace di vedere il mondo e la sua verità. Il primo capitolo, intitolato: "La fuga da sè, il cambio di identità", riconduce questo cambio di identità alla volontà di abbandonare il vecchio sè, il reporter fugge da un modo di vedere e quindi di essere. Uno sguardo corrotto dai codici soggettivi di un giornalista ormai corrotto, che non può più essere reporter di verità. L'uomo uccide il sè reporter per tornare a vedere il mondo, oggettivamente senza limiti di mestiere. La ricerca di un nuovo destino si concluderà con la morte del protagonista, che avendo ucciso se stesso si è appropriato del futuro di un cadavere divenendo fantasma che vive, come il mimo di Blow up ed il suo bianco cerone. La morte inevitabile attende sin dall'inizio il nuovo David nato dal lutto, poiché la rinascita è un'utopia, la vita si ripete come in un tragico ciclo. Il cambio di identità di Locke in Robertson trasformerà il reporter in un uomo d'azione, un trafficante in fuga dal passato e dalle autorità. La seconda analisi del film può essere letta con una prospettiva in cui la fuga da sè diviene una fuga da tutto, da una vita passata, da una moglie infedele e dalla condizione alienante di un lavoro falsamente oggettivo. Questo capitolo intitolato: "La fuga da tutto, il Noir in Professione: reporter", legge il film partendo dall' analisi di una scena tipicamente Noir. Un uomo è una donna, in auto, in fuga da tutto. L'irruzione del caso, visibile anche nelle riprese del regista, arricchirà appunto la storia di un uomo in fuga dal suo passato, con la presenza di una donna del mistero, una turista senza nome divenuta guardia del corpo di un uomo in fuga per le strade della Spagna. Un'auto comprata con i soldi del traffico d'armi, di cui Locke scoprirà di essere protagonista, diverrà la cornice dell'inquadratura più Noir di tutto il film. La figura dell'uomo, affiancato in una decappottabile da una donna controversa, ricorda per molti aspetti la tipica ripresa del cinema "nero" di Godard. In ultima istanza il film può essere interpretato come un discorso sullo sguardo ed il reale. Il capitolo conclusivo "La realtà e lo sguardo, il documentario di un regista" ripercorre tutto il film leggendolo in chiave documentaristica. Il tentativo da parte di Antonioni di restituire un immagine chiara di un'irraggiungibile verità. Il film controverso e allo stesso tempo illuminante, racchiude in se la verità sulle immagini e sull'incomunicabilità, perfettamente restituita da un regista del cinema dello sguardo.

Una crisi di sguardo. Una lettura di Professione: reporter, di Michelangelo Antonioni

BELLOMARE, ALESSANDRO
2017/2018

Abstract

Professione: reporter è un film che si presta a molte interpretazioni, di fatto potrebbe essere letto come un film sul punto di vista o per meglio dire sullo sguardo soggettivo. Antonioni sfrutta la storia controversa di un reporter e della sua crisi esistenziale per descrivere il proprio concetto di narrazione del reale. Partendo dalla consapevolezza di non essere più in grado di vedere il reale e di non poterlo più riportare, il protagonista David Locke, reporter cieco, decide di uccidere il se per vivere nell'altro. Diverrà David Robertson, impossessandosi dell'identità di un trafficante d'armi, morto per un improvviso malore in un albergo africano, dove anche il protagonista soggiornava. Questo interramento dell'io è frutto di una profonda crisi dell'operatore, il reporter ripudia se stesso ed il proprio modo di essere. Tentando di rinascere sotto un nuovo nome, David desidera vivere una vita in prestito, tornando a vedere il mondo con occhi non suoi. Questa analisi del film ruota intorno a tre diverse prospettive, l'opera di Antonioni viene divisa in tre capitoli o per meglio dire prospettive di lettura. Guardando al film con occhio critico ho evidenziato come la trama si sviluppi intorno a una crisi d'identità, sfociata in una fuga Noir. La volontà del regista è quella di realizzare un reportage su di un reporter, analizzare lo sguardo di un uomo incapace di vedere il mondo e la sua verità. Il primo capitolo, intitolato: "La fuga da sè, il cambio di identità", riconduce questo cambio di identità alla volontà di abbandonare il vecchio sè, il reporter fugge da un modo di vedere e quindi di essere. Uno sguardo corrotto dai codici soggettivi di un giornalista ormai corrotto, che non può più essere reporter di verità. L'uomo uccide il sè reporter per tornare a vedere il mondo, oggettivamente senza limiti di mestiere. La ricerca di un nuovo destino si concluderà con la morte del protagonista, che avendo ucciso se stesso si è appropriato del futuro di un cadavere divenendo fantasma che vive, come il mimo di Blow up ed il suo bianco cerone. La morte inevitabile attende sin dall'inizio il nuovo David nato dal lutto, poiché la rinascita è un'utopia, la vita si ripete come in un tragico ciclo. Il cambio di identità di Locke in Robertson trasformerà il reporter in un uomo d'azione, un trafficante in fuga dal passato e dalle autorità. La seconda analisi del film può essere letta con una prospettiva in cui la fuga da sè diviene una fuga da tutto, da una vita passata, da una moglie infedele e dalla condizione alienante di un lavoro falsamente oggettivo. Questo capitolo intitolato: "La fuga da tutto, il Noir in Professione: reporter", legge il film partendo dall' analisi di una scena tipicamente Noir. Un uomo è una donna, in auto, in fuga da tutto. L'irruzione del caso, visibile anche nelle riprese del regista, arricchirà appunto la storia di un uomo in fuga dal suo passato, con la presenza di una donna del mistero, una turista senza nome divenuta guardia del corpo di un uomo in fuga per le strade della Spagna. Un'auto comprata con i soldi del traffico d'armi, di cui Locke scoprirà di essere protagonista, diverrà la cornice dell'inquadratura più Noir di tutto il film. La figura dell'uomo, affiancato in una decappottabile da una donna controversa, ricorda per molti aspetti la tipica ripresa del cinema "nero" di Godard. In ultima istanza il film può essere interpretato come un discorso sullo sguardo ed il reale. Il capitolo conclusivo "La realtà e lo sguardo, il documentario di un regista" ripercorre tutto il film leggendolo in chiave documentaristica. Il tentativo da parte di Antonioni di restituire un immagine chiara di un'irraggiungibile verità. Il film controverso e allo stesso tempo illuminante, racchiude in se la verità sulle immagini e sull'incomunicabilità, perfettamente restituita da un regista del cinema dello sguardo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/42389