Il mio lavoro si propone di ripercorrere le tappe più importanti della strada compiuta dall'etnopsichiatria assumendo come riferimento il pensiero e le teorie di Georges Devereux e del suo allievo Tobie Nathan. Il primo capitolo è dedicato alla figura di Georges Devereux e al contributo che il concetto di complementarismo da lui introdotto apporta al processo di modernizzazione dell'etnopsichiatria. Egli s'inserì nel contesto americano degli anni '40, periodo in cui la scena antropologica era dominata dal gruppo Cultura e Personalità che si proponeva di costruire un dialogo tra le discipline antropologiche e quelle psicologiche. Devereux assunse una posizione critica nei confronti di tale corrente, contrapponendo al rapporto tra scienze psicologiche e antropologiche delineato dalla scuola Cultura e Personalità una relazione di tipo complementarista basata sulla pluri-disciplinarietà e non sull'interdisciplinarietà. Per quanto concerne gli strumenti teorici e concettuali di questa corrente, egli si oppose con particolare decisione al concetto di personalità di base, coniato da Ralph Linton. Egli vedeva, infatti, in tale concetto l'espressione di un determinismo culturale troppo acceso e meccanicistico. Propose in alternativa le categorie di personalità modale e di inconscio etnico. L'ultima parte di questo capitolo è dedicata al tema della schizofrenia: Devereux, ritenendo quest'ultima un disturbo etnico prettamente occidentale, ne diede un'interpretazione solamente sociologica. Il secondo capitolo si focalizza sui nodi concettuali che caratterizzano la teoria sviluppata da Nathan. La prima parte è dedicata a quanto dell'eredità complementarista si manifesta nel pensiero di Tobie Nathan. Numerosi sono infatti i punti di influenza, primo tra tutti il rapporto presente tra scienze antropologiche e sociologiche. Un sostrato complementarista è presente anche negli strumenti e nelle categorie concettuali avanzate dallo studioso. La seconda parte di questo capitolo riguarda alcune opere degli anni '90 in cui l'autore sembra distogliere il proprio interesse dall'approccio complementarista. Egli si propone, infatti, di fondare un'etnopsichiatria delle migrazioni che sia capace di elevare le psicoterapie dette tradizionali allo stesso livello della psicoterapia occidentale e di porsi con efficacia nella complessità del contesto contemporaneo. Il terzo capitolo ha come oggetto il metodo terapeutico sviluppato da Nathan, basato sul dialogo, l'interazione e l'utilizzo della lingua, delle teorie e degli oggetti terapeutici propri della cultura di origine del paziente. Particolare focus è posto sulle caratteristiche degli oggetti tecnici e su alcuni dei principi chiave del loro funzionamento. Nell'ultima parte del capitolo è tratteggiato un parallelismo tra gli oggetti tecnici impiegati nelle terapie tradizionali africane, oggetto di studio di Nathan, e gli oggetti tecnici e le pratiche, legati alla fattura, che Risso e Böker hanno riportato nel loro testo Sortilegio e delirio la cui prima edizione italiana è stata pubblicata nel 1992.
Figure dell'etnopsichiatria. Gli enigmi della cultura negli spazi della cura.
DELFINO, ENEA
2017/2018
Abstract
Il mio lavoro si propone di ripercorrere le tappe più importanti della strada compiuta dall'etnopsichiatria assumendo come riferimento il pensiero e le teorie di Georges Devereux e del suo allievo Tobie Nathan. Il primo capitolo è dedicato alla figura di Georges Devereux e al contributo che il concetto di complementarismo da lui introdotto apporta al processo di modernizzazione dell'etnopsichiatria. Egli s'inserì nel contesto americano degli anni '40, periodo in cui la scena antropologica era dominata dal gruppo Cultura e Personalità che si proponeva di costruire un dialogo tra le discipline antropologiche e quelle psicologiche. Devereux assunse una posizione critica nei confronti di tale corrente, contrapponendo al rapporto tra scienze psicologiche e antropologiche delineato dalla scuola Cultura e Personalità una relazione di tipo complementarista basata sulla pluri-disciplinarietà e non sull'interdisciplinarietà. Per quanto concerne gli strumenti teorici e concettuali di questa corrente, egli si oppose con particolare decisione al concetto di personalità di base, coniato da Ralph Linton. Egli vedeva, infatti, in tale concetto l'espressione di un determinismo culturale troppo acceso e meccanicistico. Propose in alternativa le categorie di personalità modale e di inconscio etnico. L'ultima parte di questo capitolo è dedicata al tema della schizofrenia: Devereux, ritenendo quest'ultima un disturbo etnico prettamente occidentale, ne diede un'interpretazione solamente sociologica. Il secondo capitolo si focalizza sui nodi concettuali che caratterizzano la teoria sviluppata da Nathan. La prima parte è dedicata a quanto dell'eredità complementarista si manifesta nel pensiero di Tobie Nathan. Numerosi sono infatti i punti di influenza, primo tra tutti il rapporto presente tra scienze antropologiche e sociologiche. Un sostrato complementarista è presente anche negli strumenti e nelle categorie concettuali avanzate dallo studioso. La seconda parte di questo capitolo riguarda alcune opere degli anni '90 in cui l'autore sembra distogliere il proprio interesse dall'approccio complementarista. Egli si propone, infatti, di fondare un'etnopsichiatria delle migrazioni che sia capace di elevare le psicoterapie dette tradizionali allo stesso livello della psicoterapia occidentale e di porsi con efficacia nella complessità del contesto contemporaneo. Il terzo capitolo ha come oggetto il metodo terapeutico sviluppato da Nathan, basato sul dialogo, l'interazione e l'utilizzo della lingua, delle teorie e degli oggetti terapeutici propri della cultura di origine del paziente. Particolare focus è posto sulle caratteristiche degli oggetti tecnici e su alcuni dei principi chiave del loro funzionamento. Nell'ultima parte del capitolo è tratteggiato un parallelismo tra gli oggetti tecnici impiegati nelle terapie tradizionali africane, oggetto di studio di Nathan, e gli oggetti tecnici e le pratiche, legati alla fattura, che Risso e Böker hanno riportato nel loro testo Sortilegio e delirio la cui prima edizione italiana è stata pubblicata nel 1992.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/42367