Le piante durante l'evoluzione hanno compensato la loro natura sessile sviluppando adattamenti ai continui cambiamenti dell'ambiente circostante. Tali risposte sono conosciute con il termine tropismi. Il gravitropismo o geotropismo è il processo mediante il quale le piante sono in grado di percepire la gravità ed esiste una sostanziale differenza tra radici primarie e secondarie. Il meccanismo gravitropico dipende dalla direzione del vettore gravitazionale mentre la graviresistenza dipende dall'intensità (magnitude) di questo vettore. Nei primi step del processo la pianta percepisce un cambio del vettore gravitazionale e cerca di riorientarsi di conseguenza. I principali modelli per spiegare la gravipercezione vegetale prevedono sia gli statoliti che l'intera massa del protoplasto, mentre il terzo modello prevede che entrambe le ipotesi partecipino nella gravipercezione. Il fenomeno gravipercettivo è quindi in grado di trasformare uno stimolo gravitazionale di natura fisica in un segnale di natura biochimica. La segnalazione cellulare (cascade) attiva le vie di trasduzione del segnale e infine si ha l'attuazione della gravi-risposta. L'auxina, sintetizzata dai tessuti in attiva divisione è traslocata e accumulata all'apice radicale dove, grazie alla famiglia delle PINs proteins viene ridistribuita generando in tal modo l'induzione di un gradiente. Quest'ultimo consente la distensione delle cellule nella zona di elongazione e garantisce una crescita asimmetrica provocando come effetto ultimo la curvatura o bending di radice e/o fusto. Inoltre, sebbene la gravità abbia sempre costituito un fattore chiave per la vita sulla terra, un'alterazione della stessa è causa di possibili modificazioni, a volte gravi, della fisiologia della pianta. Per tali motivi, nonostante ricerche recenti abbiano aumentato la nostra conoscenza, molti studi saranno ancora necessari per poter avere una piena ed esauriente comprensione del fenomeno gravipercettivo.

La percezione della gravità nelle piante

LEONE, GIOVANNI
2018/2019

Abstract

Le piante durante l'evoluzione hanno compensato la loro natura sessile sviluppando adattamenti ai continui cambiamenti dell'ambiente circostante. Tali risposte sono conosciute con il termine tropismi. Il gravitropismo o geotropismo è il processo mediante il quale le piante sono in grado di percepire la gravità ed esiste una sostanziale differenza tra radici primarie e secondarie. Il meccanismo gravitropico dipende dalla direzione del vettore gravitazionale mentre la graviresistenza dipende dall'intensità (magnitude) di questo vettore. Nei primi step del processo la pianta percepisce un cambio del vettore gravitazionale e cerca di riorientarsi di conseguenza. I principali modelli per spiegare la gravipercezione vegetale prevedono sia gli statoliti che l'intera massa del protoplasto, mentre il terzo modello prevede che entrambe le ipotesi partecipino nella gravipercezione. Il fenomeno gravipercettivo è quindi in grado di trasformare uno stimolo gravitazionale di natura fisica in un segnale di natura biochimica. La segnalazione cellulare (cascade) attiva le vie di trasduzione del segnale e infine si ha l'attuazione della gravi-risposta. L'auxina, sintetizzata dai tessuti in attiva divisione è traslocata e accumulata all'apice radicale dove, grazie alla famiglia delle PINs proteins viene ridistribuita generando in tal modo l'induzione di un gradiente. Quest'ultimo consente la distensione delle cellule nella zona di elongazione e garantisce una crescita asimmetrica provocando come effetto ultimo la curvatura o bending di radice e/o fusto. Inoltre, sebbene la gravità abbia sempre costituito un fattore chiave per la vita sulla terra, un'alterazione della stessa è causa di possibili modificazioni, a volte gravi, della fisiologia della pianta. Per tali motivi, nonostante ricerche recenti abbiano aumentato la nostra conoscenza, molti studi saranno ancora necessari per poter avere una piena ed esauriente comprensione del fenomeno gravipercettivo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/41338