"Jusqu'ici tout va bien" Hubert feverishly repeats in Mathieu Kassovitz's cinematic masterpiece La Haine, imagining the frightening fall from a 50-storey building. Floor by floor, the mantra is repeated to calm down and divert attention from the real, inevitable danger: the landing. The metaphor used in the film, in my opinion, perfectly represents the sense of perdition that a teenager can feel when he commits a gesture that is beyond his control (and, sometimes, his will). The adrenaline-pumping tension that you feel during the fall, for a moment, makes you forget its natural consequence: the crash to the ground. When juvenile crime is discussed, it is common for attention to be paid to two main issues: prevention, with reference to the phase prior to the commission of the crime, and education, which goes hand in hand with the criminal policies adopted from time to time. In doing so, the real protagonists of history, the young people, remain in the shadows, without really being listened to and understood. This can be seen, first of all, by the difficulty of dealing with the phenomenon in a complete way, especially starting from the terminological level. In fact, although the phenomenon of the so-called youth gangs has aroused, in recent decades, heated debates and alarmism in public and political opinion, to date it is complicated, if not impossible, to provide a clear definition. Baby gangs are often mentioned in articles and television reports that underline, on the one hand, the danger of the pack dynamic and, on the other, its wide diffusion. For example, as illustrated by the report on youth gangs in Italy published by Transcrime in 2022, that year there were even more than 1900 articles citing the neologism in local and national newspapers. This number not only exceeds the total number of articles published the previous year (1249), but is more than double those published in 2020 (741) . What is not taken into account, however, is the variety and particularity of these episodes, more or less sporadic, which makes it difficult to trace them back to the same definition. In Italy (as in most of the other areas considered in this dissertation) in fact, juvenile crime, more or less organized in gangs and gangs, takes on diametrically opposite characteristics depending on the various factors that influence it. Not taking into account these factors and the variables that affect the phenomenon means that, on the one hand, it becomes more complicated to approach it and understand its causes; on the other, that it is difficult to identify and apply solutions based on the re-education of children. It is precisely from the socio-cultural differences that permeate the various areas of our peninsula that different forms of youth distress arise, linked to distant realities and which need ad hoc responses. On the contrary, the use of a careless terminology fulfills the purpose of uniting these episodes under the same, sterile definition that does not take into account the particularities of the various territories: the baby gang. First of all, it must be said that the term is used only in Italy, despite the fact that numerous versions of the concept can be found globally depen

“Jusqu’ici tout va bien” ripete febbrilmente Hubert nel capolavoro cinematografico La Haine di Mathieu Kassovitz, immaginandosi la spaventosa caduta da un palazzo di 50 piani. Piano per piano, il mantra viene ripetuto per tranquillizzarsi e distogliere l’attenzione dal vero, inevitabile pericolo: l’atterraggio. La metafora utilizzata nel film, a mio avviso, rappresenta alla perfezione il senso di perdizione che un adolescente può provare nel momento in cui commette un gesto che esula dal suo controllo (e, alle volte, dal suo volere). La tensione adrenalinica che si prova durante la caduta, per un attimo, fa dimenticare la sua naturale conseguenza: lo schianto a terra. Quando si discorre di criminalità minorile è frequente che si ponga l’attenzione su due temi principali: la prevenzione, in riferimento alla fase antecedente alla commissione del reato, e l’educazione, la quale va di pari passo con le politiche criminali adottate di volta in volta. Così facendo, i veri protagonisti della storia, i giovani, rimangono in penombra, senza essere realmente ascoltati e compresi. Ciò si può notare, innanzitutto, dalla difficoltà di trattare in maniera compiuta il fenomeno, soprattutto partendo dal piano terminologico. Infatti, per quanto il fenomeno delle cosiddette gang giovanili abbia destato, negli ultimi decenni, accesi dibattiti e allarmismi nell’opinione pubblica e politica, ad oggi risulta complicato, se non impossibile, fornirne una definizione chiara. Le baby gang vengono spesso citate in articoli e servizi televisivi che sottolineano, da una parte, la pericolosità della dinamica di branco e, dall’altra, la sua ampia diffusione. Ad esempio, come illustra il report sulle gang giovanili in Italia pubblicato da Transcrime nel 2022, quell’anno furono addirittura più di 1900 gli articoli che citavano il neologismo su giornali locali e nazionali. Tale numero non solo supera il totale degli articoli pubblicati l’anno precedente (1249), ma risulta più del doppio rispetto a quelli pubblicati nel 2020 (741) . Ciò che non viene tenuto in considerazione, tuttavia, è la varietà e la particolarità di questi episodi, più o meno sporadici, che rende difficile ricondurli alla medesima definizione. In Italia (come nella maggior parte delle altre aree prese in considerazione in questa dissertazione) infatti, la criminalità minorile, più o meno organizzata in bande e gang, assume caratteristiche diametralmente opposte a seconda dei vari fattori che la influenzano. Non tenere presenti tali fattori e le variabili che incidono sul fenomeno fa sì che, da un lato, diventi più complicato approcciarlo e comprenderne le cause; dall’altro, che sia difficile individuare ed applicare delle soluzioni improntate alla rieducazione dei ragazzi. È proprio dalle differenze socio-culturali che permeano le varie aree della nostra penisola che sorgono forme di disagio giovanili diverse, collegate a realtà lontane e che necessitano di risposte ad hoc. Al contrario, l’utilizzo di una terminologia pressapochista assolve allo scopo di accomunare questi episodi sotto la medesima, sterile definizione che non tiene conto delle particolarità dei vari territori: la baby gang. In primis, occorre premettere che il termine viene utilizzato solo in Italia, nonostante si possano trovare a livello globale numerose versioni del concetto a seconda dell’area che si prende in considerazione (si pensi alle pandillas o ai meninos de rua sud americani, o alle street gang e youth gang americane). La scelta, non casuale, di accostare la parola inglese baby, bambino, a quella di gang, che immediatamente evoca una realtà criminale strutturata e pericolosa, provoca un effetto ossimorico da cui deriva, naturalmente, grande allarmismo.

O jovem perigoso - il fenomeno delle baby gang in ottica comparata tra Italia e Sud America.

MURIZASCO, LUCIA
2023/2024

Abstract

“Jusqu’ici tout va bien” ripete febbrilmente Hubert nel capolavoro cinematografico La Haine di Mathieu Kassovitz, immaginandosi la spaventosa caduta da un palazzo di 50 piani. Piano per piano, il mantra viene ripetuto per tranquillizzarsi e distogliere l’attenzione dal vero, inevitabile pericolo: l’atterraggio. La metafora utilizzata nel film, a mio avviso, rappresenta alla perfezione il senso di perdizione che un adolescente può provare nel momento in cui commette un gesto che esula dal suo controllo (e, alle volte, dal suo volere). La tensione adrenalinica che si prova durante la caduta, per un attimo, fa dimenticare la sua naturale conseguenza: lo schianto a terra. Quando si discorre di criminalità minorile è frequente che si ponga l’attenzione su due temi principali: la prevenzione, in riferimento alla fase antecedente alla commissione del reato, e l’educazione, la quale va di pari passo con le politiche criminali adottate di volta in volta. Così facendo, i veri protagonisti della storia, i giovani, rimangono in penombra, senza essere realmente ascoltati e compresi. Ciò si può notare, innanzitutto, dalla difficoltà di trattare in maniera compiuta il fenomeno, soprattutto partendo dal piano terminologico. Infatti, per quanto il fenomeno delle cosiddette gang giovanili abbia destato, negli ultimi decenni, accesi dibattiti e allarmismi nell’opinione pubblica e politica, ad oggi risulta complicato, se non impossibile, fornirne una definizione chiara. Le baby gang vengono spesso citate in articoli e servizi televisivi che sottolineano, da una parte, la pericolosità della dinamica di branco e, dall’altra, la sua ampia diffusione. Ad esempio, come illustra il report sulle gang giovanili in Italia pubblicato da Transcrime nel 2022, quell’anno furono addirittura più di 1900 gli articoli che citavano il neologismo su giornali locali e nazionali. Tale numero non solo supera il totale degli articoli pubblicati l’anno precedente (1249), ma risulta più del doppio rispetto a quelli pubblicati nel 2020 (741) . Ciò che non viene tenuto in considerazione, tuttavia, è la varietà e la particolarità di questi episodi, più o meno sporadici, che rende difficile ricondurli alla medesima definizione. In Italia (come nella maggior parte delle altre aree prese in considerazione in questa dissertazione) infatti, la criminalità minorile, più o meno organizzata in bande e gang, assume caratteristiche diametralmente opposte a seconda dei vari fattori che la influenzano. Non tenere presenti tali fattori e le variabili che incidono sul fenomeno fa sì che, da un lato, diventi più complicato approcciarlo e comprenderne le cause; dall’altro, che sia difficile individuare ed applicare delle soluzioni improntate alla rieducazione dei ragazzi. È proprio dalle differenze socio-culturali che permeano le varie aree della nostra penisola che sorgono forme di disagio giovanili diverse, collegate a realtà lontane e che necessitano di risposte ad hoc. Al contrario, l’utilizzo di una terminologia pressapochista assolve allo scopo di accomunare questi episodi sotto la medesima, sterile definizione che non tiene conto delle particolarità dei vari territori: la baby gang. In primis, occorre premettere che il termine viene utilizzato solo in Italia, nonostante si possano trovare a livello globale numerose versioni del concetto a seconda dell’area che si prende in considerazione (si pensi alle pandillas o ai meninos de rua sud americani, o alle street gang e youth gang americane). La scelta, non casuale, di accostare la parola inglese baby, bambino, a quella di gang, che immediatamente evoca una realtà criminale strutturata e pericolosa, provoca un effetto ossimorico da cui deriva, naturalmente, grande allarmismo.
O jovem perigoso - the phenomenon of baby gangs in a comparative perspective between Italy and Latin America.
"Jusqu'ici tout va bien" Hubert feverishly repeats in Mathieu Kassovitz's cinematic masterpiece La Haine, imagining the frightening fall from a 50-storey building. Floor by floor, the mantra is repeated to calm down and divert attention from the real, inevitable danger: the landing. The metaphor used in the film, in my opinion, perfectly represents the sense of perdition that a teenager can feel when he commits a gesture that is beyond his control (and, sometimes, his will). The adrenaline-pumping tension that you feel during the fall, for a moment, makes you forget its natural consequence: the crash to the ground. When juvenile crime is discussed, it is common for attention to be paid to two main issues: prevention, with reference to the phase prior to the commission of the crime, and education, which goes hand in hand with the criminal policies adopted from time to time. In doing so, the real protagonists of history, the young people, remain in the shadows, without really being listened to and understood. This can be seen, first of all, by the difficulty of dealing with the phenomenon in a complete way, especially starting from the terminological level. In fact, although the phenomenon of the so-called youth gangs has aroused, in recent decades, heated debates and alarmism in public and political opinion, to date it is complicated, if not impossible, to provide a clear definition. Baby gangs are often mentioned in articles and television reports that underline, on the one hand, the danger of the pack dynamic and, on the other, its wide diffusion. For example, as illustrated by the report on youth gangs in Italy published by Transcrime in 2022, that year there were even more than 1900 articles citing the neologism in local and national newspapers. This number not only exceeds the total number of articles published the previous year (1249), but is more than double those published in 2020 (741) . What is not taken into account, however, is the variety and particularity of these episodes, more or less sporadic, which makes it difficult to trace them back to the same definition. In Italy (as in most of the other areas considered in this dissertation) in fact, juvenile crime, more or less organized in gangs and gangs, takes on diametrically opposite characteristics depending on the various factors that influence it. Not taking into account these factors and the variables that affect the phenomenon means that, on the one hand, it becomes more complicated to approach it and understand its causes; on the other, that it is difficult to identify and apply solutions based on the re-education of children. It is precisely from the socio-cultural differences that permeate the various areas of our peninsula that different forms of youth distress arise, linked to distant realities and which need ad hoc responses. On the contrary, the use of a careless terminology fulfills the purpose of uniting these episodes under the same, sterile definition that does not take into account the particularities of the various territories: the baby gang. First of all, it must be said that the term is used only in Italy, despite the fact that numerous versions of the concept can be found globally depen
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