The conservation treatment of the presented artefact was forerun by a stylistic and historic- documentary study, with the aim of including it into a category of works classified with the debated definition of ¿pseudo-mummies¿. The presence of these artefacts in European museums of art or natural history was documented since 19th century. They are mainly characterized by lacking of significant documentary information about the acquisition or donation. The Museo Egizio in Turin hosts in its deposits four objects with the same stylistic features, as they were, obtained, at least partly, out of original Egyptian artefacts. The object is composed of heterogenic materials, with different conservation needs: the ligneous sarcophagus displays a polychrome vertical hieroglyphic line, which appears to continue in covers belonging to different sarcophagi conserved in the museum. The mummy, with anthropomorphic mask, is composed of a bundle of linen bandages, treated on the surface with a dark-brown material. Three portions of cartonnage, stylistically attributable to the Roman period, are pasted on top of the bandages. Non-invasive and micro-invasive scientific analyses were performed prior to the conservation treatment, with the aim of investigating the conservation conditions of the artefact and of identifying how it has been made. Furthermore, the results obtained allowed us to discriminate the original Egyptian materials from the ones added in the 18th-19th century. The tomographic images were crucial to inspect insides the bundle and determine its authenticity. After the verification of the constitutive materials and their conservation state, a set of mock-ups were realized in order to test different methods for cleaning and consolidation. In particular, this study is focused on finding an efficient methodology to remove the cohesive deposit responsible for the blackening of the Egyptian blue. A reference pigment was synthesised in laboratory with the pellet technique, which was traditionally used during the Egyptian-Roman period, in order to obtain a representative system with the originally present impurities. Considering that the intervention on an archaeological artefact has to follow a preservative procedure, materials and techniques have been chosen according to a least impact approach which respects the original material. Excellent results have been observed after a laser cleaning, using various intensity for each colours and surfaces, according to their specific conservational conditions. By changing the laser type and specific parameters it was possible to complete the cleaning of all the surfaces. In particular, the technique was crucial to treat the areas presenting de-adhesion problems, for which the cleaning was performed before the consolidation step. Infilling operations, aimed at giving further resistance during the movements, were done on the bordering areas of the gaps. These operations were performed using compatible materials, already used in the usual conservation practice for coffins. The chromatic integrations were carried out in a totally reversible and traceable manner, using an UV marker that will make the intervention recognizable. This study represents the pilot project aimed at developing the conservation treatments to be used for other three similar artefacts hosted by the museum in Torino.
Le operazioni di restauro sono state precedute dallo studio stilistico e storico-archivistico del manufatto al fine di annoverarlo in una categoria di opere che oggi, sebbene il termine sia oggetto di critiche, vengono classificate come ¿pseudo-mummie¿. La presenza di questi manufatti, documentata a partire dal XIX secolo principalmente all'interno di musei europei di arte e storia naturale, è caratterizzata da scarse informazioni archivistiche in merito all'acquisizione o all'eventuale donazione. Nei depositi del museo torinese ne sono conservati quattro esemplari dalle medesime caratteristiche stilistiche, ricavati almeno parzialmente da manufatti antichi originali. L'opera è composta da materiali eterogenei con esigenze conservative differenti: il sarcofago ligneo presenta una linea geroglifica verticale policroma che trova continuità nei coperchi di altri due sarcofagi del museo; la mummia, con maschera antropomorfa, è composta da un involto di bende di lino trattate superficialmente con un materiale scuro su cui sono incollati tre porzioni di cartonnage stilisticamente datati al periodo romano. Le analisi scientifiche sia non invasive che micro-invasive, eseguite preliminarmente al restauro, sono state effettuate con lo scopo di indagare lo stato conservativo e la tecnica esecutiva. Inoltre i risultati ottenuti hanno reso possibile il riconoscimento del materiale aggiunto nel XVIII-XIX secolo da quello egizio originale. La diagnostica tomografica è risultata determinante per indagare l'interno dell'involto e avanzare ipotesi sulla possibile autenticità della mummia.Solo dopo aver accertato i materiali costituenti e lo stato conservativo del manufatto, si è proceduto con la realizzazione di provini su cui sono stati sperimentati diversi metodi di pulitura e consolidamento. In particolare, la sperimentazione ha avuto come obiettivo principale quello di individuare una metodologia efficace per la rimozione del deposito coeso responsabile dell'annerimento del blu egizio. Al fine della realizzazione di un sistema rappresentativo, che comprendesse le impurezze originariamente presenti, si è scelto di sintetizzare il pigmento in laboratorio seguendo la tecnica ¿a pellet¿ tipica del periodo egitto-romano.Per l'intervento di restauro è stato scelto un approccio di tipo conservativo. I materiali e le tecniche sono stati, quindi, selezionati sulla base di parametri quali: reversibilità e compatibilità. Ottimi risultati sono stati riscontrati in seguito alla pulitura con laser, trattando in maniera diversa ogni campitura cromatica e ogni superficie adattando il trattamento al loro differente stato conservativo. Variando tipologia di laser e i parametri di lavoro è stato possibile completare la pulitura di tutte le superfici, in particolare nelle aree che presentavano marcati problemi di de-adesione, in cui si è potuto anteporre questa operazione al consolidamento. Le operazioni di stuccatura eseguite sul sarcofago ligneo con materiale compatibile, già usato nella prassi del restauro dei sarcofagi, ha interessato le sole aree limitrofe alle lacune al fine di garantire resistenza durante le operazioni di movimentazione. Le integrazioni pittoriche sono state eseguite nella totale reversibilità e tracciabilità utilizzando un marker che rendesse riconoscibile gli interventi tramite osservazione in luce UV. Il presente studio rappresenta il progetto pilota finalizzato al restauro e la conservazione degli altri tre manufatti presenti nei depositi.
Manufatto egiziano o egittizzante? Il restauro di una pseudo-mummia del Museo Egizio di Torino: dalla diagnostica alla storia
FERRARATO, BIANCA
2015/2016
Abstract
Le operazioni di restauro sono state precedute dallo studio stilistico e storico-archivistico del manufatto al fine di annoverarlo in una categoria di opere che oggi, sebbene il termine sia oggetto di critiche, vengono classificate come ¿pseudo-mummie¿. La presenza di questi manufatti, documentata a partire dal XIX secolo principalmente all'interno di musei europei di arte e storia naturale, è caratterizzata da scarse informazioni archivistiche in merito all'acquisizione o all'eventuale donazione. Nei depositi del museo torinese ne sono conservati quattro esemplari dalle medesime caratteristiche stilistiche, ricavati almeno parzialmente da manufatti antichi originali. L'opera è composta da materiali eterogenei con esigenze conservative differenti: il sarcofago ligneo presenta una linea geroglifica verticale policroma che trova continuità nei coperchi di altri due sarcofagi del museo; la mummia, con maschera antropomorfa, è composta da un involto di bende di lino trattate superficialmente con un materiale scuro su cui sono incollati tre porzioni di cartonnage stilisticamente datati al periodo romano. Le analisi scientifiche sia non invasive che micro-invasive, eseguite preliminarmente al restauro, sono state effettuate con lo scopo di indagare lo stato conservativo e la tecnica esecutiva. Inoltre i risultati ottenuti hanno reso possibile il riconoscimento del materiale aggiunto nel XVIII-XIX secolo da quello egizio originale. La diagnostica tomografica è risultata determinante per indagare l'interno dell'involto e avanzare ipotesi sulla possibile autenticità della mummia.Solo dopo aver accertato i materiali costituenti e lo stato conservativo del manufatto, si è proceduto con la realizzazione di provini su cui sono stati sperimentati diversi metodi di pulitura e consolidamento. In particolare, la sperimentazione ha avuto come obiettivo principale quello di individuare una metodologia efficace per la rimozione del deposito coeso responsabile dell'annerimento del blu egizio. Al fine della realizzazione di un sistema rappresentativo, che comprendesse le impurezze originariamente presenti, si è scelto di sintetizzare il pigmento in laboratorio seguendo la tecnica ¿a pellet¿ tipica del periodo egitto-romano.Per l'intervento di restauro è stato scelto un approccio di tipo conservativo. I materiali e le tecniche sono stati, quindi, selezionati sulla base di parametri quali: reversibilità e compatibilità. Ottimi risultati sono stati riscontrati in seguito alla pulitura con laser, trattando in maniera diversa ogni campitura cromatica e ogni superficie adattando il trattamento al loro differente stato conservativo. Variando tipologia di laser e i parametri di lavoro è stato possibile completare la pulitura di tutte le superfici, in particolare nelle aree che presentavano marcati problemi di de-adesione, in cui si è potuto anteporre questa operazione al consolidamento. Le operazioni di stuccatura eseguite sul sarcofago ligneo con materiale compatibile, già usato nella prassi del restauro dei sarcofagi, ha interessato le sole aree limitrofe alle lacune al fine di garantire resistenza durante le operazioni di movimentazione. Le integrazioni pittoriche sono state eseguite nella totale reversibilità e tracciabilità utilizzando un marker che rendesse riconoscibile gli interventi tramite osservazione in luce UV. Il presente studio rappresenta il progetto pilota finalizzato al restauro e la conservazione degli altri tre manufatti presenti nei depositi.File | Dimensione | Formato | |
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