This paper deals with the new crime of illicit dissemination of sexually explicit images or videos, commonly referred - and sometimes erroneously - with the Anglo-Saxon construct “revenge porn”. This case is provided for in our legal system by art. 612 ter criminal code introduced with the law n. 69 of 2019. The growing accessibility to technologies and social media has led, concurrently with a series of positive aspects, to the emergence of a problem, that of cyberviolence, of ever wider scope, vehicle of vehicle of social consequences, among including the creation of a virtual dimension parallel to the real one, characterized by blurred boundaries, difficult to separate. The web therefore also has negative aspects, attributable to its incorrect use: users consider it an area of impunity, within which one can act in total freedom. It is certainly appropriate to punish unlawful conduct carried out using IT tools, while paying attention not to compromise the exercise of the fundamental rights guaranteed by the constitutional charter. In recent decades there has been an evolution of criminal law, which offers ever greater protection to victims of violence. The main difficulty is to provide the victim with fairly rapid protection, synchronous with the speed of the internet. Jurisprudential reflection on the risks underlying emerging phenomena such as sexting, sextortion and non-consensual pornography appears limited; the intensification of criminal conduct perpetrated through the web has led the legislator to reflect on the effectiveness of repressive methods, with results which, however, do not seem adequate at the moment. Focusing on the phenomenon of the non-consensual dissemination of images or videos with sexually explicit content, it was deemed appropriate to dwell on the Anglo-Saxon expression "revenge porn" with which it is commonly known, which can be translated as "pornographic revenge". Investigating its semantic content, this term proves to be inappropriate to indicate the phenomenon, as it is not suitable to fully include the multiplicity of conducts attributable to the phenomenon in question. In effect, accepting the widespread expression "revenge porn" would limit the scope of application exclusively to the hypothesis in which the illicit conduct was determined by vengeful purposes; but the perpetrator of the crime can also have other purposes as motives, other than revenge. For this reason, in order to include a greater number of cases in the category of the crime in question, it is desirable to use other terms, among which the most pertinent is that of "non-consensual pornography". It then continues with a comparative review of the legislation on the crime in question provided for in other legal systems, both in Europe and in the United States. In concluding the examination of the case, attention is paid to the many problematic profiles that will emerge during the analysis of the same, with the prospects for a de iure condendo reform with which a supplementary legislative intervention is hoped, aimed at remedying the inaccuracies and the existing gaps in the current formulation of the law.
Questo elaborato tratta il nuovo delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, a cui ci si riferisce comunemente – e talvolta erroneamente – con il costrutto anglosassone “Revenge Porn”. Questa fattispecie è prevista nel nostro ordinamento dall’art. 612 ter c.p., introdotto con la legge n. 69 del 2019. La crescente accessibilità alle tecnologie e ai social media ha portato, in concomitanza con una serie di aspetti positivi, all’insorgere di un problema, quello della cyberviolenza, di portata sempre più ampia, veicolando pericolose conseguenze sociali, tra cui la creazione di una dimensione virtuale parallela a quella reale, caratterizzata da confini sfocati. Negli ultimi decenni si è assistito ad una evoluzione del diritto penale, che offre una tutela sempre maggiore alle vittime di violenza; il riconoscimento della cybercriminalità all’interno del sistema penale è sintomo di tale processo di modernizzazione. Il diritto penale, concepito per operare in una realtà statica e fisica, trova facilmente il suo limite quando viene applicato in materia di criminalità informatica che, in quanto sviluppatasi in una dimensione virtuale, risulta essere sprovvista dei profili tipici – fisici, spaziali e temporali – delle categorie comuni del diritto penale. La principale difficoltà risulta essere il fornire alla vittima una tutela abbastanza celere, sincronica alla rapidità di internet. La riflessione giurisprudenziale sui rischi alla base degli emergenti fenomeni quali il sexting, la sextortion e la non consensual pornography appare limitata; l’intensificazione delle condotte criminose perpetrate attraverso il web ha indotto il legislatore a riflettere sull’efficacia dei metodi repressivi, con risultati che, tuttavia, al momento non paiono adeguati. Incentrandosi sul fenomeno della diffusione non consensuale di immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito, si è ritenuto opportuno soffermarsi sull’espressione anglosassone “revenge porn” con cui è comunemente conosciuto, traducibile come “vendetta pornografica”. Indagando il suo contenuto semantico, tale locuzione si dimostra inappropriata ad indicare il fenomeno, in quanto non idonea a ricomprendere in toto la molteplicità delle condotte riconducibili al fenomeno in esame. In effetti accogliendo la diffusa espressione “revenge porn” si limiterebbe la portata applicativa esclusivamente all’ipotesi in cui la condotta illecita sia stata determinata da finalità vendicative; ma l’autore del reato può avere come moventi anche altri propositi, diversi dalla vendetta. Per questo motivo, allo scopo di ricomprendere un numero maggiore di casi nel novero del reato in esame, è auspicabile l’utilizzo di altre diciture, tra le quali la più pertinente risulta essere quella di “pornografia non consensuale”. Questo scritto prosegue poi con una rassegna comparativa della normativa sul reato in esame prevista in altri ordinamenti, sia in Europa che negli Stati Uniti. Nel concludere l’esame della fattispecie, pone l’attenzione sui molteplici profili problematici che emergeranno nel corso dall’analisi della stessa, con le prospettive di riforma de iure condendo con le quali si auspica un intervento legislativo integrativo, volto a sanare le imprecisioni e le lacune sussistenti nell’attuale formulazione della norma.
Revenge Porn: origini, diffusione ed ambito di applicazione
CARBONE, DAVIDE
2022/2023
Abstract
Questo elaborato tratta il nuovo delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, a cui ci si riferisce comunemente – e talvolta erroneamente – con il costrutto anglosassone “Revenge Porn”. Questa fattispecie è prevista nel nostro ordinamento dall’art. 612 ter c.p., introdotto con la legge n. 69 del 2019. La crescente accessibilità alle tecnologie e ai social media ha portato, in concomitanza con una serie di aspetti positivi, all’insorgere di un problema, quello della cyberviolenza, di portata sempre più ampia, veicolando pericolose conseguenze sociali, tra cui la creazione di una dimensione virtuale parallela a quella reale, caratterizzata da confini sfocati. Negli ultimi decenni si è assistito ad una evoluzione del diritto penale, che offre una tutela sempre maggiore alle vittime di violenza; il riconoscimento della cybercriminalità all’interno del sistema penale è sintomo di tale processo di modernizzazione. Il diritto penale, concepito per operare in una realtà statica e fisica, trova facilmente il suo limite quando viene applicato in materia di criminalità informatica che, in quanto sviluppatasi in una dimensione virtuale, risulta essere sprovvista dei profili tipici – fisici, spaziali e temporali – delle categorie comuni del diritto penale. La principale difficoltà risulta essere il fornire alla vittima una tutela abbastanza celere, sincronica alla rapidità di internet. La riflessione giurisprudenziale sui rischi alla base degli emergenti fenomeni quali il sexting, la sextortion e la non consensual pornography appare limitata; l’intensificazione delle condotte criminose perpetrate attraverso il web ha indotto il legislatore a riflettere sull’efficacia dei metodi repressivi, con risultati che, tuttavia, al momento non paiono adeguati. Incentrandosi sul fenomeno della diffusione non consensuale di immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito, si è ritenuto opportuno soffermarsi sull’espressione anglosassone “revenge porn” con cui è comunemente conosciuto, traducibile come “vendetta pornografica”. Indagando il suo contenuto semantico, tale locuzione si dimostra inappropriata ad indicare il fenomeno, in quanto non idonea a ricomprendere in toto la molteplicità delle condotte riconducibili al fenomeno in esame. In effetti accogliendo la diffusa espressione “revenge porn” si limiterebbe la portata applicativa esclusivamente all’ipotesi in cui la condotta illecita sia stata determinata da finalità vendicative; ma l’autore del reato può avere come moventi anche altri propositi, diversi dalla vendetta. Per questo motivo, allo scopo di ricomprendere un numero maggiore di casi nel novero del reato in esame, è auspicabile l’utilizzo di altre diciture, tra le quali la più pertinente risulta essere quella di “pornografia non consensuale”. Questo scritto prosegue poi con una rassegna comparativa della normativa sul reato in esame prevista in altri ordinamenti, sia in Europa che negli Stati Uniti. Nel concludere l’esame della fattispecie, pone l’attenzione sui molteplici profili problematici che emergeranno nel corso dall’analisi della stessa, con le prospettive di riforma de iure condendo con le quali si auspica un intervento legislativo integrativo, volto a sanare le imprecisioni e le lacune sussistenti nell’attuale formulazione della norma.File | Dimensione | Formato | |
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