Negli ultimi anni '70, la convinzione comune era che le epidemie causate dai microrganismi, compresi i virus, non fossero più una minaccia, perlomeno per i paesi industrializzati. Quando nel 1982 si presentò il primo caso di anomala immunodeficienza, tre gruppi di ricerca di differenti università isolarono lo stesso retrovirus che venne chiamato Human Immunodeficency Virus (HIV) e finalmente l'HIV venne riconosciuto come la causa dell'AIDS (1). L'introduzione della terapia antiretrovirale combinata per il trattamento dell'infezione da HIV ha permesso di migliorare i risultati clinici e le aspettative di vita dei pazienti malati di AIDS, a tal punto da considerarla una malattia cronica. Il WHO afferma che dall'inizio dell'epidemia, più di 70 milioni di persone hanno contratto il virus dell'HIV e più di 35 milioni sono morte per questa causa. UNAIDS dichiara che i traguardi ottenuti nel miglioramento delle terapie sono responsabili del declino del 26% delle morti globali AIDS-related dal 2010, contando in quell'anno 1.5 milioni di decessi per arrivare nel 2015 a 1.1 milioni. Il miglioramento delle terapie consiste soprattutto nell'aver introdotto nuove classi di farmaci, in particolare gli inibitori delle integrasi (INSTIs). Il loro meccanismo d'azione consiste nel prevenire l'incorporazione del DNA provirale in quello della cellula ospite, inibendo lo step di strand transfer dell'integrasi. Questo processo non è presente nell'organismo umano e quindi risulta un target antiretrovirale specifico ed efficace, con bassa tossicità ed eccellente tollerabilità (2). La prima generazione comprende due farmaci, raltegravir ed elvitegravir, a cui viene però ormai preferito il dolutegravir, unico farmaco di seconda generazione di questa classe. Il dolutegravir è stato studiato sia su pazienti naive al trattamento sia su pazienti già in terapia con farmaci antiretrovirali e i risultati sono stati soddisfacenti. Sono stati condotti molti studi, ognuno dei quali ha dimostrato la superiorità del dolutegravir rispetto agli altri farmaci antiretrovirali attualmente utilizzati. Il dolutegravir ha mostrato un'elevata barriera all'acquisizione di resistenza e una bassa resistenza crociata con gli altri inibitori delle integrasi. Ha mostrato un profilo di sicurezza favorevole nei trials di fase II e III. Nausea, diarrea, cefalea e disturbi del sonno sono gli effetti collaterali più comuni (3). Il dolutegravir presenta una buona compliance per il paziente, infatti l'elevata emivita della molecola consente la mono-somministrazione giornaliera. Il dolutegravir risulta quindi uno dei migliori farmaci di nuova generazione per il trattamento dell'infezione da HIV. Questo farmaco è stato approvato dall'FDA il 13 agosto 2013, sotto forma di compresse da 50 mg l'una da prendere una volta al giorno in combinazione con altri farmaci antiretrovirali, per il trattamento di soggetti adulti che iniziano la terapia e di quelli che assumono già altri farmaci antiretrovirali, compresi gli inibitori delle integrasi.

Nuovi farmaci antiretrovirali per il trattamento dell'infezione da HIV

PASSET, EUGENIA
2015/2016

Abstract

Negli ultimi anni '70, la convinzione comune era che le epidemie causate dai microrganismi, compresi i virus, non fossero più una minaccia, perlomeno per i paesi industrializzati. Quando nel 1982 si presentò il primo caso di anomala immunodeficienza, tre gruppi di ricerca di differenti università isolarono lo stesso retrovirus che venne chiamato Human Immunodeficency Virus (HIV) e finalmente l'HIV venne riconosciuto come la causa dell'AIDS (1). L'introduzione della terapia antiretrovirale combinata per il trattamento dell'infezione da HIV ha permesso di migliorare i risultati clinici e le aspettative di vita dei pazienti malati di AIDS, a tal punto da considerarla una malattia cronica. Il WHO afferma che dall'inizio dell'epidemia, più di 70 milioni di persone hanno contratto il virus dell'HIV e più di 35 milioni sono morte per questa causa. UNAIDS dichiara che i traguardi ottenuti nel miglioramento delle terapie sono responsabili del declino del 26% delle morti globali AIDS-related dal 2010, contando in quell'anno 1.5 milioni di decessi per arrivare nel 2015 a 1.1 milioni. Il miglioramento delle terapie consiste soprattutto nell'aver introdotto nuove classi di farmaci, in particolare gli inibitori delle integrasi (INSTIs). Il loro meccanismo d'azione consiste nel prevenire l'incorporazione del DNA provirale in quello della cellula ospite, inibendo lo step di strand transfer dell'integrasi. Questo processo non è presente nell'organismo umano e quindi risulta un target antiretrovirale specifico ed efficace, con bassa tossicità ed eccellente tollerabilità (2). La prima generazione comprende due farmaci, raltegravir ed elvitegravir, a cui viene però ormai preferito il dolutegravir, unico farmaco di seconda generazione di questa classe. Il dolutegravir è stato studiato sia su pazienti naive al trattamento sia su pazienti già in terapia con farmaci antiretrovirali e i risultati sono stati soddisfacenti. Sono stati condotti molti studi, ognuno dei quali ha dimostrato la superiorità del dolutegravir rispetto agli altri farmaci antiretrovirali attualmente utilizzati. Il dolutegravir ha mostrato un'elevata barriera all'acquisizione di resistenza e una bassa resistenza crociata con gli altri inibitori delle integrasi. Ha mostrato un profilo di sicurezza favorevole nei trials di fase II e III. Nausea, diarrea, cefalea e disturbi del sonno sono gli effetti collaterali più comuni (3). Il dolutegravir presenta una buona compliance per il paziente, infatti l'elevata emivita della molecola consente la mono-somministrazione giornaliera. Il dolutegravir risulta quindi uno dei migliori farmaci di nuova generazione per il trattamento dell'infezione da HIV. Questo farmaco è stato approvato dall'FDA il 13 agosto 2013, sotto forma di compresse da 50 mg l'una da prendere una volta al giorno in combinazione con altri farmaci antiretrovirali, per il trattamento di soggetti adulti che iniziano la terapia e di quelli che assumono già altri farmaci antiretrovirali, compresi gli inibitori delle integrasi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/38322