Il presente elaborato intende affrontare il ruolo del lavoro penitenziario in un’ottica risocializzante. La prima parte è dedicata all’evoluzione storica e normativa dell’attività lavorativa durante il periodo detentivo con particolare riferimento all’intervento vitale della Costituzione del 1948. Infatti, dopo diversi provvedimenti normativi, espressione di una società autoritaria, la Carta costituzionale, grazie al suo animo garantista, è riuscita a proteggere e assicurare i diritti fondamentali e inviolabili della persona che hanno segnato anche i seguenti interventi legislativi. Ad oggi, per merito della legge sull’ordinamento penitenziario del 1975 e le successive modifiche apportate alla stessa, il lavoro rappresenta, ai sensi dell’art. 15 ord. penit., uno degli elementi essenziali della fase trattamentale e rieducativa. Tuttavia, dopo una precisa analisi dell’istituto sono emerse le molteplici criticità che ne limitano fortemente l’utilizzo. Secondo alcuni dati raccolti dal Ministero della Giustizia la percentuale di detenuti che svolge un lavoro durante il periodo detentivo è del 32% e solo il 4% compie un’attività realmente qualificante e spendibile una volta scontata la pena. Dunque, nonostante il lavoro sia un diritto per tutti, oggi rappresenta una possibilità per pochi, anche a causa del mancato investimento nel settore da parte di imprese pubbliche o private, nonostante gli sgravi fiscali e contributivi previsti. Le statistiche devono necessariamente trovare un risvolto pratico, così, nell’ultima parte dell’elaborato, la discussione viene articolata partendo da alcune interviste svolte ai diretti interessati che fruiscono di tale diritto. Emergerà come la possibilità di compiere un’attività lavorativa durante la detenzione rappresenti un elemento positivo da un punto di vista professionale e, soprattutto, umano per il detenuto. Quest’ultimo, grazie al lavoro, non solo riesce a dare un sostentamento economico alla famiglia, elemento da non sottovalutare, ma riesce a tener viva la speranza e quel desiderio di rinascita in quanto la vita, una volta scontata la pena, continua fuori dal carcere. Al fine di favorire un rientro più consapevole del detenuto in società sarebbe conveniente creare un collegamento sempre più assiduo tra il carcere ed il mondo esterno affinché il lavoro posso costituire per tutti, non solo un diritto, bensì una reale possibilità.

Il lavoro penitenziario: un diritto per tutti, una possibilità per pochi

GENOVESE, GIORGIO
2022/2023

Abstract

Il presente elaborato intende affrontare il ruolo del lavoro penitenziario in un’ottica risocializzante. La prima parte è dedicata all’evoluzione storica e normativa dell’attività lavorativa durante il periodo detentivo con particolare riferimento all’intervento vitale della Costituzione del 1948. Infatti, dopo diversi provvedimenti normativi, espressione di una società autoritaria, la Carta costituzionale, grazie al suo animo garantista, è riuscita a proteggere e assicurare i diritti fondamentali e inviolabili della persona che hanno segnato anche i seguenti interventi legislativi. Ad oggi, per merito della legge sull’ordinamento penitenziario del 1975 e le successive modifiche apportate alla stessa, il lavoro rappresenta, ai sensi dell’art. 15 ord. penit., uno degli elementi essenziali della fase trattamentale e rieducativa. Tuttavia, dopo una precisa analisi dell’istituto sono emerse le molteplici criticità che ne limitano fortemente l’utilizzo. Secondo alcuni dati raccolti dal Ministero della Giustizia la percentuale di detenuti che svolge un lavoro durante il periodo detentivo è del 32% e solo il 4% compie un’attività realmente qualificante e spendibile una volta scontata la pena. Dunque, nonostante il lavoro sia un diritto per tutti, oggi rappresenta una possibilità per pochi, anche a causa del mancato investimento nel settore da parte di imprese pubbliche o private, nonostante gli sgravi fiscali e contributivi previsti. Le statistiche devono necessariamente trovare un risvolto pratico, così, nell’ultima parte dell’elaborato, la discussione viene articolata partendo da alcune interviste svolte ai diretti interessati che fruiscono di tale diritto. Emergerà come la possibilità di compiere un’attività lavorativa durante la detenzione rappresenti un elemento positivo da un punto di vista professionale e, soprattutto, umano per il detenuto. Quest’ultimo, grazie al lavoro, non solo riesce a dare un sostentamento economico alla famiglia, elemento da non sottovalutare, ma riesce a tener viva la speranza e quel desiderio di rinascita in quanto la vita, una volta scontata la pena, continua fuori dal carcere. Al fine di favorire un rientro più consapevole del detenuto in società sarebbe conveniente creare un collegamento sempre più assiduo tra il carcere ed il mondo esterno affinché il lavoro posso costituire per tutti, non solo un diritto, bensì una reale possibilità.
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