La tesi tratta del sindacato in sede di legittimità del vizio di motivazione della sentenza penale, deducibile dal ricorrente ai sensi dell'art. 606 lett. e) c.p.p. La mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della sentenza, deducibili prima della riforma della legge 46/2006 esclusivamente dal testo del provvedimento impugnato, possono essere attualmente vagliati dalla Cassazione anche in riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente. Tale accesso della Corte agli atti processuali ha fatto sorgere inevitabilmente una diatriba all'interno della dottrina riguardante la natura della stessa della Corte che Suprema, che corre sempre più il rischio di trasformarsi in un giudice del terzo grado di merito, perdendo il ruolo di legittimità che l'ordinamento tradizionalmente le attribuisce. Tuttavia, precedentemente alla riforma che ha eliminato il limite di rilevabilità testuale del vizio, erano svariati i profili di illegittimità costituzionale che venivano prospettati dalla dottrina e da parte della giurisprudenza. In particolar modo era estremamente discussa l'impossibilità di portare all'attenzione della Corte l'eventualità in cui il giudice di merito avesse fondato la propria decisione su una prova travisata, omessa o inventata. Attualmente, se pur attraverso dei limiti molto stringenti, la Corte ammette che il vizio della motivazione possa risultare anche da altri atti del processo, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso e, quindi, in modo da non costringere i giudici di legittimità ad una rilettura integrale degli atti processuali, operazione che le è preclusa e che ne snaturerebbe il ruolo.

Il vizio della motivazione della sentenza ex art. 606 lett. e) c.p.p.

CAMIA, CRISTINA
2016/2017

Abstract

La tesi tratta del sindacato in sede di legittimità del vizio di motivazione della sentenza penale, deducibile dal ricorrente ai sensi dell'art. 606 lett. e) c.p.p. La mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della sentenza, deducibili prima della riforma della legge 46/2006 esclusivamente dal testo del provvedimento impugnato, possono essere attualmente vagliati dalla Cassazione anche in riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente. Tale accesso della Corte agli atti processuali ha fatto sorgere inevitabilmente una diatriba all'interno della dottrina riguardante la natura della stessa della Corte che Suprema, che corre sempre più il rischio di trasformarsi in un giudice del terzo grado di merito, perdendo il ruolo di legittimità che l'ordinamento tradizionalmente le attribuisce. Tuttavia, precedentemente alla riforma che ha eliminato il limite di rilevabilità testuale del vizio, erano svariati i profili di illegittimità costituzionale che venivano prospettati dalla dottrina e da parte della giurisprudenza. In particolar modo era estremamente discussa l'impossibilità di portare all'attenzione della Corte l'eventualità in cui il giudice di merito avesse fondato la propria decisione su una prova travisata, omessa o inventata. Attualmente, se pur attraverso dei limiti molto stringenti, la Corte ammette che il vizio della motivazione possa risultare anche da altri atti del processo, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso e, quindi, in modo da non costringere i giudici di legittimità ad una rilettura integrale degli atti processuali, operazione che le è preclusa e che ne snaturerebbe il ruolo.
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