La flora microbica presente nel tratto gastrointestinale ha un ruolo fondamentale nelle funzioni vitali e nel mantenimento della salute e dell’omeostasi dell’organismo. Analogamente, le alterazioni delle comunità microbiche potrebbero essere coinvolte nello sviluppo di diverse patologie, anche se non è chiaro se la disbiosi possa essere una causa o un effetto secondario del processo patologico in atto. Questo aspetto, al giorno d’oggi, è oggetto di studio sia nell’uomo sia nel cane; tuttavia, esistono solo poche pubblicazioni in materia sui gatti. In questo studio prospettico multicentrico comparativo si è voluto analizzare il microbiota fecale dei gatti con enteropatia cronica (FCE), in particolare enteropatia responsiva agli immunosoppressori (IBD) e linfoma di basso grado a fenotipo T (SCL), al momento della diagnosi e dopo 1 mese di terapia, confrontandolo con quello dei gatti sani. Si è cercato, inoltre, di descrivere il follow-up a lungo termine (3, 6 e 12 mesi) e di capire se ci fossero differenze nel microbiota fecale a T0 (giorno dell’endoscopia) tra i gatti responsivi e quelli non responsivi alla terapia a T1 (30 giorni dopo l’inizio della terapia). Per tutti i gatti con FCE è stata impostata terapia con prednisolone tra T0 e T1, unitamente a un regime dietetico a base di proteine idrolizzate. Come metodologia biomolecolare per l’analisi del microbiota fecale è stata utilizzata la tecnologia di sequenziamento Illumina; il gene target considerato per l’amplificazione tramite PCR è stato il gene dell’rRNA 16S. Non si sono evidenziate differenze statisticamente significative relativamente ad alfa- e beta-diversità tra gatti con FCE e gatti sani, né tra gatti con IBD e gatti con SCL (né a T0 né a T1). Questo risultato porta a pensare quanto precedentemente osservato, ovvero che IBD e SCL siano patologie simili, con un potenziale di progressione dall’infiammazione alla neoplasia. L’analisi tramite heatmap ha mostrato un aumento nell’abbondanza delle Fusobacteriaceae nei gatti con SCL rispetto ai gatti con IBD a T0. Non si sono rilevate differenze in alfa- e beta-diversità a T0 tra gatti responsivi alla terapia e quelli non responsivi; quindi, l’analisi del microbiota fecale al momento della diagnosi non si è rivelato essere un utile biomarker per predire la risposta alla terapia nella popolazione oggetto di studio.

Microbiota fecale in una popolazione di gatti con enteropatia cronica: dati preliminari.

VACCARI, ALESSIA
2021/2022

Abstract

La flora microbica presente nel tratto gastrointestinale ha un ruolo fondamentale nelle funzioni vitali e nel mantenimento della salute e dell’omeostasi dell’organismo. Analogamente, le alterazioni delle comunità microbiche potrebbero essere coinvolte nello sviluppo di diverse patologie, anche se non è chiaro se la disbiosi possa essere una causa o un effetto secondario del processo patologico in atto. Questo aspetto, al giorno d’oggi, è oggetto di studio sia nell’uomo sia nel cane; tuttavia, esistono solo poche pubblicazioni in materia sui gatti. In questo studio prospettico multicentrico comparativo si è voluto analizzare il microbiota fecale dei gatti con enteropatia cronica (FCE), in particolare enteropatia responsiva agli immunosoppressori (IBD) e linfoma di basso grado a fenotipo T (SCL), al momento della diagnosi e dopo 1 mese di terapia, confrontandolo con quello dei gatti sani. Si è cercato, inoltre, di descrivere il follow-up a lungo termine (3, 6 e 12 mesi) e di capire se ci fossero differenze nel microbiota fecale a T0 (giorno dell’endoscopia) tra i gatti responsivi e quelli non responsivi alla terapia a T1 (30 giorni dopo l’inizio della terapia). Per tutti i gatti con FCE è stata impostata terapia con prednisolone tra T0 e T1, unitamente a un regime dietetico a base di proteine idrolizzate. Come metodologia biomolecolare per l’analisi del microbiota fecale è stata utilizzata la tecnologia di sequenziamento Illumina; il gene target considerato per l’amplificazione tramite PCR è stato il gene dell’rRNA 16S. Non si sono evidenziate differenze statisticamente significative relativamente ad alfa- e beta-diversità tra gatti con FCE e gatti sani, né tra gatti con IBD e gatti con SCL (né a T0 né a T1). Questo risultato porta a pensare quanto precedentemente osservato, ovvero che IBD e SCL siano patologie simili, con un potenziale di progressione dall’infiammazione alla neoplasia. L’analisi tramite heatmap ha mostrato un aumento nell’abbondanza delle Fusobacteriaceae nei gatti con SCL rispetto ai gatti con IBD a T0. Non si sono rilevate differenze in alfa- e beta-diversità a T0 tra gatti responsivi alla terapia e quelli non responsivi; quindi, l’analisi del microbiota fecale al momento della diagnosi non si è rivelato essere un utile biomarker per predire la risposta alla terapia nella popolazione oggetto di studio.
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