The object of investigation of this paper is the emergency decree in the Italian sources system. The first chapter deals with the institute from the historical point of view. The decree law appeared in the Italian legal system already during the period of the Albertine Statute of 1848, which didn’t provide it in explicit terms. However, the nomen iuris appeared only in the first decades of the twentieth century, but the decree law had already established itself in practice as the instrument capable of regulating those cases characterized by urgency and necessity, particular cases in which - in order to intervene quickly - it was not possible to act with ordinary law, whose process was longer and more cumbersome. The work of the Constituent Assembly led - following heated discussions and uncertainties - to include in the constitutional provisions the institution which today is governed by article 77. The Constituents built the institution on the assumption that it should be used only in cases "of extreme necessity and urgency", but the practice soon moved away from this way of conceiving the instrument in question, allowing the Government to assume a significant role in the legislative panorama, sometimes distorting the function of Parliament, often the tacit executor of its will. It was during the First World War that we witnessed a real inflation of the decree laws issued, which often did not meet the requirements of necessity and urgency that should have characterized the acts in question: this entailed the need to convert large numbers of decrees en bloc, often with delay. Doctrine and jurisprudence were for a long time divided about the possibility of admitting the institute, but they never expressed themselves entirely to the contrary. The very fascist law of 31 January 1926, n. 100, presented by Alfredo Rocco, presented itself as the instrument aimed at "normalizing" the decree law. In 1947, the Commission for the Constitution of the 75 dealt with the legislative provisions of the Government and at first chose not to include the institute in the constitutional provisions, but when the project was examined by the Assembly, the orientation changed completely: it acknowledged that the phenomenon existed and that it was necessary to regulate it. Over time there has been a real phenomenon of abuse of the decree laws, not only from the point of view of the decrees issued, but also as regards the lack of the requisites provided for by the constitutional provisions as well as by article 15 of law 400/1988, which indicates how the content of the decree law must be specific, homogeneous and corresponding to the title, a law of dubious effectiveness, which, not being of constitutional rank, appears fragile and often remains unapplied. The phenomenon of abuse in progress is partially curbed with the historic sentence n. 360/1996, which at least tries to reduce the repetition of the decree laws. The second part of the paper focuses on the control put in place by the constitutional bodies on the decree laws, in particular on that carried out by the President of the Republic who "promulgates the laws and issues the decrees having the force of law and the regulations" pursuant to article 87, paragraph 5 of the Constitution, and the absolute refusal of enactment that occurred for the first time with the Englaro case is dealt with. Finally, the institute is analyzed in the context of Covid 19, a period in which two decree laws were issued, the n. 6 and the n. 19 of 2020, which become the legitimizing basis for the adoption of the DPCMs. The legitimacy of the measures adopted is being investigated, given that they have limited as never before the fundamental freedoms of the citizens guaranteed by the Constitution, in particular the freedom of movement.
Oggetto di indagine di questo elaborato è la decretazione d’urgenza nel sistema delle fonti italiano. Il primo capitolo tratta l’istituto dal punto di vista storico. Il decreto legge fece la sua comparsa nell’ordinamento italiano già durante il periodo dello Statuto Albertino del 1848, che non lo prevedeva però in termini espliciti. Tuttavia, il nomen iuris apparve solo nei primi decenni del Novecento, ma il decreto legge si era già affermato in via di prassi come lo strumento atto a regolare quei casi caratterizzati da urgenza e necessità, casi particolari nei quali - al fine di un intervento celere - non era possibile agire con legge ordinaria, il cui iter era più lungo e macchinoso. I lavori dell’Assemblea Costituente condussero - in seguito ad accese discussioni ed incertezze - ad inserire nel dettato costituzionale l’istituto che oggi risulta disciplinato dall’articolo 77 della Costituzione. I Costituenti costruirono l’istituto sul presupposto che dovesse essere utilizzato solo in casi “di estrema necessità e urgenza”, ma la prassi si è ben presto discostata da questo modo di concepire lo strumento in esame, permettendo al Governo di assumere un ruolo pregnante nel panorama legislativo, snaturando alle volte la funzione del Parlamento, spesso tacito esecutore della sua volontà. È durante la Prima Guerra Mondiale che si assiste ad una vera e propria inflazione dei decreti legge emanati, che spesso non presentavano i requisiti della necessità e dell’urgenza che avrebbero dovuto caratterizzare gli atti in questione: ciò comportò la necessità di convertire numeri elevati di decreti in blocco, spesso con ritardo. Dottrina e giurisprudenza sono state per lungo tempo divise circa la possibilità di ammettere l’istituto, ma non si espressero mai del tutto in maniera contraria. La legge fascistissima del 31 gennaio 1926, n. 100, presentata da Alfredo Rocco, si prefigge come obiettivo la “normalizzazione” del decreto legge. Nel 1947, la Commissione per la Costituzione dei 75 si occupò dei provvedimenti legislativi del Governo e in un primo momento scelse di non inserire l’istituto nel dettato costituzionale, ma quando il progetto fu esaminato dall’Assemblea, l’orientamento mutò del tutto: si prese atto del fatto che il fenomeno esisteva e che era necessario disciplinarlo. Nel tempo si è assistito ad un vero e proprio fenomeno di abuso del decreto legge, non sono dal punto di vista dei decreti emanati, ma anche per ciò che concerne la carenza dei requisiti previsti dal dettato costituzionale nonché dall’articolo 15 della legge 400/1988, che indica come il contenuto dei decreti legge debba essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, legge di dubbia efficacia, che non essendo di rango costituzionale appare fragile e spesso resta inapplicata. Al fenomeno di abuso in atto viene parzialmente posto un freno con la storica sentenza n. 360/1996, che tenta almeno di ridurre la reiterazione dei decreti legge. La seconda parte dell’elaborato si focalizza sul controllo posto in essere dagli organi costituzionali sui decreti legge, in particolar modo su quello effettuato dal Presidente della Repubblica che “promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti” ex articolo 87, comma 5 della Costituzione, e viene trattato il rifiuto assoluto di emanazione che si ebbe per la prima volta con il Caso Englaro. Infine, l’istituto viene analizzato nel contesto del Covid - 19, periodo in cui vengono emanati due decreti legge, il n. 6 e il n. 19 del 2020, che diventano la base legittimante al fine dell’adozione dei DPCM. Si indaga circa la legittimità delle misure adottate, dato che le stesse hanno limitato come mai prima le libertà fondamentali del cittadino garantite dalla Costituzione, in particolare modo la libertà di spostamento.
“La decretazione d’urgenza nelle ultime legislature: tendenze e profili critici”
TOMA, MICHELA
2021/2022
Abstract
Oggetto di indagine di questo elaborato è la decretazione d’urgenza nel sistema delle fonti italiano. Il primo capitolo tratta l’istituto dal punto di vista storico. Il decreto legge fece la sua comparsa nell’ordinamento italiano già durante il periodo dello Statuto Albertino del 1848, che non lo prevedeva però in termini espliciti. Tuttavia, il nomen iuris apparve solo nei primi decenni del Novecento, ma il decreto legge si era già affermato in via di prassi come lo strumento atto a regolare quei casi caratterizzati da urgenza e necessità, casi particolari nei quali - al fine di un intervento celere - non era possibile agire con legge ordinaria, il cui iter era più lungo e macchinoso. I lavori dell’Assemblea Costituente condussero - in seguito ad accese discussioni ed incertezze - ad inserire nel dettato costituzionale l’istituto che oggi risulta disciplinato dall’articolo 77 della Costituzione. I Costituenti costruirono l’istituto sul presupposto che dovesse essere utilizzato solo in casi “di estrema necessità e urgenza”, ma la prassi si è ben presto discostata da questo modo di concepire lo strumento in esame, permettendo al Governo di assumere un ruolo pregnante nel panorama legislativo, snaturando alle volte la funzione del Parlamento, spesso tacito esecutore della sua volontà. È durante la Prima Guerra Mondiale che si assiste ad una vera e propria inflazione dei decreti legge emanati, che spesso non presentavano i requisiti della necessità e dell’urgenza che avrebbero dovuto caratterizzare gli atti in questione: ciò comportò la necessità di convertire numeri elevati di decreti in blocco, spesso con ritardo. Dottrina e giurisprudenza sono state per lungo tempo divise circa la possibilità di ammettere l’istituto, ma non si espressero mai del tutto in maniera contraria. La legge fascistissima del 31 gennaio 1926, n. 100, presentata da Alfredo Rocco, si prefigge come obiettivo la “normalizzazione” del decreto legge. Nel 1947, la Commissione per la Costituzione dei 75 si occupò dei provvedimenti legislativi del Governo e in un primo momento scelse di non inserire l’istituto nel dettato costituzionale, ma quando il progetto fu esaminato dall’Assemblea, l’orientamento mutò del tutto: si prese atto del fatto che il fenomeno esisteva e che era necessario disciplinarlo. Nel tempo si è assistito ad un vero e proprio fenomeno di abuso del decreto legge, non sono dal punto di vista dei decreti emanati, ma anche per ciò che concerne la carenza dei requisiti previsti dal dettato costituzionale nonché dall’articolo 15 della legge 400/1988, che indica come il contenuto dei decreti legge debba essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, legge di dubbia efficacia, che non essendo di rango costituzionale appare fragile e spesso resta inapplicata. Al fenomeno di abuso in atto viene parzialmente posto un freno con la storica sentenza n. 360/1996, che tenta almeno di ridurre la reiterazione dei decreti legge. La seconda parte dell’elaborato si focalizza sul controllo posto in essere dagli organi costituzionali sui decreti legge, in particolar modo su quello effettuato dal Presidente della Repubblica che “promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti” ex articolo 87, comma 5 della Costituzione, e viene trattato il rifiuto assoluto di emanazione che si ebbe per la prima volta con il Caso Englaro. Infine, l’istituto viene analizzato nel contesto del Covid - 19, periodo in cui vengono emanati due decreti legge, il n. 6 e il n. 19 del 2020, che diventano la base legittimante al fine dell’adozione dei DPCM. Si indaga circa la legittimità delle misure adottate, dato che le stesse hanno limitato come mai prima le libertà fondamentali del cittadino garantite dalla Costituzione, in particolare modo la libertà di spostamento.File | Dimensione | Formato | |
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