The phenomenon of war has always engaged any community in the struggle for its own ‘survival’; the specific reference to this superior good (namely the integrity and continuity of a community) has raised questions about any possible subjection to restraints and obligations of a legal nature. Indeed, the dichotomy war-fact and war-law has always been a subject of discussion in doctrine, resolving itself in the last century in favour of the latter, i. e. in considering the bellum as a possible object of legal regulation. Specifically, war-law enters into the republican structure through the constitutional provision of the ‘state of war’. The prediction of this state of emergency opens up the possibility of speaking of a ‘constitutional war system’, which in its nature as a system cannot but imply institutional and normative relations on which it is worth asking, in primis, what the essential features are and, in secundiis, how much the constitutional text dwells on in describing them. An analysis of these aspects cannot but highlight the theoretical and practical limits that the constitutional paradigm ontologically presents, leading to various questions about the actual ability of the ‘Costituenti’ to put in place a functioning system. But, not only that, the bellum has always experienced an irremediable contradiction: it is both an ‘archaic’ institution and an area of military-technological innovation, a strictly state-policy instrument and an object of agreement for peace and international crisis management. It is precisely on this last point that the reflection on the limits inherent in the constitutional discipline of Article 78 takes place: could it have been the ontological changes in the phenomenon of war that determined the failure to implement the model of the state of war in the Constitution? In what new forms is the use of force approached in the international scenario? Do they lend themselves to a possible regulation in law, or is it more legitimate to consider the bellum now only as war-fact?

Il fenomeno bellico ha da sempre impegnato una qualsiasi collettività nella lotta alla propria ‘sopravvivenza’; il richiamo specifico a questo bene superiore (vale a dire l’integrità e continuità di una comunità) ha sollevato interrogativi circa una sua possibile sottoposizione a vincoli e obblighi di natura giuridica. Invero, la dicotomia guerra-fatto e guerra-diritto è sempre stata oggetto di dibattito in dottrina, risolvendosi nell'ultimo secolo a favore di quest’ultima, ovverosia arrivando a ritenere anche il bellum come possibile oggetto di disciplina. Nello specifico, la guerra-diritto entra nell’ordinamento repubblicano tramite la previsione costituzionale dello ‘stato di guerra’. La previsione di tale stato emergenziale apre alla possibilità di parlare di un vero e proprio ‘ordinamento bellico costituzionale’, il quale, in virtù della sua natura di ordinamento, non può che implicare rapporti istituzionali e normativi rispetto ai quali merita chiedersi, in primis, quali siano i caratteri essenziali degli stessi e, in secundis, quanto il testo costituzionale effettivamente si soffermi nella loro descrizione. Dall’analisi di tali aspetti, non si può che evidenziare quanti e quali siano i limiti teorici e pratici che il paradigma costituzionale ontologicamente presenta, giungendosi così a formulare vari interrogativi circa l’effettiva capacità dei Costituenti di porre in essere un sistema concretamente in grado di funzionare. Non solo, perché il bellum ha da sempre vissuto una contraddizione insanabile: esso è al contempo istituto ‘arcaico’ e settore di innovazione tecnologico-militare, strumento in senso stretto di policy dello Stato e oggetto di accordo per la pace e per la gestione delle crisi internazionali. Ed è proprio su quest’ultimo punto che si incentra la riflessione sui limiti insiti nella disciplina costituzionale di cui all’art. 78: possono essere stati i mutamenti ontologici del fenomeno bellico a determinare la mancata attuazione del modello dello stato di guerra in Costituzione? Con quali nuove forme e modalità viene gestito l’uso della forza nello scenario internazionale? Si prestano queste modalità ad una possibile regolamentazione in diritto o è più lecito considerare oramai il bellum solamente come guerra-fatto?

Guerra (stato di): tra vincoli costituzionali e obblighi internazionali Analisi della disciplina dell’art. 78 alla luce dei mutamenti ontologici del fenomeno bellico

GAROUJ, HANAA
2023/2024

Abstract

Il fenomeno bellico ha da sempre impegnato una qualsiasi collettività nella lotta alla propria ‘sopravvivenza’; il richiamo specifico a questo bene superiore (vale a dire l’integrità e continuità di una comunità) ha sollevato interrogativi circa una sua possibile sottoposizione a vincoli e obblighi di natura giuridica. Invero, la dicotomia guerra-fatto e guerra-diritto è sempre stata oggetto di dibattito in dottrina, risolvendosi nell'ultimo secolo a favore di quest’ultima, ovverosia arrivando a ritenere anche il bellum come possibile oggetto di disciplina. Nello specifico, la guerra-diritto entra nell’ordinamento repubblicano tramite la previsione costituzionale dello ‘stato di guerra’. La previsione di tale stato emergenziale apre alla possibilità di parlare di un vero e proprio ‘ordinamento bellico costituzionale’, il quale, in virtù della sua natura di ordinamento, non può che implicare rapporti istituzionali e normativi rispetto ai quali merita chiedersi, in primis, quali siano i caratteri essenziali degli stessi e, in secundis, quanto il testo costituzionale effettivamente si soffermi nella loro descrizione. Dall’analisi di tali aspetti, non si può che evidenziare quanti e quali siano i limiti teorici e pratici che il paradigma costituzionale ontologicamente presenta, giungendosi così a formulare vari interrogativi circa l’effettiva capacità dei Costituenti di porre in essere un sistema concretamente in grado di funzionare. Non solo, perché il bellum ha da sempre vissuto una contraddizione insanabile: esso è al contempo istituto ‘arcaico’ e settore di innovazione tecnologico-militare, strumento in senso stretto di policy dello Stato e oggetto di accordo per la pace e per la gestione delle crisi internazionali. Ed è proprio su quest’ultimo punto che si incentra la riflessione sui limiti insiti nella disciplina costituzionale di cui all’art. 78: possono essere stati i mutamenti ontologici del fenomeno bellico a determinare la mancata attuazione del modello dello stato di guerra in Costituzione? Con quali nuove forme e modalità viene gestito l’uso della forza nello scenario internazionale? Si prestano queste modalità ad una possibile regolamentazione in diritto o è più lecito considerare oramai il bellum solamente come guerra-fatto?
ITA
The phenomenon of war has always engaged any community in the struggle for its own ‘survival’; the specific reference to this superior good (namely the integrity and continuity of a community) has raised questions about any possible subjection to restraints and obligations of a legal nature. Indeed, the dichotomy war-fact and war-law has always been a subject of discussion in doctrine, resolving itself in the last century in favour of the latter, i. e. in considering the bellum as a possible object of legal regulation. Specifically, war-law enters into the republican structure through the constitutional provision of the ‘state of war’. The prediction of this state of emergency opens up the possibility of speaking of a ‘constitutional war system’, which in its nature as a system cannot but imply institutional and normative relations on which it is worth asking, in primis, what the essential features are and, in secundiis, how much the constitutional text dwells on in describing them. An analysis of these aspects cannot but highlight the theoretical and practical limits that the constitutional paradigm ontologically presents, leading to various questions about the actual ability of the ‘Costituenti’ to put in place a functioning system. But, not only that, the bellum has always experienced an irremediable contradiction: it is both an ‘archaic’ institution and an area of military-technological innovation, a strictly state-policy instrument and an object of agreement for peace and international crisis management. It is precisely on this last point that the reflection on the limits inherent in the constitutional discipline of Article 78 takes place: could it have been the ontological changes in the phenomenon of war that determined the failure to implement the model of the state of war in the Constitution? In what new forms is the use of force approached in the international scenario? Do they lend themselves to a possible regulation in law, or is it more legitimate to consider the bellum now only as war-fact?
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/37535