Nel corso degli anni è stata studiato il ruolo del ferro a livello cerebrale, molti studi hanno infatti evidenziato il suo coinvolgimento in diverse funzioni del sistema nervoso centrale, tra cui il ruolo svolto nei processi patologici di neurodegenerazione [1,2]. È emerso che durante il normale processo d’invecchiamento, a causa dell’alterazione della barriera emato-encefalica, il ferro tende ad accumularsi a livello della corteccia cerebrale e dell’ippocampo generando uno stato di neuroinfiammazione e stress ossidativo, fattori che contribuiscono allo sviluppo delle malattie neurodegenerative [3]. Per questo motivo, assume notevole importanza mettere a punto un metodo d’analisi che consenta di determinare l’anomala presenza di ferro, con l’obbiettivo futuro di riuscire a diagnosticare precocemente tali patologie e soprattutto, anticipare la terapia farmacologica da destinare ai pazienti che ne sono affetti. Il presente lavoro di tesi si concentra sull’ottimizzazione di un metodo voltammetrico, che consenta di rilevare la presenza di Fe(II) e Fe(III) in soluzione. Per fare ciò un elettrodo in carbone vetroso (Glassy Carbon Electrode, GCE) è stato funzionalizzato in un primo momento con un film di Hg, secondo il metodo proposto da Monticelli et al.[4] basato sulla complessazione del ferro con 1,5-diidrossinaftalene (DHN), poi successivamente, è stata eseguita la modifica dell’elettrodo con un film di nafion, prendendo in considerazione i metodi proposti da Yang et al. [5] e Gao et al. [6], basati sulla formazione di un complesso con la 2,2’-biperidina (BP). Con quest’ultima modifica è stato possibile determinare con accuratezza 100 µg/L di Fe (II). Si è quindi cercato di migliorare la sensibilità del metodo, modificando il GCE con nanoparticelle d’oro seguendo il metodo proposto da Ruo Redda et al. [7], modificato in seguito al fine di funzionalizzare le nanoparticelle con un agente legante specifico per l’analita, cioè la cisteina, secondo quanto riportato da Na Zhou [8]. Con questa nuova funzionalizzazione dell’elettrodo è stato possibile determinare concentrazioni di Fe(II) pari a 1 µg/L. Fig.1.1 Voltammogrammi relativi alle 5 aggiunte di Fe2+ da 1µg/L. Questa modifica del WE è stata applicata inoltre per la determinazione di una concentrazione pari a 10 µg/L di Fe(III), utilizzando il chelante specifico deferoxamina; l’aggiunta di questo ulteriore legante ha permesso un miglioramento della qualità di segnale dovuto ad un aumento di sensibilità del sistema. Fig.1.2 Voltammogrammi relativi alle 3 aggiunte di Fe3+ da 10 µg/L. L’utilizzo di chelanti ancora più specifici di ferrozina [9] e deferoxamina [10], unito ad un’ulteriore ottimizzazione del materiale del WE sarà la chiave per un ulteriore aumento della sensibilità e della selettività del metodo.
Ferro e malattie neurodegenerative: sviluppo di un metodo voltammetrico per la diagnosi precoce.
LOMBARDO, MARIA DESIRÈE
2021/2022
Abstract
Nel corso degli anni è stata studiato il ruolo del ferro a livello cerebrale, molti studi hanno infatti evidenziato il suo coinvolgimento in diverse funzioni del sistema nervoso centrale, tra cui il ruolo svolto nei processi patologici di neurodegenerazione [1,2]. È emerso che durante il normale processo d’invecchiamento, a causa dell’alterazione della barriera emato-encefalica, il ferro tende ad accumularsi a livello della corteccia cerebrale e dell’ippocampo generando uno stato di neuroinfiammazione e stress ossidativo, fattori che contribuiscono allo sviluppo delle malattie neurodegenerative [3]. Per questo motivo, assume notevole importanza mettere a punto un metodo d’analisi che consenta di determinare l’anomala presenza di ferro, con l’obbiettivo futuro di riuscire a diagnosticare precocemente tali patologie e soprattutto, anticipare la terapia farmacologica da destinare ai pazienti che ne sono affetti. Il presente lavoro di tesi si concentra sull’ottimizzazione di un metodo voltammetrico, che consenta di rilevare la presenza di Fe(II) e Fe(III) in soluzione. Per fare ciò un elettrodo in carbone vetroso (Glassy Carbon Electrode, GCE) è stato funzionalizzato in un primo momento con un film di Hg, secondo il metodo proposto da Monticelli et al.[4] basato sulla complessazione del ferro con 1,5-diidrossinaftalene (DHN), poi successivamente, è stata eseguita la modifica dell’elettrodo con un film di nafion, prendendo in considerazione i metodi proposti da Yang et al. [5] e Gao et al. [6], basati sulla formazione di un complesso con la 2,2’-biperidina (BP). Con quest’ultima modifica è stato possibile determinare con accuratezza 100 µg/L di Fe (II). Si è quindi cercato di migliorare la sensibilità del metodo, modificando il GCE con nanoparticelle d’oro seguendo il metodo proposto da Ruo Redda et al. [7], modificato in seguito al fine di funzionalizzare le nanoparticelle con un agente legante specifico per l’analita, cioè la cisteina, secondo quanto riportato da Na Zhou [8]. Con questa nuova funzionalizzazione dell’elettrodo è stato possibile determinare concentrazioni di Fe(II) pari a 1 µg/L. Fig.1.1 Voltammogrammi relativi alle 5 aggiunte di Fe2+ da 1µg/L. Questa modifica del WE è stata applicata inoltre per la determinazione di una concentrazione pari a 10 µg/L di Fe(III), utilizzando il chelante specifico deferoxamina; l’aggiunta di questo ulteriore legante ha permesso un miglioramento della qualità di segnale dovuto ad un aumento di sensibilità del sistema. Fig.1.2 Voltammogrammi relativi alle 3 aggiunte di Fe3+ da 10 µg/L. L’utilizzo di chelanti ancora più specifici di ferrozina [9] e deferoxamina [10], unito ad un’ulteriore ottimizzazione del materiale del WE sarà la chiave per un ulteriore aumento della sensibilità e della selettività del metodo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/37381