Gli anticorpi monoclonali per il trattamento del COVID-19 sono delle proteine ricombinanti che legandosi al Receptor Binding Domain della proteina spike del virus SARS-CoV-2 ne bloccano l’ingresso nelle cellule umane. Questo studio retrospettivo condotto presso l’AO Santa Croce e Carle di Cuneo nel periodo compreso tra marzo 21-marzo 22 è stato eseguito per valutare l’efficacia e la sicurezza delle terapie a base di anticorpi monoclonali disponibili e compararle con i dati ricavati dagli studi clinici registrativi. L’efficacia è stata definita come numero di decessi, ospedalizzazioni o ricoveri al Pronto Soccorso per una causa correlata al COVID-19 entro il ventinovesimo giorno. Sono stati analizzati 556 pazienti con diagnosi di COVID-19 ad alto rischio di progressione a malattia severa. Il primo trattamento eseguito è stato bamlanivimab, dapprima in monoterapia (n=1) e poi in combinazione con etesevimab (n=261). Successivamente, è stata resa disponibile l’associazione anticorpale casirivimab/imdevimab: 89 pazienti hanno ricevuto il dosaggio di 1200 mg + 1200 mg, 4 pazienti il dosaggio di 4000 mg + 4000 mg e 140 pazienti il dosaggio di 600 mg + 600 mg. Infine, dal 10 gennaio 2022, 61 pazienti hanno ricevuto la terapia a base di sotrovimab. La stratificazione dei pazienti per fascia d’età mostra che il 56,8% ha un’età pari o superiore ai 65 anni, secondo quanto ci si poteva aspettare dal momento che l’età è un fattore di rischio predisponente alla malattia. Il 31,5% della popolazione risulta non vaccinata mentre, tra i vaccinati, il 54,3% ha completato il ciclo con un vaccino a mRNA in quanto pazienti fragili. I sintomi più comuni riportati sono stati la tosse (68,1%), la febbre (57,4%) e l’astenia (49,9%). L’analisi delle comorbidità evidenzia che l’età pari o superiore ai 65 anni (56,3%), la malattia cardio-cerebrovascolare (34,9%) e l’immunodeficienza primitiva o secondaria (26,1%) sono le più frequenti. L’esito di fine trattamento rivela che il 97,3% della popolazione è guarita e il 2,16% dei pazienti è deceduto. Di questi, 10 su 12 sono deceduti per una causa correlata al COVID-19. I dati relativi all’efficacia evidenziano che i decessi o i ricoveri e accessi Pronto Soccorso entro il ventinovesimo giorno per una causa correlata al COVID-19 sono stati percentualmente superiori nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab rispetto al gruppo trattato con casirivimab/imdevimab e sotrovimab (1,92%, 1,43%, 1,64%). Per quanto concerne la sicurezza d’impiego, le reazioni segnalate sono percentualmente inferiori a quelle non segnalate (0,54%, 5,40%). Due delle tre reazioni segnalate sono state riportate nel gruppo trattato con casirivimab/imdevimab e, di queste, una reazione è stata valutata di entità grave. La terza reazione segnalata si è verificata nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab. Per quanto concerne le reazioni non segnalate, nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab le reazioni più comuni sono state la nausea, la cefalea e il rash cutaneo insieme al vomito mentre, nel gruppo trattato con casirivimab/imdevimab la cefalea, la diarrea e la nausea insieme al rash cutaneo. In conclusione, lo studio ha permesso di confermare l’efficacia degli anticorpi monoclonali nel ridurre i decessi e i ricoveri o gli accessi al Pronto Soccorso per una causa correlata al COVID-19 entro il ventinovesimo giorno nei soggetti ad alto rischio di progressione a malattia severa. I dati relativi alle reazioni avverse hanno confermato l’ottimo profilo rischio/beneficio analogamente a quanto già dimostrato dagli studi clinici.
Gli anticorpi monoclonali per il trattamento della malattia da COVID-19: studio retrospettivo sul loro utilizzo presso l’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo
DEGIOANNI, DILETTA
2021/2022
Abstract
Gli anticorpi monoclonali per il trattamento del COVID-19 sono delle proteine ricombinanti che legandosi al Receptor Binding Domain della proteina spike del virus SARS-CoV-2 ne bloccano l’ingresso nelle cellule umane. Questo studio retrospettivo condotto presso l’AO Santa Croce e Carle di Cuneo nel periodo compreso tra marzo 21-marzo 22 è stato eseguito per valutare l’efficacia e la sicurezza delle terapie a base di anticorpi monoclonali disponibili e compararle con i dati ricavati dagli studi clinici registrativi. L’efficacia è stata definita come numero di decessi, ospedalizzazioni o ricoveri al Pronto Soccorso per una causa correlata al COVID-19 entro il ventinovesimo giorno. Sono stati analizzati 556 pazienti con diagnosi di COVID-19 ad alto rischio di progressione a malattia severa. Il primo trattamento eseguito è stato bamlanivimab, dapprima in monoterapia (n=1) e poi in combinazione con etesevimab (n=261). Successivamente, è stata resa disponibile l’associazione anticorpale casirivimab/imdevimab: 89 pazienti hanno ricevuto il dosaggio di 1200 mg + 1200 mg, 4 pazienti il dosaggio di 4000 mg + 4000 mg e 140 pazienti il dosaggio di 600 mg + 600 mg. Infine, dal 10 gennaio 2022, 61 pazienti hanno ricevuto la terapia a base di sotrovimab. La stratificazione dei pazienti per fascia d’età mostra che il 56,8% ha un’età pari o superiore ai 65 anni, secondo quanto ci si poteva aspettare dal momento che l’età è un fattore di rischio predisponente alla malattia. Il 31,5% della popolazione risulta non vaccinata mentre, tra i vaccinati, il 54,3% ha completato il ciclo con un vaccino a mRNA in quanto pazienti fragili. I sintomi più comuni riportati sono stati la tosse (68,1%), la febbre (57,4%) e l’astenia (49,9%). L’analisi delle comorbidità evidenzia che l’età pari o superiore ai 65 anni (56,3%), la malattia cardio-cerebrovascolare (34,9%) e l’immunodeficienza primitiva o secondaria (26,1%) sono le più frequenti. L’esito di fine trattamento rivela che il 97,3% della popolazione è guarita e il 2,16% dei pazienti è deceduto. Di questi, 10 su 12 sono deceduti per una causa correlata al COVID-19. I dati relativi all’efficacia evidenziano che i decessi o i ricoveri e accessi Pronto Soccorso entro il ventinovesimo giorno per una causa correlata al COVID-19 sono stati percentualmente superiori nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab rispetto al gruppo trattato con casirivimab/imdevimab e sotrovimab (1,92%, 1,43%, 1,64%). Per quanto concerne la sicurezza d’impiego, le reazioni segnalate sono percentualmente inferiori a quelle non segnalate (0,54%, 5,40%). Due delle tre reazioni segnalate sono state riportate nel gruppo trattato con casirivimab/imdevimab e, di queste, una reazione è stata valutata di entità grave. La terza reazione segnalata si è verificata nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab. Per quanto concerne le reazioni non segnalate, nel gruppo trattato con bamlanivimab/etesevimab le reazioni più comuni sono state la nausea, la cefalea e il rash cutaneo insieme al vomito mentre, nel gruppo trattato con casirivimab/imdevimab la cefalea, la diarrea e la nausea insieme al rash cutaneo. In conclusione, lo studio ha permesso di confermare l’efficacia degli anticorpi monoclonali nel ridurre i decessi e i ricoveri o gli accessi al Pronto Soccorso per una causa correlata al COVID-19 entro il ventinovesimo giorno nei soggetti ad alto rischio di progressione a malattia severa. I dati relativi alle reazioni avverse hanno confermato l’ottimo profilo rischio/beneficio analogamente a quanto già dimostrato dagli studi clinici. File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/37367