Il presente lavoro esamina il diritto alla giusta retribuzione riconosciuto nel nostro ordinamento a tutti i lavoratori. Dopo lo studio delle fonti nazionali e sovranazionali che si occupano di garantire a ciascuno una retribuzione proporzionata e sufficiente, viene analizzato il fenomeno della in-work poverty che evidenzia l’inadeguatezza di un numero sempre maggiore di salari, con l’indicazione delle possibili soluzioni da adottare. La povertà lavorativa, la scarsa copertura della contrattazione collettiva in numerosi Stati, le retribuzioni non dignitose, l’incremento del dumping contrattuale e salariale, nonché l’esigenza di una risposta comune a livello unionale sono alla base della Direttiva UE 2022/2041 che, al fine di assicurare ad ogni lavoratore un salario minimo adeguato, prescrive una serie di misure e procedure affinché ogni Stato membro promuova ed incoraggi la contrattazione collettiva, adottando, eventualmente e in modo parallelo, anche un sistema legale di fissazione dei salari minimi. Dalla fonte legislativa europea emergono le due vie del salario minimo: la legale e la contrattuale, le quali, pur avendo presupposti diversi, non risultano alternative e sono dirette allo stesso scopo, non potendo prescindere entrambe da un rafforzamento del sistema di relazioni industriali e dal maggior coinvolgimento delle parti sociali nelle decisioni in materia di politica salariale. Lo studio si concentra poi nel comprendere la modalità di determinazione delle retribuzioni in Italia, partendo dalla mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost. e dalla conseguente operazione giurisprudenziale che, applicando l’art. 36 Cost. in supplenza di quest’ultimo, ha permesso per settant’anni di rideterminare in giudizio le retribuzioni non costituzionalmente conformi. Sono presi in considerazione, altresì, i limiti di tale modalità nonché i fattori che impediscono a tanti lavoratori di “condurre un’esistenza libera e dignitosa” in quanto, sebbene coperti da un contratto collettivo, vivono sotto la soglia di povertà. Dopo un’analisi sulla crisi della contrattazione collettiva quale “autorità salariale”, sulla proliferazione dei contratti collettivi e sulla nascita dei cc.dd. “contratti pirata” e “contratti monstre”, la tesi esamina il nuovo orientamento giurisprudenziale che supera la “presunzione di adeguatezza” all’art. 36, comma 1, Cost. dei minimi tabellari contenuti nei contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Appurata l’impossibilità di rendere definitivo il salario minimo giurisprudenziale quale “via italiana al salario minimo”, l’elaborato studia i motivi che spingono il nostro Paese verso un salario minimo legale nonché le peculiarità e le declinazioni di tale strumento. A tal proposito, nell’ultimo capitolo la tesi esamina le proposte legislative dell’ultimo decennio, ponendo particolare attenzione su quelle del 2023. Lo scorso anno, anche in vista del recepimento della Direttiva 2022/2041, si sono succedute prima la proposta di legge depositata unitariamente da (quasi) tutte le opposizioni volta ad introdurre un salario minimo legale, poi il parere del CNEL in senso contrario, ed infine l’emendamento della maggioranza che ha trasformato la suddetta proposta in due deleghe al Governo che non contemplano, tuttavia, l’istituzione per via legislativa del salario minimo.
IL SALARIO MINIMO ADEGUATO E LA DIRETTIVA 2022/2041: L'APPROCCIO ITALIANO E LE SUE PROSPETTIVE
DONATO, CLAUDIO
2023/2024
Abstract
Il presente lavoro esamina il diritto alla giusta retribuzione riconosciuto nel nostro ordinamento a tutti i lavoratori. Dopo lo studio delle fonti nazionali e sovranazionali che si occupano di garantire a ciascuno una retribuzione proporzionata e sufficiente, viene analizzato il fenomeno della in-work poverty che evidenzia l’inadeguatezza di un numero sempre maggiore di salari, con l’indicazione delle possibili soluzioni da adottare. La povertà lavorativa, la scarsa copertura della contrattazione collettiva in numerosi Stati, le retribuzioni non dignitose, l’incremento del dumping contrattuale e salariale, nonché l’esigenza di una risposta comune a livello unionale sono alla base della Direttiva UE 2022/2041 che, al fine di assicurare ad ogni lavoratore un salario minimo adeguato, prescrive una serie di misure e procedure affinché ogni Stato membro promuova ed incoraggi la contrattazione collettiva, adottando, eventualmente e in modo parallelo, anche un sistema legale di fissazione dei salari minimi. Dalla fonte legislativa europea emergono le due vie del salario minimo: la legale e la contrattuale, le quali, pur avendo presupposti diversi, non risultano alternative e sono dirette allo stesso scopo, non potendo prescindere entrambe da un rafforzamento del sistema di relazioni industriali e dal maggior coinvolgimento delle parti sociali nelle decisioni in materia di politica salariale. Lo studio si concentra poi nel comprendere la modalità di determinazione delle retribuzioni in Italia, partendo dalla mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost. e dalla conseguente operazione giurisprudenziale che, applicando l’art. 36 Cost. in supplenza di quest’ultimo, ha permesso per settant’anni di rideterminare in giudizio le retribuzioni non costituzionalmente conformi. Sono presi in considerazione, altresì, i limiti di tale modalità nonché i fattori che impediscono a tanti lavoratori di “condurre un’esistenza libera e dignitosa” in quanto, sebbene coperti da un contratto collettivo, vivono sotto la soglia di povertà. Dopo un’analisi sulla crisi della contrattazione collettiva quale “autorità salariale”, sulla proliferazione dei contratti collettivi e sulla nascita dei cc.dd. “contratti pirata” e “contratti monstre”, la tesi esamina il nuovo orientamento giurisprudenziale che supera la “presunzione di adeguatezza” all’art. 36, comma 1, Cost. dei minimi tabellari contenuti nei contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Appurata l’impossibilità di rendere definitivo il salario minimo giurisprudenziale quale “via italiana al salario minimo”, l’elaborato studia i motivi che spingono il nostro Paese verso un salario minimo legale nonché le peculiarità e le declinazioni di tale strumento. A tal proposito, nell’ultimo capitolo la tesi esamina le proposte legislative dell’ultimo decennio, ponendo particolare attenzione su quelle del 2023. Lo scorso anno, anche in vista del recepimento della Direttiva 2022/2041, si sono succedute prima la proposta di legge depositata unitariamente da (quasi) tutte le opposizioni volta ad introdurre un salario minimo legale, poi il parere del CNEL in senso contrario, ed infine l’emendamento della maggioranza che ha trasformato la suddetta proposta in due deleghe al Governo che non contemplano, tuttavia, l’istituzione per via legislativa del salario minimo.File | Dimensione | Formato | |
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