In Valle d’Aosta è tradizione praticare la monticazione del bestiame in estate, così da sfruttare i pascoli alpini di alta quota. Le difficoltà logistiche di raggiungimento delle strutture, impediscono lo svolgimento di controlli funzionali sul latte. E’ consuetudine, inoltre, praticare la terapia dell’asciutta in maniera non selettiva nell’ultimo periodo di soggiorno in alpeggio. Considerando il problema dell’antimicrobico-resistenza, sorge la necessità di indagare la situazione sanitaria delle vacche in alpeggio in Valle d’Aosta, al fine di utilizzare la terapia in asciutta solo in casi selezionati, adempiendo alle linee guida europee, riducendo l’uso di antibiotici mantenendo inalterate le caratteristiche peculiari dell’allevamento valdostano. Per lo svolgimento della presente tesi, sono stati selezionati quattro alpeggi, ospitanti esclusivamente vacche di razza valdostana, sulle quali sono stati effettuati campionamenti di latte prima della messa in asciutta e dopo il parto, per valutare la conta delle cellule somatiche ed eseguire isolamento batterico e antibiogramma. Analizzando i registri dei trattamenti, sono stati valutati i trattamenti antibiotici somministrati in asciutta. I dati raccolti hanno permesso di evidenziare un superamento della soglia di 200.000 cell/ml, con un picco nei mesi di luglio e agosto. La prevalenza di animali positivi all’esame batteriologico è stata al primo campionamento effettuato prima della messa in asciutta e al secondo campionamento dopo il parto del 29,4-22,1%, all’interno della quale Staphylococcus (Staph.) aureus incideva per 31,5-36,1%, Streptococcus (Strept.) agalactiae per 37,1-25%, mastidogeni ambientali per 19,1-22,2%. Tra gli antibiotici critici è stata rilevata la presenza di resistenze verso chinoloni (enrofloxacin) e cefalosporine di terza generazione (cefoperazone e cefotaxime) da parte di Strept. agalactiae e Strept.uberis. La classe di antibiotici più utilizzata per la terapia dell’asciutta nello studio è stata quella delle cefalosporine di prima generazione (57,4% delle molecole impiegate), seguite da cloxacillina (22,6%) e rifaximina (20%). Considerando l’elevato numero di mastiti diagnosticate, mediante la conta delle cellule somatiche e le positività dell’esame batteriologico, non è stato possibile applicare l’asciutta selettiva. La scelta dell’antibiotico riprende le classificazioni AMEG (EMA) e MIA List (WHO), attingendo a molecole di prima scelta, anche se in alcuni casi non vi è stata eliminazione del patogeno; mentre per quanto riguarda le resistenze l’attenzione va posta soprattutto sugli streptococchi. Nonostante i risultati dimostrino che il comparto produttivo valdostano fondato su piccole aziende e sull’alpeggio non sia di grande impatto sul problema dell’antimicrobico resistenza, vi è ancora spazio per ulteriori miglioramenti sull’uso degli antibiotici per l’asciutta.

Terapia dell’asciutta nella vacca da latte: la situazione negli alpeggi valdostani

FRANCO, CARLOTTA
2023/2024

Abstract

In Valle d’Aosta è tradizione praticare la monticazione del bestiame in estate, così da sfruttare i pascoli alpini di alta quota. Le difficoltà logistiche di raggiungimento delle strutture, impediscono lo svolgimento di controlli funzionali sul latte. E’ consuetudine, inoltre, praticare la terapia dell’asciutta in maniera non selettiva nell’ultimo periodo di soggiorno in alpeggio. Considerando il problema dell’antimicrobico-resistenza, sorge la necessità di indagare la situazione sanitaria delle vacche in alpeggio in Valle d’Aosta, al fine di utilizzare la terapia in asciutta solo in casi selezionati, adempiendo alle linee guida europee, riducendo l’uso di antibiotici mantenendo inalterate le caratteristiche peculiari dell’allevamento valdostano. Per lo svolgimento della presente tesi, sono stati selezionati quattro alpeggi, ospitanti esclusivamente vacche di razza valdostana, sulle quali sono stati effettuati campionamenti di latte prima della messa in asciutta e dopo il parto, per valutare la conta delle cellule somatiche ed eseguire isolamento batterico e antibiogramma. Analizzando i registri dei trattamenti, sono stati valutati i trattamenti antibiotici somministrati in asciutta. I dati raccolti hanno permesso di evidenziare un superamento della soglia di 200.000 cell/ml, con un picco nei mesi di luglio e agosto. La prevalenza di animali positivi all’esame batteriologico è stata al primo campionamento effettuato prima della messa in asciutta e al secondo campionamento dopo il parto del 29,4-22,1%, all’interno della quale Staphylococcus (Staph.) aureus incideva per 31,5-36,1%, Streptococcus (Strept.) agalactiae per 37,1-25%, mastidogeni ambientali per 19,1-22,2%. Tra gli antibiotici critici è stata rilevata la presenza di resistenze verso chinoloni (enrofloxacin) e cefalosporine di terza generazione (cefoperazone e cefotaxime) da parte di Strept. agalactiae e Strept.uberis. La classe di antibiotici più utilizzata per la terapia dell’asciutta nello studio è stata quella delle cefalosporine di prima generazione (57,4% delle molecole impiegate), seguite da cloxacillina (22,6%) e rifaximina (20%). Considerando l’elevato numero di mastiti diagnosticate, mediante la conta delle cellule somatiche e le positività dell’esame batteriologico, non è stato possibile applicare l’asciutta selettiva. La scelta dell’antibiotico riprende le classificazioni AMEG (EMA) e MIA List (WHO), attingendo a molecole di prima scelta, anche se in alcuni casi non vi è stata eliminazione del patogeno; mentre per quanto riguarda le resistenze l’attenzione va posta soprattutto sugli streptococchi. Nonostante i risultati dimostrino che il comparto produttivo valdostano fondato su piccole aziende e sull’alpeggio non sia di grande impatto sul problema dell’antimicrobico resistenza, vi è ancora spazio per ulteriori miglioramenti sull’uso degli antibiotici per l’asciutta.
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