La Sindrome di Sézary è un linfoma cutaneo a cellule T con coinvolgimento leucemico da parte delle cellule T maligne. Clinicamente si presenta con un diffuso interessamento cutaneo. Sono comuni le adenopatie e il prurito, che influenzano la qualità di vita dei pazienti. Caratteristica è la progressiva compromissione della risposta immunitaria. Tra i meccanismi di modulazione immunitaria vi è l’adenosina, generata dal pathway adenosinergico mediato da CD39 e CD73. Numerosi studi hanno stabilito l’importanza di questa nella soppressione dell’immunità nelle neoplasie solide; tuttavia, gli studi riguardanti la Sindrome di Sézary sono limitati. Al fine di approfondire tale ambito, abbiamo valutato il ruolo dell’asse CD39/CD73/adenosina e le variazioni dei livelli dei due biomarcatori in rapporto al decorso clinico dei pazienti con Sindrome di Sézary. È stata indagata l’espressione di CD39 e CD73 tramite la citometria a flusso, che ha evidenziato la disregolazione del pathway adenosinergico. Sulla base dei risultati ottenuti alla prima indagine citoflussimetrica, i pazienti sono stati suddivisi in 3 sottopopolazioni: soggetti con linfociti T CD4+/CD26- con aumentata espressione di CD39, di CD73 e con bassa espressione di entrambi i marcatori. È stata eseguita una valutazione combinata della percentuale di cellule T CD4+ esprimenti CD39 o CD73 e del valore di intensità di fluorescenza mediana, che ha distinto i pazienti in: CD39-high e CD73-high. La funzionalità dei due ectoenzimi è stata dimostrata tramite cromatografia liquida ad alta prestazione, che ha messo in luce la capacità del CD39 di idrolizzare ATP in AMP e del CD73 di convertire AMP in adenosina. Da saggi di soppressione è stato possibile valutare l’effettiva rilevanza funzionale dei due biomarcatori ed è stato evidenziato il ruolo del CD39, in grado di sopprimere la proliferazione dei linfociti CD8+ e CD4+, e del CD73, la cui capacità immunosoppressiva è risultata trascurabile. Valutando le alterazioni dell’obiettività cutanea in rapporto alle variazioni dei due marcatori, si è notato che nel 21% dei pazienti la riduzione di questi correli con un miglioramento clinico in assenza di una variazione della percentuale di cellule di Sézary. Ad oggi non è possibile definire con certezza il loro ruolo prognostico, tuttavia, questa risulta essere un’evidenza preliminare del fatto che i livelli di espressione dei due ectoenzimi siano determinanti nella definizione della situazione clinica. L’analisi di sopravvivenza dei soggetti non ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra le tre sottopopolazioni di pazienti. Dal punto di vista delle terapie somministate, si è notato che la riduzione maggiore della percentuale di cellule esprimenti i due biomarcatori si è verificata nei pazienti trattati con Mogamulizumab, con una differenza statisticamente significativa rispetto agli altri trattamenti. Questo infatti, in virtù della sua forte azione citotossica anticorpo-mediata, non solo causa una drastica riduzione del clone tumorale, ma determina anche una significativa diminuzione dell’espressione di CD39 e CD73. I risultati di questo studio rappresentano il punto di partenza per studi più completi, volti ad introdurre terapie con antagonisti del pathway adenosinergico, ad approfondire la ripercussione clinica delle variazioni dei due marcatori e ad indagare più a fondo l’effetto del Mogamulizumab sui livelli di espressione di CD39 e CD73 nei pazienti con Sindrome di Sézary.
Ruolo dell'asse CD39/CD73/adenosina e correlazione con il decorso clinico nella Sindrome di Sézary
FIA, MARIANNA
2021/2022
Abstract
La Sindrome di Sézary è un linfoma cutaneo a cellule T con coinvolgimento leucemico da parte delle cellule T maligne. Clinicamente si presenta con un diffuso interessamento cutaneo. Sono comuni le adenopatie e il prurito, che influenzano la qualità di vita dei pazienti. Caratteristica è la progressiva compromissione della risposta immunitaria. Tra i meccanismi di modulazione immunitaria vi è l’adenosina, generata dal pathway adenosinergico mediato da CD39 e CD73. Numerosi studi hanno stabilito l’importanza di questa nella soppressione dell’immunità nelle neoplasie solide; tuttavia, gli studi riguardanti la Sindrome di Sézary sono limitati. Al fine di approfondire tale ambito, abbiamo valutato il ruolo dell’asse CD39/CD73/adenosina e le variazioni dei livelli dei due biomarcatori in rapporto al decorso clinico dei pazienti con Sindrome di Sézary. È stata indagata l’espressione di CD39 e CD73 tramite la citometria a flusso, che ha evidenziato la disregolazione del pathway adenosinergico. Sulla base dei risultati ottenuti alla prima indagine citoflussimetrica, i pazienti sono stati suddivisi in 3 sottopopolazioni: soggetti con linfociti T CD4+/CD26- con aumentata espressione di CD39, di CD73 e con bassa espressione di entrambi i marcatori. È stata eseguita una valutazione combinata della percentuale di cellule T CD4+ esprimenti CD39 o CD73 e del valore di intensità di fluorescenza mediana, che ha distinto i pazienti in: CD39-high e CD73-high. La funzionalità dei due ectoenzimi è stata dimostrata tramite cromatografia liquida ad alta prestazione, che ha messo in luce la capacità del CD39 di idrolizzare ATP in AMP e del CD73 di convertire AMP in adenosina. Da saggi di soppressione è stato possibile valutare l’effettiva rilevanza funzionale dei due biomarcatori ed è stato evidenziato il ruolo del CD39, in grado di sopprimere la proliferazione dei linfociti CD8+ e CD4+, e del CD73, la cui capacità immunosoppressiva è risultata trascurabile. Valutando le alterazioni dell’obiettività cutanea in rapporto alle variazioni dei due marcatori, si è notato che nel 21% dei pazienti la riduzione di questi correli con un miglioramento clinico in assenza di una variazione della percentuale di cellule di Sézary. Ad oggi non è possibile definire con certezza il loro ruolo prognostico, tuttavia, questa risulta essere un’evidenza preliminare del fatto che i livelli di espressione dei due ectoenzimi siano determinanti nella definizione della situazione clinica. L’analisi di sopravvivenza dei soggetti non ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra le tre sottopopolazioni di pazienti. Dal punto di vista delle terapie somministate, si è notato che la riduzione maggiore della percentuale di cellule esprimenti i due biomarcatori si è verificata nei pazienti trattati con Mogamulizumab, con una differenza statisticamente significativa rispetto agli altri trattamenti. Questo infatti, in virtù della sua forte azione citotossica anticorpo-mediata, non solo causa una drastica riduzione del clone tumorale, ma determina anche una significativa diminuzione dell’espressione di CD39 e CD73. I risultati di questo studio rappresentano il punto di partenza per studi più completi, volti ad introdurre terapie con antagonisti del pathway adenosinergico, ad approfondire la ripercussione clinica delle variazioni dei due marcatori e ad indagare più a fondo l’effetto del Mogamulizumab sui livelli di espressione di CD39 e CD73 nei pazienti con Sindrome di Sézary.File | Dimensione | Formato | |
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