From December 2019 a new type of Coronavirus, after called Sars-Cov-2, has spread all over the world, starting from the Chinese city of Wuhan, causing a rapid escalation in the number of cases and victims, which has placed under great pressure the health personnel of every Nation, who had to face a new virus, of which very little was known. The disease spread by this virus has been given the name of COVID - 19. The virus in question immediately showed a very varied symptomatology, as patients could turn from totally asymptomatic to severe respiratory failure, potentially fatal . In addition, the virus has been shown to be able to affect other systems in addition to the respiratory system, also affecting the musculoskeletal, gastrointestinal, cardiovascular and neurological systems, as well as the kidneys and liver. The involvement of many and such organs and systems has meant that the clinical pictures of COVID - 19 could have a very varied symptomatology, in addition to the main respiratory one, making it even more complex for clinicians around the world to make diagnoses. In this context, starting from March 7 and until May 5, 2020, a research project was conducted in the MECAU department of the San Luigi Gonzaga Hospital with the aim of identifying new therapeutic possibilities. Two groups of patients were recruited and compared during this study. The first group consisted of 35 patients treated with standard care and corticosteroids (methylprednisolone 0.5-1 mg / kg / day for five days, followed by gradual reduction to 0.5 mg / kg / day). The second group had 26 patients treated with standard care only. The baseline characteristics of the two groups were roughly comparable, although patients treated with corticosteroids needed a higher level of ventilatory support. The number of in-hospital deaths was 3/35 (9%) in the corticosteroid group and 9/26 (35%) in the non-corticosteroid group (p = 0.02), with no statistically significant difference in the need for tracheal intubation (OTI), transfer to the Intensive Care Unit (ICU) and length of stay between the two groups. Among patients on non-invasive ventilatory support (CPAP / NIMV) at admission, 7 out of 8 patients treated with standard care had an adverse outcome at 7 days (2 deaths and 5 OTI with ICU transfer) compared to only 1 OTI on 21 among patients who also received corticosteroid treatment (p <0.001). The study therefore shows that corticosteroid treatment is associated with a reduced mortality rate in hospitalized patients with COVID-19 and a reduced rate of IOT in patients with COVID-19 on non-invasive ventilatory support. These findings help reinforce the current evidence that corticosteroids are useful in the management of COVID-19 disease even in patients managed with non-invasive mechanical ventilation or CPAP.
A partire da dicembre 2019 un nuovo tipo di Coronavirus, denominato successivamente Sars-Cov-2, si è diffuso in tutto il mondo, partendo dalla città cinese di Wuhan, determinando una rapida escalation nel numero di casi e di vittime, che ha posto sotto grande pressione il personale sanitario di ogni Nazione, il quale ha dovuto affrontare un virus nuovo, di cui si sapeva molto poco. Alla malattia diffusa da questo virus è stato dato il nome di COVID – 19. Il virus in questione ha mostrato fin da subito una sintomatologia molto varia, in quanto i pazienti potevano risultare da totalmente asintomatici ad avere un quadro di grave insufficienza respiratoria, potenzialmente fatale. Inoltre, il virus ha dimostrato di essere in grado di colpire altri apparati oltre a quello respiratorio, interessando anche l’apparato muscoloscheletrico, gastrointestinale, cardiovascolare e neurologico, nonché reni e fegato. L’interessamento di tanti e tali organi e apparati ha fatto sì che i quadri clinici da COVID–19 potessero avere una sintomatologia molto varia, oltre a quella respiratoria principale, rendendo ancora più complesso per i clinici di tutto il mondo formulare diagnosi. In questo contesto, a partire dal 7 marzo e fino al 5 maggio 2020, nel reparto di MECAU dell’Ospedale San Luigi Gonzaga è stato condotto un progetto di ricerca con lo scopo di individuare nuove possibilità terapeutiche. Durante questo studio sono stati reclutati e confrontati due gruppi di pazienti. Il primo gruppo contava 35 pazienti trattati con cure standard e corticosteroidi (metilprednisolone 0,5-1 mg/kg/die per cinque giorni, seguito da riduzione graduale a 0,5 mg/kg/die). Il secondo gruppo contava 26 pazienti trattati solo con cure standard. Le caratteristiche di base dei due gruppi erano grosso modo comparabili, sebbene i pazienti trattati con corticosteroidi avessero bisogno di un livello più elevato di supporto ventilatorio. Il numero di decessi in ospedale è stato 3/35 (9%) nel gruppo trattato con corticosteroide e 9/26 (35%) nel gruppo non trattato con corticosteroide (p = 0,02), senza alcuna differenza statisticamente significativa nella necessità di intubazione tracheale (IOT), trasferimento in Terapia Intensiva (UTI) e nella durata della degenza tra i due gruppi. Tra i pazienti in supporto ventilatorio non invasivo (CPAP / NIMV) al ricovero, 7 pazienti su 8 trattati con cure standard hanno avuto un esito avverso a 7 giorni (2 decessi e 5 IOT con trasferimento in terapia intensiva) rispetto a solo 1 IOT su 21 tra i pazienti che ricevevano anche un trattamento con corticosteroidi (p <0,001). Lo studio mostra quindi che il trattamento con corticosteroidi è associato a un tasso ridotto di mortalità nei pazienti ospedalizzati con COVID-19 e un tasso ridotto di IOT nei pazienti con COVID-19 in supporto ventilatorio non invasivo. Questi risultati contribuiscono a rafforzare l'evidenza attuale secondo cui i corticosteroidi sono utili nella gestione della malattia COVID-19 anche ai pazienti gestiti con ventilazione meccanica non invasiva o CPAP.
Studio Monocentrico Osservazionale su Pazienti Ospedalizzati Trattati con Corticosteroidi durante la Prima Ondata Pandemica
BOFFA, FEDERICO
2021/2022
Abstract
A partire da dicembre 2019 un nuovo tipo di Coronavirus, denominato successivamente Sars-Cov-2, si è diffuso in tutto il mondo, partendo dalla città cinese di Wuhan, determinando una rapida escalation nel numero di casi e di vittime, che ha posto sotto grande pressione il personale sanitario di ogni Nazione, il quale ha dovuto affrontare un virus nuovo, di cui si sapeva molto poco. Alla malattia diffusa da questo virus è stato dato il nome di COVID – 19. Il virus in questione ha mostrato fin da subito una sintomatologia molto varia, in quanto i pazienti potevano risultare da totalmente asintomatici ad avere un quadro di grave insufficienza respiratoria, potenzialmente fatale. Inoltre, il virus ha dimostrato di essere in grado di colpire altri apparati oltre a quello respiratorio, interessando anche l’apparato muscoloscheletrico, gastrointestinale, cardiovascolare e neurologico, nonché reni e fegato. L’interessamento di tanti e tali organi e apparati ha fatto sì che i quadri clinici da COVID–19 potessero avere una sintomatologia molto varia, oltre a quella respiratoria principale, rendendo ancora più complesso per i clinici di tutto il mondo formulare diagnosi. In questo contesto, a partire dal 7 marzo e fino al 5 maggio 2020, nel reparto di MECAU dell’Ospedale San Luigi Gonzaga è stato condotto un progetto di ricerca con lo scopo di individuare nuove possibilità terapeutiche. Durante questo studio sono stati reclutati e confrontati due gruppi di pazienti. Il primo gruppo contava 35 pazienti trattati con cure standard e corticosteroidi (metilprednisolone 0,5-1 mg/kg/die per cinque giorni, seguito da riduzione graduale a 0,5 mg/kg/die). Il secondo gruppo contava 26 pazienti trattati solo con cure standard. Le caratteristiche di base dei due gruppi erano grosso modo comparabili, sebbene i pazienti trattati con corticosteroidi avessero bisogno di un livello più elevato di supporto ventilatorio. Il numero di decessi in ospedale è stato 3/35 (9%) nel gruppo trattato con corticosteroide e 9/26 (35%) nel gruppo non trattato con corticosteroide (p = 0,02), senza alcuna differenza statisticamente significativa nella necessità di intubazione tracheale (IOT), trasferimento in Terapia Intensiva (UTI) e nella durata della degenza tra i due gruppi. Tra i pazienti in supporto ventilatorio non invasivo (CPAP / NIMV) al ricovero, 7 pazienti su 8 trattati con cure standard hanno avuto un esito avverso a 7 giorni (2 decessi e 5 IOT con trasferimento in terapia intensiva) rispetto a solo 1 IOT su 21 tra i pazienti che ricevevano anche un trattamento con corticosteroidi (p <0,001). Lo studio mostra quindi che il trattamento con corticosteroidi è associato a un tasso ridotto di mortalità nei pazienti ospedalizzati con COVID-19 e un tasso ridotto di IOT nei pazienti con COVID-19 in supporto ventilatorio non invasivo. Questi risultati contribuiscono a rafforzare l'evidenza attuale secondo cui i corticosteroidi sono utili nella gestione della malattia COVID-19 anche ai pazienti gestiti con ventilazione meccanica non invasiva o CPAP. File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/36633