Alla base di questo elaborato vi è l'analisi di uno dei procedimenti speciali previsti dal codice di procedura penale: il giudizio direttissimo (artt. 449 ss. c.p.p.). Viene proposto innanzitutto un excursus storico circa lo sviluppo di tale istituto a partire dalla Rivoluzione industriale; l'urbanizzazione di massa di questo periodo portò a una massiccia diffusione della criminalità, generando un allarme sociale tale da richiedere nuovi strumenti idonei ad offrire un accertamento immediato, per rispondere alla crescente domanda di giustizia. La risposta a tale problema venne individuata nel giudizio direttissimo, importato in Italia insieme ai codici francesi. Il rito speciale – com'è conosciuto oggi – è stato inserito nel codice del 1988 e successivamente riformato attraverso due principali novelle. Una prima modifica è intervenuta per mezzo della legge n. 92 del 2008, la quale ri-disciplina il rito in esame prevedendone tre ipotesi, due obbligatorie ed una facoltativa. Nel 2011, il legislatore ha poi apportato ulteriori variazioni, in tema di termini e custodia cautelare, con la legge n. 211. L'elaborato prosegue individuando le finalità comuni a tutti i procedimenti speciali, con un focus particolare sul rito direttissimo e sulle sue funzioni di alleggerimento della popolazione carceraria, nonché di economia processuale, tramite il “diretto” passaggio alla fase dibattimentale. Il rito direttissimo prevede dunque, principalmente, un accorciamento dei tempi investigativi e la rinuncia all'udienza preliminare, sulla base dell'emersione di un'evidenza probatoria qualificata, la quale rende superflue le fasi preliminari del giudizio. Tale situazione si riscontra nell'ipotesi di arresto in flagranza di reato, oppure nel caso di confessione dell'imputato, evenienze trattate nel secondo capitolo di questo lavoro. Vi sono però da evidenziare ulteriori ipotesi di giudizio direttissimo, definite atipiche – trattate nel terzo capitolo – in relazione alle quali il rito in questione è obbligatorio ratione materiae, cioè a prescindere dal fatto che vi sia stato o meno arresto in flagranza. L'elencazione di tali ipotesi – stante la specialità delle previsioni – è tassativa ed include le fattispecie relative alle armi e gli esplosivi; i reati connessi al genocidio o alla discriminazione razziale, etnica e religiosa, oppure riguardanti la violenza negli stadi, nonché, infine, le fattispecie che hanno come presupposto l'espulsione dal territorio dello Stato per il non cittadino. All'interno di questo capitolo viene presa in considerazione anche l'evenienza di giudizio direttissimo conseguente all'allontanamento urgente dalla casa familiare, disciplinato dall'art. 384-bis del c.p.p., che è stato introdotto con la legge 15 ottobre 2013, n. 119; tale istituto può essere accumunato alle altre ipotesi atipiche, poiché volto alla pronta repressione di fattispecie criminose caratterizzate da un forte allarme sociale. L'elaborato prosegue poi – con il quarto capitolo – con la trattazione della fase dibattimentale del giudizio direttissimo, sottolineandone le differenze e le somiglianze con la medesima fase nel rito ordinario. È stata infine analizzata la facoltà per l'imputato di richiedere, prima dell'apertura del dibattimento, la trasformazione del rito – qualora ve ne siano i presupposti – in uno degli altri procedimenti speciali: applicazione della pena su richiesta delle parti, giudizio abbreviato e messa alla prova.
IL GIUDIZIO DIRETTISSIMO
XHANAJ, LAURA
2018/2019
Abstract
Alla base di questo elaborato vi è l'analisi di uno dei procedimenti speciali previsti dal codice di procedura penale: il giudizio direttissimo (artt. 449 ss. c.p.p.). Viene proposto innanzitutto un excursus storico circa lo sviluppo di tale istituto a partire dalla Rivoluzione industriale; l'urbanizzazione di massa di questo periodo portò a una massiccia diffusione della criminalità, generando un allarme sociale tale da richiedere nuovi strumenti idonei ad offrire un accertamento immediato, per rispondere alla crescente domanda di giustizia. La risposta a tale problema venne individuata nel giudizio direttissimo, importato in Italia insieme ai codici francesi. Il rito speciale – com'è conosciuto oggi – è stato inserito nel codice del 1988 e successivamente riformato attraverso due principali novelle. Una prima modifica è intervenuta per mezzo della legge n. 92 del 2008, la quale ri-disciplina il rito in esame prevedendone tre ipotesi, due obbligatorie ed una facoltativa. Nel 2011, il legislatore ha poi apportato ulteriori variazioni, in tema di termini e custodia cautelare, con la legge n. 211. L'elaborato prosegue individuando le finalità comuni a tutti i procedimenti speciali, con un focus particolare sul rito direttissimo e sulle sue funzioni di alleggerimento della popolazione carceraria, nonché di economia processuale, tramite il “diretto” passaggio alla fase dibattimentale. Il rito direttissimo prevede dunque, principalmente, un accorciamento dei tempi investigativi e la rinuncia all'udienza preliminare, sulla base dell'emersione di un'evidenza probatoria qualificata, la quale rende superflue le fasi preliminari del giudizio. Tale situazione si riscontra nell'ipotesi di arresto in flagranza di reato, oppure nel caso di confessione dell'imputato, evenienze trattate nel secondo capitolo di questo lavoro. Vi sono però da evidenziare ulteriori ipotesi di giudizio direttissimo, definite atipiche – trattate nel terzo capitolo – in relazione alle quali il rito in questione è obbligatorio ratione materiae, cioè a prescindere dal fatto che vi sia stato o meno arresto in flagranza. L'elencazione di tali ipotesi – stante la specialità delle previsioni – è tassativa ed include le fattispecie relative alle armi e gli esplosivi; i reati connessi al genocidio o alla discriminazione razziale, etnica e religiosa, oppure riguardanti la violenza negli stadi, nonché, infine, le fattispecie che hanno come presupposto l'espulsione dal territorio dello Stato per il non cittadino. All'interno di questo capitolo viene presa in considerazione anche l'evenienza di giudizio direttissimo conseguente all'allontanamento urgente dalla casa familiare, disciplinato dall'art. 384-bis del c.p.p., che è stato introdotto con la legge 15 ottobre 2013, n. 119; tale istituto può essere accumunato alle altre ipotesi atipiche, poiché volto alla pronta repressione di fattispecie criminose caratterizzate da un forte allarme sociale. L'elaborato prosegue poi – con il quarto capitolo – con la trattazione della fase dibattimentale del giudizio direttissimo, sottolineandone le differenze e le somiglianze con la medesima fase nel rito ordinario. È stata infine analizzata la facoltà per l'imputato di richiedere, prima dell'apertura del dibattimento, la trasformazione del rito – qualora ve ne siano i presupposti – in uno degli altri procedimenti speciali: applicazione della pena su richiesta delle parti, giudizio abbreviato e messa alla prova.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/36481