La seguente tesi tratta il principale strumento offerto dall'ordinamento penitenziario italiano a garanzia dei diritti dei soggetti reclusi: il reclamo giurisdizionale (art. 35-bis ord. penit.), introdotto dal d.l. 24 dicembre 2013, n. 146, recante “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, convertito nella legge 21 febbraio 2014 n. 10. Precedentemente alla novella del 2013 l'ordinamento offriva al soggetto in vinculis due rimedi contro le lesioni causate dall'amministrazione penitenziaria: il reclamo c.d. atipico disciplinato dall'art. 14-ter ord. penit. ed esperibile nelle ipotesi riportate dall'art. 69 comma 6 ord. penit., e un secondo de plano di carattere residuale e regolato dall'art. 35 ord. penit., il c.d. reclamo generico. Prima di affrontare la questione principale è necessario effettuare qualche precisazione preliminare circa l'inquadramento generale delle posizioni giuridiche soggettive dei detenuti e richiamare le sentenze più rilevanti della giurisprudenza. Tali strumenti non rappresentavano rimedi efficaci a garantire lo standard di tutela dei diritti dei detenuti com'era, infatti, già stato denunciato nella sentenza dell'11 febbraio 1999, n. 26, della Corte costituzionale che dichiarò l'illegittimità del combinato degli artt. 35 e 69 ord. penit. Il giudice delle leggi, tuttavia, aveva confermato la titolarità in capo a detenuti e internati di posizioni giuridiche soggettive, ma non istituì un rimedio idoneo poiché lasciò alla piena discrezionalità del legislatore l'identificazione di uno strumento attraverso cui esse dovevano essere tutelate. In tale contesto, nel 2003, intervennero le Sezioni Unite della Corte di cassazione che, con l'intento di individuare un rimedio adatto, privilegiarono il modello di cui all'art. 14-ter ord. penit. Anche questo strumento, però, si rilevò insufficiente e per una svolta nella materia, infatti, si dovette attendere la Corte europea dei diritti dell'uomo che, con la nota sentenza Torreggiani, obbligò il legislatore a introdurre, per la prima volta, un rimedio pienamente efficace in tema di tutela dei diritti delle persone detenute. Il secondo capitolo, inoltre, è dedicato all'individuazione ed elencazione dei beni giuridici meritevoli di tutela, indicati nelle lettere a e b dell'art. 69 comma 6 ord. penit. Individuate le posizioni soggettive giustiziabili del detenuto, il terzo capitolo analizza le modalità attraverso cui esse ricevono tutela. La disciplina dinamica del procedimento di reclamo giurisdizionale di cui all'art. 35-bis ord. penit. contempla, inoltre, di un inedito giudizio di ottemperanza finalizzato a imporre all'amministrazione inadempiente l'esecuzione del provvedimento emesso in sede di reclamo.
ART. 35-BIS LEGGE SULL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO.IL RECLAMO GIURISDIZIONALE
MONTEMAGNO, VITTORIA
2018/2019
Abstract
La seguente tesi tratta il principale strumento offerto dall'ordinamento penitenziario italiano a garanzia dei diritti dei soggetti reclusi: il reclamo giurisdizionale (art. 35-bis ord. penit.), introdotto dal d.l. 24 dicembre 2013, n. 146, recante “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, convertito nella legge 21 febbraio 2014 n. 10. Precedentemente alla novella del 2013 l'ordinamento offriva al soggetto in vinculis due rimedi contro le lesioni causate dall'amministrazione penitenziaria: il reclamo c.d. atipico disciplinato dall'art. 14-ter ord. penit. ed esperibile nelle ipotesi riportate dall'art. 69 comma 6 ord. penit., e un secondo de plano di carattere residuale e regolato dall'art. 35 ord. penit., il c.d. reclamo generico. Prima di affrontare la questione principale è necessario effettuare qualche precisazione preliminare circa l'inquadramento generale delle posizioni giuridiche soggettive dei detenuti e richiamare le sentenze più rilevanti della giurisprudenza. Tali strumenti non rappresentavano rimedi efficaci a garantire lo standard di tutela dei diritti dei detenuti com'era, infatti, già stato denunciato nella sentenza dell'11 febbraio 1999, n. 26, della Corte costituzionale che dichiarò l'illegittimità del combinato degli artt. 35 e 69 ord. penit. Il giudice delle leggi, tuttavia, aveva confermato la titolarità in capo a detenuti e internati di posizioni giuridiche soggettive, ma non istituì un rimedio idoneo poiché lasciò alla piena discrezionalità del legislatore l'identificazione di uno strumento attraverso cui esse dovevano essere tutelate. In tale contesto, nel 2003, intervennero le Sezioni Unite della Corte di cassazione che, con l'intento di individuare un rimedio adatto, privilegiarono il modello di cui all'art. 14-ter ord. penit. Anche questo strumento, però, si rilevò insufficiente e per una svolta nella materia, infatti, si dovette attendere la Corte europea dei diritti dell'uomo che, con la nota sentenza Torreggiani, obbligò il legislatore a introdurre, per la prima volta, un rimedio pienamente efficace in tema di tutela dei diritti delle persone detenute. Il secondo capitolo, inoltre, è dedicato all'individuazione ed elencazione dei beni giuridici meritevoli di tutela, indicati nelle lettere a e b dell'art. 69 comma 6 ord. penit. Individuate le posizioni soggettive giustiziabili del detenuto, il terzo capitolo analizza le modalità attraverso cui esse ricevono tutela. La disciplina dinamica del procedimento di reclamo giurisdizionale di cui all'art. 35-bis ord. penit. contempla, inoltre, di un inedito giudizio di ottemperanza finalizzato a imporre all'amministrazione inadempiente l'esecuzione del provvedimento emesso in sede di reclamo.File | Dimensione | Formato | |
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