Lo studio delle possibili dinamiche di diffusione del virus aftoso tra allevamenti può permettere l’elaborazione di modelli epidemiologici in grado di simulare scenari epidemici all’interno di specifiche aree territoriali. Si tratterebbe di un valido supporto decisionale a disposizione delle Autorità Competenti in termini di razionalizzazione delle risorse in caso di interventi per il controllo di eventuali focolai in Paesi indenni come quelli membri dell’UE. L’importanza di questi strumenti è giustificata dal costante rischio di reintroduzione del virus da zone endemiche. Lo studio si è posto l’obbiettivo di sviluppare e testare su campo un metodo di raccolta dati su fattori di rischio e frequenze degli ingressi in allevamento di contatti diretti e indiretti in grado di trasmettere, sia in ingresso sia in uscita, il virus aftoso in corso di focolaio prima della sua rilevazione. La raccolta dati è preliminare allo sviluppo di un modello di simulazione di focolai adattato al territorio oggetto d’indagine, corrispondente all'ASL CN1. Nell’ottica di razionalizzare le informazioni già in possesso dei Servizi Veterinari, i dati su allevamenti e movimentazioni in ingresso e in uscita di animali vivi sono stati ottenuti tramite le funzioni di interrogazione dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica. Questa fase ha messo in evidenza la possibilità di ottenere grandi moli di informazioni dettagliate, in grado di ricostruire le connessioni esistenti tra gli allevamenti del territorio. I dati raccolti hanno inoltre evidenziato la grande eterogeneità tra gli allevamenti campionati in termini di consistenza capi e frequenza di movimentazioni di animali in ingresso e in uscita, con evidenti picchi in allevamenti bovini e suini di tipo industriale. La seconda fase dello studio ha invece mirato a raccogliere direttamente presso un campione di allevatori informazioni sulle movimentazioni di mezzi e persone non ufficialmente registrate, ma molto utili nel dettagliare le possibili dinamiche di diffusione del virus aftoso, con l’aggiunta di alcune informazioni sulla gestione della biosicurezza in allevamento (soprattutto in relazione agli ingressi di contatti indiretti) e sul livello di awareness degli allevatori nei confronti del rischio afta epizootica. Dall’analisi dei dati ricavati con i questionari spiccano gli ingressi in allevamenti di bovini da latte. In particolare, gli ingressi di automezzi per il ritiro del latte raggiungono frequenza giornaliera e risultano essere una fonte di connessione tra numerose aziende, in assenza di qualsiasi tipo di operazioni di disinfezione all’ingresso. Anche per il personale le aziende di bovini da latte risultano interessate da un maggior numero di ingressi, con figure esclusive di questa tipologia, tra cui i maniscalchi, professionisti a stretto contatto con gli animali. Tra i suini, una criticità rilevata è la presenza di più allevamenti sotto la stessa proprietà, con la conseguente condivisione di automezzi e personale, capace di influenzare profondamente le dinamiche di diffusione del virus. Altro dato su cui porre attenzione è la presenza in 6 allevamenti, 4 bovini e 2 suini, di personale dipendente che effettua viaggi in aree endemiche per afta epizootica. L’indagine sulla consapevolezza del rischio da parte degli allevatori ha infine evidenziato alcune carenze sul livello di conoscenza della malattia e dei rischi associati ad una sua reintroduzione.

Sviluppo di un protocollo di raccolta dati sulle potenziali vie di trasmissione del virus dell'afta epizootica tra allevamenti

MUÒ, STEFANO
2020/2021

Abstract

Lo studio delle possibili dinamiche di diffusione del virus aftoso tra allevamenti può permettere l’elaborazione di modelli epidemiologici in grado di simulare scenari epidemici all’interno di specifiche aree territoriali. Si tratterebbe di un valido supporto decisionale a disposizione delle Autorità Competenti in termini di razionalizzazione delle risorse in caso di interventi per il controllo di eventuali focolai in Paesi indenni come quelli membri dell’UE. L’importanza di questi strumenti è giustificata dal costante rischio di reintroduzione del virus da zone endemiche. Lo studio si è posto l’obbiettivo di sviluppare e testare su campo un metodo di raccolta dati su fattori di rischio e frequenze degli ingressi in allevamento di contatti diretti e indiretti in grado di trasmettere, sia in ingresso sia in uscita, il virus aftoso in corso di focolaio prima della sua rilevazione. La raccolta dati è preliminare allo sviluppo di un modello di simulazione di focolai adattato al territorio oggetto d’indagine, corrispondente all'ASL CN1. Nell’ottica di razionalizzare le informazioni già in possesso dei Servizi Veterinari, i dati su allevamenti e movimentazioni in ingresso e in uscita di animali vivi sono stati ottenuti tramite le funzioni di interrogazione dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica. Questa fase ha messo in evidenza la possibilità di ottenere grandi moli di informazioni dettagliate, in grado di ricostruire le connessioni esistenti tra gli allevamenti del territorio. I dati raccolti hanno inoltre evidenziato la grande eterogeneità tra gli allevamenti campionati in termini di consistenza capi e frequenza di movimentazioni di animali in ingresso e in uscita, con evidenti picchi in allevamenti bovini e suini di tipo industriale. La seconda fase dello studio ha invece mirato a raccogliere direttamente presso un campione di allevatori informazioni sulle movimentazioni di mezzi e persone non ufficialmente registrate, ma molto utili nel dettagliare le possibili dinamiche di diffusione del virus aftoso, con l’aggiunta di alcune informazioni sulla gestione della biosicurezza in allevamento (soprattutto in relazione agli ingressi di contatti indiretti) e sul livello di awareness degli allevatori nei confronti del rischio afta epizootica. Dall’analisi dei dati ricavati con i questionari spiccano gli ingressi in allevamenti di bovini da latte. In particolare, gli ingressi di automezzi per il ritiro del latte raggiungono frequenza giornaliera e risultano essere una fonte di connessione tra numerose aziende, in assenza di qualsiasi tipo di operazioni di disinfezione all’ingresso. Anche per il personale le aziende di bovini da latte risultano interessate da un maggior numero di ingressi, con figure esclusive di questa tipologia, tra cui i maniscalchi, professionisti a stretto contatto con gli animali. Tra i suini, una criticità rilevata è la presenza di più allevamenti sotto la stessa proprietà, con la conseguente condivisione di automezzi e personale, capace di influenzare profondamente le dinamiche di diffusione del virus. Altro dato su cui porre attenzione è la presenza in 6 allevamenti, 4 bovini e 2 suini, di personale dipendente che effettua viaggi in aree endemiche per afta epizootica. L’indagine sulla consapevolezza del rischio da parte degli allevatori ha infine evidenziato alcune carenze sul livello di conoscenza della malattia e dei rischi associati ad una sua reintroduzione.
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