Quanti anni sono essenziali a una società, ad uno stato o ad una nazione, per capire e per fermarsi a riflettere sugli aspetti più crudeli del proprio passato? Questa domanda è importante non solamente per il Giappone, ma per tutte le nazioni che hanno dato origine a spietate guerre nel corso del XX secolo. La responsabilità degli studiosi, in questo caso, è molto grande, soprattutto in assenza di risposte che non ci permettono di avere un quadro chiaro, o peggio ancora in presenza di verità alterate. La tesi è articolata in tre diversi capitoli che ci permettono di affrontare il susseguirsi degli eventi, attraverso la storia, le testimonianze e la memoria delle vittime cinesi e dei carnefici giapponesi. Il problema principale dei crimini commessi dagli eserciti giapponesi, prima e dopo il secondo conflitto mondiale, consiste nel non aver ricevuto la necessaria attenzione da parte della storiografia, dall’opinione pubblica e dalle varie autorità, militari e giudiziarie. Parlando del Giappone, la sua condotta inizia ad essere analizzata durante l’invasione della Manciuria nel 1931, dopo la guerra con la Cina a partire dal 1937, e durante l’inevitabile conflitto mondiale. Lo scopo, infatti, non è solamente quello di studiare gli eventi, ma spingere l‘opinione pubblica nazionale a riflettere sul proprio passato. È importante rendere noto che coloro che si sono impegnati a tutelare le vittime della guerra, hanno riscontrato molti ostacoli e a volte una totale chiusura da parte delle autorità. Uno degli aspetti più importanti, che ha dato origine ad una ferita insanabile, è rappresentata dai limiti delle punizioni contro i criminali di guerra negli anni che segnarono i vari conflitti. Tra i vari crimini, acquisiscono maggior rilievo, Il massacro di Nanchino, L’Unità 731, la nascita di una guerra batteriologica, sfruttamenti di massa, e le innumerevoli torture inflitte alle diverse popolazioni. Il Massacro di Nanchino è l’insieme di atrocità e di atti contrari al diritto internazionale umanitario, commessi dall’esercito giapponese nel corso dell’attacco e dell’occupazione di Nanchino. Il massacro comprende stupri, incendi, devastazioni, saccheggi e uccisioni di civili e militari cinesi. Le incursioni su Nanchino cominciarono il 15 agosto del 1937 e durarono fino al 13 dicembre, il giorno della caduta della città. L’occupazione fu dichiarata ufficialmente terminata il 14 febbraio dell’anno seguente, ma il massacro proseguì ancora. Possiamo affermare che si concluse soltanto quando fu costituito il Governo riformato della Repubblica Cinese. Gli studiosi giapponesi, presumono che il numero approssimativo di vittime sia all’incirca di 200 mila. Fra le vittime vanno inclusi molti soldati cinesi passati alle armi nonostante si fossero arresi. Una delle ragioni per cui il popolo cinese considera il massacro di Nanchino come il simbolo dell’invasione e delle stragi dell’esercito giapponese è che questa strage produsse moltissime vittime fra i cittadini cinesi. Questo è uno tra i più vasti genocidi perpetrati nelle città cinesi e la più grande violenza verso i cittadini cinesi commessa da parte dell’esercito giapponese. Bisogna ricordare che dopo la guerra, i processi hanno fornito agli storici materiali sufficienti per conoscere e comprendere la storia.

I CRIMINI DI GUERRA GIAPPONESI E IL PROBLEMA DELLA MEMORIA NEGLI STUDI RECENTI

SECONDINI, MARTINA
2020/2021

Abstract

Quanti anni sono essenziali a una società, ad uno stato o ad una nazione, per capire e per fermarsi a riflettere sugli aspetti più crudeli del proprio passato? Questa domanda è importante non solamente per il Giappone, ma per tutte le nazioni che hanno dato origine a spietate guerre nel corso del XX secolo. La responsabilità degli studiosi, in questo caso, è molto grande, soprattutto in assenza di risposte che non ci permettono di avere un quadro chiaro, o peggio ancora in presenza di verità alterate. La tesi è articolata in tre diversi capitoli che ci permettono di affrontare il susseguirsi degli eventi, attraverso la storia, le testimonianze e la memoria delle vittime cinesi e dei carnefici giapponesi. Il problema principale dei crimini commessi dagli eserciti giapponesi, prima e dopo il secondo conflitto mondiale, consiste nel non aver ricevuto la necessaria attenzione da parte della storiografia, dall’opinione pubblica e dalle varie autorità, militari e giudiziarie. Parlando del Giappone, la sua condotta inizia ad essere analizzata durante l’invasione della Manciuria nel 1931, dopo la guerra con la Cina a partire dal 1937, e durante l’inevitabile conflitto mondiale. Lo scopo, infatti, non è solamente quello di studiare gli eventi, ma spingere l‘opinione pubblica nazionale a riflettere sul proprio passato. È importante rendere noto che coloro che si sono impegnati a tutelare le vittime della guerra, hanno riscontrato molti ostacoli e a volte una totale chiusura da parte delle autorità. Uno degli aspetti più importanti, che ha dato origine ad una ferita insanabile, è rappresentata dai limiti delle punizioni contro i criminali di guerra negli anni che segnarono i vari conflitti. Tra i vari crimini, acquisiscono maggior rilievo, Il massacro di Nanchino, L’Unità 731, la nascita di una guerra batteriologica, sfruttamenti di massa, e le innumerevoli torture inflitte alle diverse popolazioni. Il Massacro di Nanchino è l’insieme di atrocità e di atti contrari al diritto internazionale umanitario, commessi dall’esercito giapponese nel corso dell’attacco e dell’occupazione di Nanchino. Il massacro comprende stupri, incendi, devastazioni, saccheggi e uccisioni di civili e militari cinesi. Le incursioni su Nanchino cominciarono il 15 agosto del 1937 e durarono fino al 13 dicembre, il giorno della caduta della città. L’occupazione fu dichiarata ufficialmente terminata il 14 febbraio dell’anno seguente, ma il massacro proseguì ancora. Possiamo affermare che si concluse soltanto quando fu costituito il Governo riformato della Repubblica Cinese. Gli studiosi giapponesi, presumono che il numero approssimativo di vittime sia all’incirca di 200 mila. Fra le vittime vanno inclusi molti soldati cinesi passati alle armi nonostante si fossero arresi. Una delle ragioni per cui il popolo cinese considera il massacro di Nanchino come il simbolo dell’invasione e delle stragi dell’esercito giapponese è che questa strage produsse moltissime vittime fra i cittadini cinesi. Questo è uno tra i più vasti genocidi perpetrati nelle città cinesi e la più grande violenza verso i cittadini cinesi commessa da parte dell’esercito giapponese. Bisogna ricordare che dopo la guerra, i processi hanno fornito agli storici materiali sufficienti per conoscere e comprendere la storia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/35434