L’Ocratossina A (OTA) è una micotossina rilevabile all’interno del vino o di altri alimenti (caffè, cereali, carne) quando questi sono soggetti a contaminazioni da parte di funghi del genere Aspergillus (A. Nigri, A. Circumdati) che si sviluppa in ambienti caldi con temperature di 28°C e Penicillium (P. nordicum, P. verrucosum) meno rilevante per quantità di OTA prodotta ma che prolifera in ambienti moderati o freddi. È considerata come la più tossica nel gruppo delle micotossine (anche sospetta cancerogena), presenta proprietà nefrotossiche, genotossiche, neurotossiche, teratogene ed immunotossiche e con il Reg. (CE) 123/2005, pertanto è stato imposto un limite massimo di concentrazione di 2 µg/kg all’interno dei prodotti a base di mosto d’uva con lo scopo di scongiurare eventuali danni all’organismo umano. La sua concentrazione risulta più elevata all’interno dei vini rossi a seguito della fase di macerazione ed è maggiormente presente nelle regioni meridionali dell’Europa come Spagna, Grecia e sud Italia. La presenza di OTA è fortemente influenzata da una serie di fattori critici quali temperatura, umidità e qualità del prodotto. Questi possono favorire un ambiente ideale per la proliferazione dei funghi. Per identificare le tipologie di ocratossine in laboratorio, la Commissione Europea consiglia un protocollo basato sulla cromatografia per immunoaffinità (AIC) che comprende la pulizia pre-trattamento seguita poi da HPLC con identificazione fluorescente. Per quanto riguarda la prevenzione dalle contaminazioni fungine, risulta particolarmente efficace la rimozione in vigneto dei grappoli danneggiati e poco sani oppure intervenire con trattamenti fungicidi a base di zolfo, cypronidil, perillaldeide, namaticina o fusopirone. Un’alternativa valida consiste nel controllo biologico utilizzando microorganismi antagonisti (Aureobasidium pullulans, Candida incommunis, Metschnikowia pulcherrima), pratica raccomandata per la comprovata diminuzione di OTA, utilizzabile nelle coltivazioni bio e non inquinante. In post-vendemmia è possibile adottare metodi di decontaminazione utilizzando sostanze come glucani, mannoproteine o fecce e vinacce per assorbire le micotossine e rimuoverle dal vino. Risulta molto efficace come la tecnica di mettere in contatto il vino contaminato con le vinacce (della stessa varietà d’uva). Essa registra una decrescita fino al 65% della quantità di OTA già dopo 24 ore di trattamento e non modifica i parametri dei vini trattati. È possibile detossificare anche utilizzando ceppi di lievito come S. cerevisiae e C. intermedia. Le pareti cellulari dei lieviti sono in grado di assorbire l’OTA grazie a componenti cellulari quali mannoproteine e α-D-glucani e sottrarla dal campione trattato. Anche questa è attuabile per i vini bio ma necessita di un attento controllo nella selezione del ceppo poiché, alcuni di questi, possono causare una decolorazione a seguito di un elevato assorbimento. Anche a seguito della vinificazione si può registrare un decremento fino al 92% della concentrazione di OTA a causa di una sua degradazione, trasformazione in forme differenti o con rimozioni fisiche da una fase all’altra. L’assenza di macerazione (anche parziale), la fermentazione e la stabilizzazione a freddo risultano particolarmente efficaci così come la presenza di polifenoli che reagiscono con l’OTA contribuendo alla sua diminuzione.

Contaminazioni fungine produttrici di Ocratossina A: origine, prevenzione e tecniche di riduzione in vinificazione

ALBERO, ALESSANDRO
2020/2021

Abstract

L’Ocratossina A (OTA) è una micotossina rilevabile all’interno del vino o di altri alimenti (caffè, cereali, carne) quando questi sono soggetti a contaminazioni da parte di funghi del genere Aspergillus (A. Nigri, A. Circumdati) che si sviluppa in ambienti caldi con temperature di 28°C e Penicillium (P. nordicum, P. verrucosum) meno rilevante per quantità di OTA prodotta ma che prolifera in ambienti moderati o freddi. È considerata come la più tossica nel gruppo delle micotossine (anche sospetta cancerogena), presenta proprietà nefrotossiche, genotossiche, neurotossiche, teratogene ed immunotossiche e con il Reg. (CE) 123/2005, pertanto è stato imposto un limite massimo di concentrazione di 2 µg/kg all’interno dei prodotti a base di mosto d’uva con lo scopo di scongiurare eventuali danni all’organismo umano. La sua concentrazione risulta più elevata all’interno dei vini rossi a seguito della fase di macerazione ed è maggiormente presente nelle regioni meridionali dell’Europa come Spagna, Grecia e sud Italia. La presenza di OTA è fortemente influenzata da una serie di fattori critici quali temperatura, umidità e qualità del prodotto. Questi possono favorire un ambiente ideale per la proliferazione dei funghi. Per identificare le tipologie di ocratossine in laboratorio, la Commissione Europea consiglia un protocollo basato sulla cromatografia per immunoaffinità (AIC) che comprende la pulizia pre-trattamento seguita poi da HPLC con identificazione fluorescente. Per quanto riguarda la prevenzione dalle contaminazioni fungine, risulta particolarmente efficace la rimozione in vigneto dei grappoli danneggiati e poco sani oppure intervenire con trattamenti fungicidi a base di zolfo, cypronidil, perillaldeide, namaticina o fusopirone. Un’alternativa valida consiste nel controllo biologico utilizzando microorganismi antagonisti (Aureobasidium pullulans, Candida incommunis, Metschnikowia pulcherrima), pratica raccomandata per la comprovata diminuzione di OTA, utilizzabile nelle coltivazioni bio e non inquinante. In post-vendemmia è possibile adottare metodi di decontaminazione utilizzando sostanze come glucani, mannoproteine o fecce e vinacce per assorbire le micotossine e rimuoverle dal vino. Risulta molto efficace come la tecnica di mettere in contatto il vino contaminato con le vinacce (della stessa varietà d’uva). Essa registra una decrescita fino al 65% della quantità di OTA già dopo 24 ore di trattamento e non modifica i parametri dei vini trattati. È possibile detossificare anche utilizzando ceppi di lievito come S. cerevisiae e C. intermedia. Le pareti cellulari dei lieviti sono in grado di assorbire l’OTA grazie a componenti cellulari quali mannoproteine e α-D-glucani e sottrarla dal campione trattato. Anche questa è attuabile per i vini bio ma necessita di un attento controllo nella selezione del ceppo poiché, alcuni di questi, possono causare una decolorazione a seguito di un elevato assorbimento. Anche a seguito della vinificazione si può registrare un decremento fino al 92% della concentrazione di OTA a causa di una sua degradazione, trasformazione in forme differenti o con rimozioni fisiche da una fase all’altra. L’assenza di macerazione (anche parziale), la fermentazione e la stabilizzazione a freddo risultano particolarmente efficaci così come la presenza di polifenoli che reagiscono con l’OTA contribuendo alla sua diminuzione.
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