On the occasion of the 35th International Geological Congress held in Cape Town from 27 August to 4 September 2016, it emerged that human activities have reached such a footprint that the Earth has entered a new geological era: the Anthropocene or "era of man ". The scientific community argued that human impact on natural systems had produced climatic changes similar to those generated by normal terrestrial geological processes, which occurred, however, over billions of years, a time long enough for the biosphere to adapt, without undergoing structural changes. abrupt and sudden. Man's trust in technological progress and the consequent domination over nature has its roots in history and can be symbolically started with the Industrial Revolution (1760-1840), a process characterized by a great economic and industrial progress in English society first and then in Western , based on the use of combustion machines and the exploitation of new non-renewable energy sources, fossil fuels. At the time, the dominant thought was based on the Enlightenment and Positivism, therefore, on total trust in reason and progress: according to this thought, humanity would have evolved following a linear trajectory of development, starting from a traditional subsistence economy. up to economic prosperity in an industrialized and consumer economy. Nature, in this perspective, was seen as a large inexhaustible reservoir of matter and energy, available to man and his evolution. The current climate and environmental crisis that urges a more clear and decisive solution than ever, to avoid a possible ecological and human catastrophe, is making us collide with the biophysical limits that define the planet's ability to bear human growth that becomes a year. after year unsustainable. It is now clear that unlimited economic growth, as it has been conceived up to now by liberal economic theories, is no longer sustainable or desirable, since it undermines the very foundations of life and beyond, it would not even provide that "well-being" so much praised by these theories The 1970s were crucial because for the first time we wondered to what extent the current world economic system could continue to grow in an unlimited way without undermining the functioning of the natural systems on which it is based and if it actually exists. the risk of irreversible changes leading to "catastrophe", in other words if economic growth were compatible with ecological sustainability. Fundamental in that period were the contributions of the Meadows report on "The Limits of growth", Georgescu-Roegen's theory of bioeconomy and Dely's steady-state economy. The debate, after almost 30 years of silence dominated by neoliberalism, is more relevant than ever since the effects of climate change, caused by man, are now evident to everyone, scientists and public opinion. In recent years, episodes of desertification, acidification of the oceans and melting of the ice have intensified to the point of seeking both preventive solutions, ie containment, and reparative, recovery of the damaged environment. In the current economic debate we are witnessing two opposing visions: on the one hand, the followers of the "green economy" and sustainable development who see technological progress and decoupling as the solution to the ecological problem. On the other hand, the advocates of degrowth, in particular Serge Latouche, aim at a drastic reduction in production and consumption in rich countries, therefore at a reduction in GDP, to reduce environmental pressures, since, according to the decreasing ones, an expansion infinite economy is in contrast to a finite biosphere.

In occasione del 35esimo Congresso geologico internazionale tenutosi a città del Capo dal 27 agosto al 4 settembre 2016, emerse che le attività dell’uomo sono arrivate ad una impronta tale da fare entrare la Terra in una nuova era geologica: l’Antropocene o “era dell’uomo”. La comunità scientifica sostenne che l’impatto umano sui sistemi naturali avesse prodotto alterazioni climatiche simili a quelle generate dai normali processi geologici terrestri, avvenuti, però, nel corso di miliardi di anni, tempo sufficientemente lungo affinché la biosfera possa adattarsi, senza subire cambiamenti strutturali bruschi e repentini. La fiducia dell’uomo nel progresso tecnologico e il conseguente dominio sulla natura, ha radici nella storia e si può far cominciare simbolicamente dalla Rivoluzione industriale (1760-1840), processo caratterizzato da un grande progresso economico e industriale della società inglese prima e occidentale poi, basato sull’utilizzo di macchine a combustione e lo sfruttamento di nuove fonti di energia non rinnovabili, i combustibili fossili. All’epoca il pensiero dominante si fondava sull’Illuminismo e sul Positivismo, quindi, sulla totale fiducia nella ragione e nel progresso: secondo questo pensiero l’umanità si sarebbe evoluta seguendo una traiettoria lineare di sviluppo, partendo da un’economia tradizionale di sussistenza fino a giungere alla prosperità economica in un’economia industrializzata e di consumo. La natura, in questa prospettiva, veniva vista come un grande serbatoio inesauribile di materia ed energia, a disposizione dell’uomo e della sua evoluzione. L’attuale crisi climatica e ambientale che urge una soluzione più che mai chiara e decisa, per evitare un’eventuale catastrofe ecologica e umana, ci sta facendo scontrare con i limiti biofisici che definiscono la capacità del pianeta di sopportare una crescita umana che diviene anno dopo anno insostenibile. È ormai evidente che una crescita economica illimitata, così com’è stata concepita fino ad ora dalle teorie economiche di stampo liberista, non è più sostenibile né auspicabile, poiché mina alle basi stesse della vita e non solo, non procurerebbe nemmeno quel “benessere” tanto decantato da queste teorieGli anni ’70 furono cruciali poiché per la prima volta ci si domandò fino a che punto l’attuale sistema economico mondiale poteva continuare a crescere in maniera illimitata senza minare il funzionamento dei sistemi naturali su cui si fonda e se effettivamente esiste il rischio di cambiamenti irreversibili che conducano alla “catastrofe”, in altre parole se la crescita economica fosse compatibile con la sostenibilità ecologica. Fondamentali in quel periodo furono i contributi del rapporto Meadows sui “The Limits of growth”, la teoria della bioeconomia di Georgescu-Roegen e l’economia di stato stazionario di Dely. Il dibattito, dopo quasi 30 anni di silenzio dominati dal neoliberismo, è più che mai attuale poiché gli effetti del cambiamento climatico, causato dall’uomo, sono ora evidenti a tutti, scienziati ed opinione pubblica. Negli ultimi anni episodi di desertificazione, acidificazione degli oceani e scioglimento dei ghiacci si sono intensificati tanto da cercare soluzioni sia preventive, ovvero di contenimento, sia riparative, di recupero dell’ambiente danneggiato. Nell’attuale dibattito economico assistiamo a due visioni contrapposte: da un lato i seguaci della “green economy” e dello sviluppo sostenibile che vedono nel progresso tecnologico e nel disaccoppiamento (decoupling) la soluzione al problema ecologico. Dall’altra i sostenitori della decrescita, in particolare di Serge Latouche, mirano ad una riduzione drastica della produzione e dei consumi nei paesi ricchi, quindi ad una riduzione del PIL, per ridurre le pressioni ambientali, poiché, secondo i decrescenti, un’espansione infinita dell’economica è in contrasto con una biosfera finita.

Decrescita: progetto per una società oltre i limiti dello sviluppo

SCESA, ALESSIA
2020/2021

Abstract

In occasione del 35esimo Congresso geologico internazionale tenutosi a città del Capo dal 27 agosto al 4 settembre 2016, emerse che le attività dell’uomo sono arrivate ad una impronta tale da fare entrare la Terra in una nuova era geologica: l’Antropocene o “era dell’uomo”. La comunità scientifica sostenne che l’impatto umano sui sistemi naturali avesse prodotto alterazioni climatiche simili a quelle generate dai normali processi geologici terrestri, avvenuti, però, nel corso di miliardi di anni, tempo sufficientemente lungo affinché la biosfera possa adattarsi, senza subire cambiamenti strutturali bruschi e repentini. La fiducia dell’uomo nel progresso tecnologico e il conseguente dominio sulla natura, ha radici nella storia e si può far cominciare simbolicamente dalla Rivoluzione industriale (1760-1840), processo caratterizzato da un grande progresso economico e industriale della società inglese prima e occidentale poi, basato sull’utilizzo di macchine a combustione e lo sfruttamento di nuove fonti di energia non rinnovabili, i combustibili fossili. All’epoca il pensiero dominante si fondava sull’Illuminismo e sul Positivismo, quindi, sulla totale fiducia nella ragione e nel progresso: secondo questo pensiero l’umanità si sarebbe evoluta seguendo una traiettoria lineare di sviluppo, partendo da un’economia tradizionale di sussistenza fino a giungere alla prosperità economica in un’economia industrializzata e di consumo. La natura, in questa prospettiva, veniva vista come un grande serbatoio inesauribile di materia ed energia, a disposizione dell’uomo e della sua evoluzione. L’attuale crisi climatica e ambientale che urge una soluzione più che mai chiara e decisa, per evitare un’eventuale catastrofe ecologica e umana, ci sta facendo scontrare con i limiti biofisici che definiscono la capacità del pianeta di sopportare una crescita umana che diviene anno dopo anno insostenibile. È ormai evidente che una crescita economica illimitata, così com’è stata concepita fino ad ora dalle teorie economiche di stampo liberista, non è più sostenibile né auspicabile, poiché mina alle basi stesse della vita e non solo, non procurerebbe nemmeno quel “benessere” tanto decantato da queste teorieGli anni ’70 furono cruciali poiché per la prima volta ci si domandò fino a che punto l’attuale sistema economico mondiale poteva continuare a crescere in maniera illimitata senza minare il funzionamento dei sistemi naturali su cui si fonda e se effettivamente esiste il rischio di cambiamenti irreversibili che conducano alla “catastrofe”, in altre parole se la crescita economica fosse compatibile con la sostenibilità ecologica. Fondamentali in quel periodo furono i contributi del rapporto Meadows sui “The Limits of growth”, la teoria della bioeconomia di Georgescu-Roegen e l’economia di stato stazionario di Dely. Il dibattito, dopo quasi 30 anni di silenzio dominati dal neoliberismo, è più che mai attuale poiché gli effetti del cambiamento climatico, causato dall’uomo, sono ora evidenti a tutti, scienziati ed opinione pubblica. Negli ultimi anni episodi di desertificazione, acidificazione degli oceani e scioglimento dei ghiacci si sono intensificati tanto da cercare soluzioni sia preventive, ovvero di contenimento, sia riparative, di recupero dell’ambiente danneggiato. Nell’attuale dibattito economico assistiamo a due visioni contrapposte: da un lato i seguaci della “green economy” e dello sviluppo sostenibile che vedono nel progresso tecnologico e nel disaccoppiamento (decoupling) la soluzione al problema ecologico. Dall’altra i sostenitori della decrescita, in particolare di Serge Latouche, mirano ad una riduzione drastica della produzione e dei consumi nei paesi ricchi, quindi ad una riduzione del PIL, per ridurre le pressioni ambientali, poiché, secondo i decrescenti, un’espansione infinita dell’economica è in contrasto con una biosfera finita.
ITA
On the occasion of the 35th International Geological Congress held in Cape Town from 27 August to 4 September 2016, it emerged that human activities have reached such a footprint that the Earth has entered a new geological era: the Anthropocene or "era of man ". The scientific community argued that human impact on natural systems had produced climatic changes similar to those generated by normal terrestrial geological processes, which occurred, however, over billions of years, a time long enough for the biosphere to adapt, without undergoing structural changes. abrupt and sudden. Man's trust in technological progress and the consequent domination over nature has its roots in history and can be symbolically started with the Industrial Revolution (1760-1840), a process characterized by a great economic and industrial progress in English society first and then in Western , based on the use of combustion machines and the exploitation of new non-renewable energy sources, fossil fuels. At the time, the dominant thought was based on the Enlightenment and Positivism, therefore, on total trust in reason and progress: according to this thought, humanity would have evolved following a linear trajectory of development, starting from a traditional subsistence economy. up to economic prosperity in an industrialized and consumer economy. Nature, in this perspective, was seen as a large inexhaustible reservoir of matter and energy, available to man and his evolution. The current climate and environmental crisis that urges a more clear and decisive solution than ever, to avoid a possible ecological and human catastrophe, is making us collide with the biophysical limits that define the planet's ability to bear human growth that becomes a year. after year unsustainable. It is now clear that unlimited economic growth, as it has been conceived up to now by liberal economic theories, is no longer sustainable or desirable, since it undermines the very foundations of life and beyond, it would not even provide that "well-being" so much praised by these theories The 1970s were crucial because for the first time we wondered to what extent the current world economic system could continue to grow in an unlimited way without undermining the functioning of the natural systems on which it is based and if it actually exists. the risk of irreversible changes leading to "catastrophe", in other words if economic growth were compatible with ecological sustainability. Fundamental in that period were the contributions of the Meadows report on "The Limits of growth", Georgescu-Roegen's theory of bioeconomy and Dely's steady-state economy. The debate, after almost 30 years of silence dominated by neoliberalism, is more relevant than ever since the effects of climate change, caused by man, are now evident to everyone, scientists and public opinion. In recent years, episodes of desertification, acidification of the oceans and melting of the ice have intensified to the point of seeking both preventive solutions, ie containment, and reparative, recovery of the damaged environment. In the current economic debate we are witnessing two opposing visions: on the one hand, the followers of the "green economy" and sustainable development who see technological progress and decoupling as the solution to the ecological problem. On the other hand, the advocates of degrowth, in particular Serge Latouche, aim at a drastic reduction in production and consumption in rich countries, therefore at a reduction in GDP, to reduce environmental pressures, since, according to the decreasing ones, an expansion infinite economy is in contrast to a finite biosphere.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/35129