Questa tesi si sviluppa entro il tema generale della gestazione per altri (GPA), una forma di procreazione assistita in cui la donna gestante porta avanti una gravidanza per conto di altri che saranno i genitori del nascituro. L’avvento di questa pratica fu favorita dallo sviluppo di nuove tecniche di fecondazione assistita, in particolar modo dalla tecnica della fecondazione in vitro con embryo transfer – la FIVET – grazie alla quale il 25 luglio 1978 nasce Louise Brown. La GPA ha acceso un grande dibattito circa la sua legittimità morale creando fazioni tra chi è favorevole o contrario, oppure chi ammette solo la GPA altruistica, cioè la forma che non prevede alcun compenso economico alla gestante ma viene effettuato per sola solidarietà. Il crearsi di diverse frange d’opinione sulla pratica traspare anche dalla terminologia usata per riferirsi alla nuova pratica di procreazione. Chi è contrario preferisce termini come “utero in affitto” o “madre surrogata” i quali, a loro dire, mettono in risalto l’aspetto mercantile della pratica, che dà in affitto l’utero della donna, e il carattere materno della gestazione anche quando è destinata per altri. Dall’altro canto, il termine “gestazione per altri” – GPA – è considerato essere un termine neutro che non carica l’oggetto preso in esame di un giudizio valutativo e che conferisce alla donna gestante il solo ruolo gestazionale e non materno, in quanto sono ruoli separati e divisi. La ricerca di questa tesi si è soffermata sulla posizione adottata dall’associazione ArciLesbica – composta da lesbiche italiane, nata nel dicembre del 1996 – il cui saldo rifiuto della pratica, giustificato dallo sfruttamento del corpo della donna come macchina riproduttiva alla mercé del sistema capitalista e patriarcale, ha provocato una divisione sia interna all’associazione stessa sia nella comunità LGBTQ+ italiana, fino ad allora unita in obbiettivi comuni. Tale dissenso ha stimolato la produzione di prolifici documenti congressuali e politici in cui si espongono le vedute sul tema della GPA, continuando sempre a mobilitare e a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi più a cuore della comunità LGBTQ+. L’obiettivo del presente elaborato è quello di analizzare i documenti congressuali (VI, VII e VIII) di ArciLesbica nei quali viene esposta il rifiuto della GPA, di comprendere i motivi del dissenso interno che hanno portato alla scissione di alcune socie di ArciLesbica dalla politica di ArciLesbica Nazionale e, infine, di riportare le principali critiche insorte dall’ala favorevole LGBTQ+ alla visione essenzialistica della donna relegata alla funzione dell’utero, contrastando l’equivalenza tra l’esser gestante e l’esser madre e sulla legittimità della GPA commerciale.

La posizione dell'associazione ArciLesbica sulla gestazione per altri. Esposizione delle critiche dell’ArciLesbica alla GPA e delle ragioni di dissenso interno all’associazione e alla comunità LGBTQ+ italiana

MHILLI, LINA
2020/2021

Abstract

Questa tesi si sviluppa entro il tema generale della gestazione per altri (GPA), una forma di procreazione assistita in cui la donna gestante porta avanti una gravidanza per conto di altri che saranno i genitori del nascituro. L’avvento di questa pratica fu favorita dallo sviluppo di nuove tecniche di fecondazione assistita, in particolar modo dalla tecnica della fecondazione in vitro con embryo transfer – la FIVET – grazie alla quale il 25 luglio 1978 nasce Louise Brown. La GPA ha acceso un grande dibattito circa la sua legittimità morale creando fazioni tra chi è favorevole o contrario, oppure chi ammette solo la GPA altruistica, cioè la forma che non prevede alcun compenso economico alla gestante ma viene effettuato per sola solidarietà. Il crearsi di diverse frange d’opinione sulla pratica traspare anche dalla terminologia usata per riferirsi alla nuova pratica di procreazione. Chi è contrario preferisce termini come “utero in affitto” o “madre surrogata” i quali, a loro dire, mettono in risalto l’aspetto mercantile della pratica, che dà in affitto l’utero della donna, e il carattere materno della gestazione anche quando è destinata per altri. Dall’altro canto, il termine “gestazione per altri” – GPA – è considerato essere un termine neutro che non carica l’oggetto preso in esame di un giudizio valutativo e che conferisce alla donna gestante il solo ruolo gestazionale e non materno, in quanto sono ruoli separati e divisi. La ricerca di questa tesi si è soffermata sulla posizione adottata dall’associazione ArciLesbica – composta da lesbiche italiane, nata nel dicembre del 1996 – il cui saldo rifiuto della pratica, giustificato dallo sfruttamento del corpo della donna come macchina riproduttiva alla mercé del sistema capitalista e patriarcale, ha provocato una divisione sia interna all’associazione stessa sia nella comunità LGBTQ+ italiana, fino ad allora unita in obbiettivi comuni. Tale dissenso ha stimolato la produzione di prolifici documenti congressuali e politici in cui si espongono le vedute sul tema della GPA, continuando sempre a mobilitare e a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi più a cuore della comunità LGBTQ+. L’obiettivo del presente elaborato è quello di analizzare i documenti congressuali (VI, VII e VIII) di ArciLesbica nei quali viene esposta il rifiuto della GPA, di comprendere i motivi del dissenso interno che hanno portato alla scissione di alcune socie di ArciLesbica dalla politica di ArciLesbica Nazionale e, infine, di riportare le principali critiche insorte dall’ala favorevole LGBTQ+ alla visione essenzialistica della donna relegata alla funzione dell’utero, contrastando l’equivalenza tra l’esser gestante e l’esser madre e sulla legittimità della GPA commerciale.
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