Introduction: Pregnancies achieved through Assisted Reproductive Technology (ART), and particularly through in vitro fertilization (IVF) or intracytoplasmic sperm injection (ICSI), represent an increasing proportion; among the various techniques, oocyte donation (OD) is becoming more widespread due to the rising maternal age and consequently the prevalence of infertility related to decreased ovarian reserve and oocyte quality. These pregnancies present a higher rate of certain types of complications, and for some, OD seems to represent an additional risk factor; specifically, the genetic disparity between mother and oocyte could, according to some authors, lead to certain adverse outcomes related to abnormal placental development due to reduced maternal-fetal histocompatibility. Therefore, OD pregnancies are perceived as particularly high-risk; however, although some complications appear more frequent in this subgroup of patients compared to homologous ART, there is little evidence on the actual risk of certain issues, such as those related to fetal growth. To this end, a study was conducted to determine whether OD pregnancies exhibit different fetal growth patterns compared to homologous IVF/ICSI pregnancies in terms of ultrasound-measured biometrics and birth weight. Methods: A retrospective study was conducted comparing a cohort of women with pregnancies achieved through homologous IVF/ICSI with a group of patients treated with oocyte donation, followed at the Obstetrics Department of the Mauriziano Hospital in Turin between January 2015 and February 2024. The two groups were compared regarding fetal growth, using as primary outcomes the percentiles and mean Z-scores of abdominal circumference (AC) and estimated fetal weight (EFW) measured in ultrasound examinations during pregnancy (screening at 19-21 weeks and follow-ups at 30-32 weeks and 34-36 weeks of gestational age), and birth weight (BW) compared to reference curves. Secondary outcomes included a series of adverse outcomes related to placental insufficiency, such as rates of gestational hypertension and preeclampsia, small for gestational age (SGA) fetuses, low birth weight (LBW) <2500g, and severe perinatal complications. Results: The study population included 91 homologous ART pregnancies and 67 oocyte donation pregnancies. Comparison between the two groups showed no significant differences in the mean AC values (Z score 1.2 vs 0.9, p 0.23 at 19-21 weeks for homologous ART vs OD; 0.7 vs 0.7, p 0.96 at 30-32 weeks; 0.2 vs 0.7, p 0.054 at 34-36 weeks) and EFW (Z score 0.9 vs 0.9, p 0.99 at 30-32 weeks; 0.6 vs 0.9, p 0.16 at 34-36 weeks), nor in birth weight (Z score 0.03 vs 0.13, p 0.41); similarly, there were no differences in LBW rates (3.3% vs 7.5%, p 0.29) or SGA (5.6% vs 1.6%, p 0.40), nor in the main adverse outcomes related to placental insufficiency. These data did not show an apparent negative impact of OD on fetal growth, despite this group having a higher mean maternal age (41.7 vs. 35.6 years, p 0.001). The mean value of gestational age is lower in OD (homologous ART 39.2 vs OD 38.0, p 0.06). The rate of preterm birth is higher in OD (homologous ART 3.3% vs OD 13.4% p 0.029). Conclusions: In the study population, OD pregnancies did not present an increased risk of fetal growth alterations compared to homologous ART pregnancies, nor of other related adverse outcomes; therefore, the monitoring of these pregnancies, which are more at risk for such outcomes, may not need to differ from that of homologous ART in this regard.
Introduzione. Le gravidanze ottenute mediante Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), e in particolare tramite fecondazione in vitro (IVF) o iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI) rappresentano una proporzione sempre maggiore; tra le diverse tecniche l’ovodonazione (OD) è sempre più diffusa, dato l’aumento dell’età materna e di conseguenza della prevalenza di infertilità correlata alla riduzione di riserva ovarica e qualità ovocitaria. Tali gravidanze presentano un tasso maggiore di alcuni tipi di complicanze, e per alcune l’OD sembra rappresentare un ulteriore fattore di rischio; in particolare, la diversità genetica tra madre e ovocita potrebbe, secondo alcuni Autori, determinare alcuni tipi di esiti avversi correlati ad un anomalo sviluppo della placenta correlato a una minor istocompatibilità materno-fetale. La gravidanza da OD è percepita per questo particolarmente a rischio; tuttavia, sebbene alcune complicanze appaiano più frequenti in questo sottogruppo di pazienti rispetto a una PMA con gameti omologhi, vi sono scarse evidenze sull’effettivo rischio di alcune problematiche, quali ad esempio quelle relative all’accrescimento fetale. A tale scopo, è stato condotto uno studio per verificare se le gravidanze da OD presentassero, rispetto a quelle da IVF/ICSI omologa, un diverso decorso dell’accrescimento fetale in termini di biometrie valutate ecograficamente e peso alla nascita. Metodi. È stato condotto uno studio retrospettivo che ha confrontato una coorte di donne con gravidanze ottenute mediante IVF/ICSI omologa con un gruppo di pazienti trattate con ovodonazione, seguite presso il Reparto di Ostetricia dell’Ospedale Mauriziano di Torino nel periodo tra Gennaio 2015 e Febbraio 2024. I due gruppi sono stati confrontati rispetto all’accrescimento fetale, utilizzando come outcome primari i percentili e gli Z-score medi di circonferenza addominale (AC) e peso fetale stimato (EFW) misurati negli esami ecografici effettuati in gravidanza (screening 19-21 settimane e controlli a 30-32 settimane e 34-36 settimane di età gestazionale), e quelli del peso alla nascita (BW) rispetto alle curve di riferimento. Gli outcome secondari includevano una serie di esiti avversi correlati all’insufficienza placentare, come i tassi di ipertensione gestazionale e preeclampsia, feti piccoli per età gestazionale (SGA) e di peso <2500g (LBW) e di complicanze gravi perinatali. Risultati. La popolazione dello studio includeva 91 gravidanze da PMA omologa e 67 da ovodonazione. Il confronto tra i due gruppi non ha mostrato differenze significative rispetto ai valori medi di AC (Z score 1.2 vs 0.9, p 0.23 a 19-21 settimane per PMA omologa vs OD; 0.7 vs 0.7, p 0.96 a 30-32 settimane; 0.2 vs 0.7, p 0.054 a 34-36 settimane) e di EFW (Z score 0.9 vs 0.9, p 0.99 a 30-32 settimane; 0.6 vs 0.9, p 0.16 a 34-36 settimane), né di peso alla nascita (Z score 0.03 vs 0.13, p 0.41); allo stesso modo, non vi erano differenze nei tassi di LBW (3.3% vs 7.5%, p 0.29) o SGA (5.6% vs 1.6%, p 0.40), né dei principali esiti avversi correlati all’insufficienza placentare. Tali dati non mostravano pertanto un apparente impatto negativo della OD sulla crescita fetale, nonostante tale gruppo avesse un’età media materna maggiore (41.7 vs. 35.6 anni, p 0.001). La media di età gestazionale risulta di una settimana minore nelle OD (PMA omologa 39.2 vs. OD 38.0, p 0.06). Il tasso di parto pretermine è maggiore nel gruppo dell’ovodonazione (PMA omologa 3.3% vs 13.4%, p 0.029). Conclusioni. Nella popolazione oggetto di studio le gravidanze da OD non hanno presentato un aumentato rischio di alterazioni della crescita fetale rispetto a quelle da PMA omologa, né di altri esiti avversi correlati; il monitoraggio di tali gravidanze, più a rischio di tali outcome, potrebbe essere pertanto non differente da quello di una PMA omologa sotto questo aspetto.
La crescita fetale nelle gravidanze ottenute tramite procreazione medicalmente assistita: confronto tra tecniche omologhe ed eterologhe
GALANTE, GIORGIA
2023/2024
Abstract
Introduzione. Le gravidanze ottenute mediante Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), e in particolare tramite fecondazione in vitro (IVF) o iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI) rappresentano una proporzione sempre maggiore; tra le diverse tecniche l’ovodonazione (OD) è sempre più diffusa, dato l’aumento dell’età materna e di conseguenza della prevalenza di infertilità correlata alla riduzione di riserva ovarica e qualità ovocitaria. Tali gravidanze presentano un tasso maggiore di alcuni tipi di complicanze, e per alcune l’OD sembra rappresentare un ulteriore fattore di rischio; in particolare, la diversità genetica tra madre e ovocita potrebbe, secondo alcuni Autori, determinare alcuni tipi di esiti avversi correlati ad un anomalo sviluppo della placenta correlato a una minor istocompatibilità materno-fetale. La gravidanza da OD è percepita per questo particolarmente a rischio; tuttavia, sebbene alcune complicanze appaiano più frequenti in questo sottogruppo di pazienti rispetto a una PMA con gameti omologhi, vi sono scarse evidenze sull’effettivo rischio di alcune problematiche, quali ad esempio quelle relative all’accrescimento fetale. A tale scopo, è stato condotto uno studio per verificare se le gravidanze da OD presentassero, rispetto a quelle da IVF/ICSI omologa, un diverso decorso dell’accrescimento fetale in termini di biometrie valutate ecograficamente e peso alla nascita. Metodi. È stato condotto uno studio retrospettivo che ha confrontato una coorte di donne con gravidanze ottenute mediante IVF/ICSI omologa con un gruppo di pazienti trattate con ovodonazione, seguite presso il Reparto di Ostetricia dell’Ospedale Mauriziano di Torino nel periodo tra Gennaio 2015 e Febbraio 2024. I due gruppi sono stati confrontati rispetto all’accrescimento fetale, utilizzando come outcome primari i percentili e gli Z-score medi di circonferenza addominale (AC) e peso fetale stimato (EFW) misurati negli esami ecografici effettuati in gravidanza (screening 19-21 settimane e controlli a 30-32 settimane e 34-36 settimane di età gestazionale), e quelli del peso alla nascita (BW) rispetto alle curve di riferimento. Gli outcome secondari includevano una serie di esiti avversi correlati all’insufficienza placentare, come i tassi di ipertensione gestazionale e preeclampsia, feti piccoli per età gestazionale (SGA) e di peso <2500g (LBW) e di complicanze gravi perinatali. Risultati. La popolazione dello studio includeva 91 gravidanze da PMA omologa e 67 da ovodonazione. Il confronto tra i due gruppi non ha mostrato differenze significative rispetto ai valori medi di AC (Z score 1.2 vs 0.9, p 0.23 a 19-21 settimane per PMA omologa vs OD; 0.7 vs 0.7, p 0.96 a 30-32 settimane; 0.2 vs 0.7, p 0.054 a 34-36 settimane) e di EFW (Z score 0.9 vs 0.9, p 0.99 a 30-32 settimane; 0.6 vs 0.9, p 0.16 a 34-36 settimane), né di peso alla nascita (Z score 0.03 vs 0.13, p 0.41); allo stesso modo, non vi erano differenze nei tassi di LBW (3.3% vs 7.5%, p 0.29) o SGA (5.6% vs 1.6%, p 0.40), né dei principali esiti avversi correlati all’insufficienza placentare. Tali dati non mostravano pertanto un apparente impatto negativo della OD sulla crescita fetale, nonostante tale gruppo avesse un’età media materna maggiore (41.7 vs. 35.6 anni, p 0.001). La media di età gestazionale risulta di una settimana minore nelle OD (PMA omologa 39.2 vs. OD 38.0, p 0.06). Il tasso di parto pretermine è maggiore nel gruppo dell’ovodonazione (PMA omologa 3.3% vs 13.4%, p 0.029). Conclusioni. Nella popolazione oggetto di studio le gravidanze da OD non hanno presentato un aumentato rischio di alterazioni della crescita fetale rispetto a quelle da PMA omologa, né di altri esiti avversi correlati; il monitoraggio di tali gravidanze, più a rischio di tali outcome, potrebbe essere pertanto non differente da quello di una PMA omologa sotto questo aspetto.File | Dimensione | Formato | |
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