In questo elaborato ho voluto ricostruire parte del dibattito sui limiti della scienza, scaturito dalla conferenza Sui confini della conoscenza della natura tenuta da Emil Du Bois-Reymond il 14 agosto 1872, presso la 45° Assemblea dei naturalisti e dei medici tedeschi a Lipsia, e seguito da un altro discorso chiarificatore dal titolo I sette enigmi del mondo, pronunciato nel 1880 all’Accademia delle scienze di Berlino. Le posizioni espresse in queste due occasioni – con particolare attenzione per il limite relativo alla possibilità di conoscere la coscienza a partire dalle sue condizioni materiali – sono state, quindi, inserite all’interno del contesto filosofico-scientifico tedesco della seconda metà dell’Ottocento, caratterizzato da un lato dall’affermarsi della scienza nel mondo intellettuale, dall’altro dalla conseguente diffusione di una metafisica materialista che intendeva lottare contro ogni forma di oscurantismo e soprannaturalismo. Infine, in merito al cosiddetto Ignorabimusstreit, ho posto l’attenzione sulle risposte ricevute non solo da vari esponenti del materialismo, ma anche da diversi filosofi, legati in forme diverse alla filosofia neokantiana, centrale nel mondo intellettuale di fine secolo. Il primo capitolo si apre con uno sguardo generale sulla situazione scientifica dell’Ottocento in Germania, sviluppatasi soprattutto all’interno del mondo accademico a partire dal processo di riforma universitaria. Questo, incentivando l’attività di ricerca dei docenti, favorì la nascita di laboratori scientifici, tra cui quelli di Justus von Liebig e di Johannes Peter Müller, in cui si formarono gli scienziati più illustri della generazione successiva. Nel laboratorio di Liebig emerse la figura di Carl Vogt, protagonista – insieme a Ludwig Büchner e Jacob Moleschott – della disputa sul materialismo. Questi scienziati si impegnarono, infatti, a diffondere una visione del mondo meccanicistica, che intendeva ridurre ogni fenomeno ad un principio materiale, compreso il pensiero, destando le critiche di moltissimi scienziati e pensatori del tempo, ancora legati ad una visione più idealista e vitalista della realtà. Nel 1872, quando le idee materialiste erano ancora piuttosto forti, il fisiologo Emil Du Bois-Reymond tenne il suo discorso Sui Confini della conoscenza della natura, che può essere letto anche come contributo alla disputa ancora in corso, sebbene aprì a sua volta un nuovo dibattito che non si concluse prima dell’alba del nuovo secolo. le sue prese di posizione circa l’impossibilità di conoscere l’essenza ultima della materia e della forza e la natura della coscienza – analizzate nel secondo capitolo dell’elaborato – destarono, infatti, un grande clamore nel mondo intellettuale tedesco. Nel terzo capitolo, quindi, ho ripreso le principali reazioni ai discorsi del fisiologo berlinese, a partire da quelle dei materialisti, che si prodigarono per affermare l’illimitata capacità conoscitiva dell’essere umano, fino a quelle di alcuni grandi esponenti del neokantismo: Lange, che si appoggiava agli enigmi individuati da Du Bois-Reymond per arginare le pretese dei materialisti, e Dilthey e Rickert, che intendevano discutere criticamente le tesi esposte nei discorsi, nel tentativo di colmare gli spazi che la scienza della natura non riesce a raggiungere, affermando, in tal senso, l’importanza della conoscenza storica, più adeguata a cogliere l’individuale e l’irrazionale.

L'enigma della coscienza. Emil Du Bois-Reymond tra materialisti e neokantiani.

STUPPI, LETIZIA
2019/2020

Abstract

In questo elaborato ho voluto ricostruire parte del dibattito sui limiti della scienza, scaturito dalla conferenza Sui confini della conoscenza della natura tenuta da Emil Du Bois-Reymond il 14 agosto 1872, presso la 45° Assemblea dei naturalisti e dei medici tedeschi a Lipsia, e seguito da un altro discorso chiarificatore dal titolo I sette enigmi del mondo, pronunciato nel 1880 all’Accademia delle scienze di Berlino. Le posizioni espresse in queste due occasioni – con particolare attenzione per il limite relativo alla possibilità di conoscere la coscienza a partire dalle sue condizioni materiali – sono state, quindi, inserite all’interno del contesto filosofico-scientifico tedesco della seconda metà dell’Ottocento, caratterizzato da un lato dall’affermarsi della scienza nel mondo intellettuale, dall’altro dalla conseguente diffusione di una metafisica materialista che intendeva lottare contro ogni forma di oscurantismo e soprannaturalismo. Infine, in merito al cosiddetto Ignorabimusstreit, ho posto l’attenzione sulle risposte ricevute non solo da vari esponenti del materialismo, ma anche da diversi filosofi, legati in forme diverse alla filosofia neokantiana, centrale nel mondo intellettuale di fine secolo. Il primo capitolo si apre con uno sguardo generale sulla situazione scientifica dell’Ottocento in Germania, sviluppatasi soprattutto all’interno del mondo accademico a partire dal processo di riforma universitaria. Questo, incentivando l’attività di ricerca dei docenti, favorì la nascita di laboratori scientifici, tra cui quelli di Justus von Liebig e di Johannes Peter Müller, in cui si formarono gli scienziati più illustri della generazione successiva. Nel laboratorio di Liebig emerse la figura di Carl Vogt, protagonista – insieme a Ludwig Büchner e Jacob Moleschott – della disputa sul materialismo. Questi scienziati si impegnarono, infatti, a diffondere una visione del mondo meccanicistica, che intendeva ridurre ogni fenomeno ad un principio materiale, compreso il pensiero, destando le critiche di moltissimi scienziati e pensatori del tempo, ancora legati ad una visione più idealista e vitalista della realtà. Nel 1872, quando le idee materialiste erano ancora piuttosto forti, il fisiologo Emil Du Bois-Reymond tenne il suo discorso Sui Confini della conoscenza della natura, che può essere letto anche come contributo alla disputa ancora in corso, sebbene aprì a sua volta un nuovo dibattito che non si concluse prima dell’alba del nuovo secolo. le sue prese di posizione circa l’impossibilità di conoscere l’essenza ultima della materia e della forza e la natura della coscienza – analizzate nel secondo capitolo dell’elaborato – destarono, infatti, un grande clamore nel mondo intellettuale tedesco. Nel terzo capitolo, quindi, ho ripreso le principali reazioni ai discorsi del fisiologo berlinese, a partire da quelle dei materialisti, che si prodigarono per affermare l’illimitata capacità conoscitiva dell’essere umano, fino a quelle di alcuni grandi esponenti del neokantismo: Lange, che si appoggiava agli enigmi individuati da Du Bois-Reymond per arginare le pretese dei materialisti, e Dilthey e Rickert, che intendevano discutere criticamente le tesi esposte nei discorsi, nel tentativo di colmare gli spazi che la scienza della natura non riesce a raggiungere, affermando, in tal senso, l’importanza della conoscenza storica, più adeguata a cogliere l’individuale e l’irrazionale.
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