Negli anni Settanta nella nostra società era radicato un concetto di lavoro semplice, standardizzato e per certi versi vincolante, che non consentiva alle aziende di ottenere risultati considerevoli nella produttività e di conseguenza nei prodotti che venivano messi sul mercato. La rigidità del mercato del lavoro non penalizzava solo le aziende ma di rimando anche i lavoratori stessi che venivano coinvolti in un meccanismo che impediva loro di crescere e di implementare altre conoscenze, oltre quelle già abbondantemente acquisite: si fa largo nel mercato del lavoro il concetto di deregolamentazione. Tale fenomeno si pone come duplice obiettivo rendere flessibile un mercato del lavoro ingessato e diminuire i vincoli fino ad allora vigenti. I suoi principi rivoluzionari modificheranno le logiche dell’economia. La deregolamentazione nel corso degli anni ha generato una serie di dibattiti sui reali benefici di questa manovra. Nella prima parte di questa trattazione verrà descritta l’origine della deregolamentazione e le sue principali caratteristiche. Nella seconda parte verranno approfondite le conseguenze sulla stabilità e quindi sul potere contrattuale delle categorie considerate più deboli della nostra comunità, ovvero le donne e i giovani. Si cercherà di comprendere se nell’effettivo le riforme effettuate, al fine di creare maggiore occupazione, hanno realmente raggiunto il loro scopo. Si procederà poi con un’analisi del cambiamento del mercato del lavoro, soprattutto quello giovanile e femminile, durante la pandemia del 2020, che ha inevitabilmente influito e condizionato le logiche e le dinamiche dell’occupazione. Evidenziata la radice del problema, al termine dell’elaborato, si procederà con la descrizione di alcune politiche di miglioramento attuabili per garantire una maggiore quantità e qualità dell’occupazione, senza dover rinunciare ad un mercato del lavoro concorrenziale e in continua crescita.
LE CONSEGUENZE MACROECONOMICHE DELLA DEREGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO IN ITALIA
D'ANGELO, LUCREZIA
2020/2021
Abstract
Negli anni Settanta nella nostra società era radicato un concetto di lavoro semplice, standardizzato e per certi versi vincolante, che non consentiva alle aziende di ottenere risultati considerevoli nella produttività e di conseguenza nei prodotti che venivano messi sul mercato. La rigidità del mercato del lavoro non penalizzava solo le aziende ma di rimando anche i lavoratori stessi che venivano coinvolti in un meccanismo che impediva loro di crescere e di implementare altre conoscenze, oltre quelle già abbondantemente acquisite: si fa largo nel mercato del lavoro il concetto di deregolamentazione. Tale fenomeno si pone come duplice obiettivo rendere flessibile un mercato del lavoro ingessato e diminuire i vincoli fino ad allora vigenti. I suoi principi rivoluzionari modificheranno le logiche dell’economia. La deregolamentazione nel corso degli anni ha generato una serie di dibattiti sui reali benefici di questa manovra. Nella prima parte di questa trattazione verrà descritta l’origine della deregolamentazione e le sue principali caratteristiche. Nella seconda parte verranno approfondite le conseguenze sulla stabilità e quindi sul potere contrattuale delle categorie considerate più deboli della nostra comunità, ovvero le donne e i giovani. Si cercherà di comprendere se nell’effettivo le riforme effettuate, al fine di creare maggiore occupazione, hanno realmente raggiunto il loro scopo. Si procederà poi con un’analisi del cambiamento del mercato del lavoro, soprattutto quello giovanile e femminile, durante la pandemia del 2020, che ha inevitabilmente influito e condizionato le logiche e le dinamiche dell’occupazione. Evidenziata la radice del problema, al termine dell’elaborato, si procederà con la descrizione di alcune politiche di miglioramento attuabili per garantire una maggiore quantità e qualità dell’occupazione, senza dover rinunciare ad un mercato del lavoro concorrenziale e in continua crescita.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/34474