La presente tesi di laurea analizza la questione della lacerazione identitaria nel primo romanzo di Albert Memmi, “La statue de sel” (1953). Il frangente storico è inerente agli ultimi anni della colonizzazione francese nell’Africa del Nord, dove il protagonista nasce ebreo tunisino, ma acquisisce un’istruzione occidentale. Dal carattere giovanile e autobiografico dell’opera è emersa una tensione identitaria del protagonista-autore, il quale fatica a bilanciare le forze oppositive della propria multidimensionalità. Il lavoro di tesi procede lungo i punti di rottura della maglia identitaria, dove si rileva una compresenza dei sentimenti di appartenenza e alienazione, risultanti poi nella lacerazione. L’analisi è scandita da puntuali confronti con autori europei sui temi dell’appartenenza alla terra, alla struttura sociale, alla storia e alla lingua. Il primo confronto con “Sel de la mer” (1936) di Gabriel Audisio mette in luce il valore mediterraneo delle spiagge tunisine, sul confine fra oriente e occidente. La teoria di Pierre Bourdieu (1972), invece, propone una rilettura sociologica del romanzo alla luce dei concetti bourdiesiani di campo, habitus e delle tipologie di capitale compresenti in Memmi. Procedendo verso il macroscopico, la Storia mondiale rende il protagonista partecipe della guerra e dei campi di lavoro tedeschi in Tunisia, la cui condizione limite trova un parallelo nelle testimonianze di Primo Levi e Jorge Semprùn. Infine, il pensiero di Jaques Derrida (1996) si applica a Memmi per il bilinguismo arabo-francese, nell’idea che l’uomo non possegga mai effettivamente le lingue che la parla. L’approccio comparatistico vuole dimostrare la posizione liminale del giovane intellettuale Albert Memmi nel romanzo, fra quel ‘non essere più’ e ‘non essere ancora’ che anima i suoi sforzi identitari.
Il confine fra appartenenza e alienazione ne "La statue de sel" di Albert Memmi
GIUDICI, VALERIA
2020/2021
Abstract
La presente tesi di laurea analizza la questione della lacerazione identitaria nel primo romanzo di Albert Memmi, “La statue de sel” (1953). Il frangente storico è inerente agli ultimi anni della colonizzazione francese nell’Africa del Nord, dove il protagonista nasce ebreo tunisino, ma acquisisce un’istruzione occidentale. Dal carattere giovanile e autobiografico dell’opera è emersa una tensione identitaria del protagonista-autore, il quale fatica a bilanciare le forze oppositive della propria multidimensionalità. Il lavoro di tesi procede lungo i punti di rottura della maglia identitaria, dove si rileva una compresenza dei sentimenti di appartenenza e alienazione, risultanti poi nella lacerazione. L’analisi è scandita da puntuali confronti con autori europei sui temi dell’appartenenza alla terra, alla struttura sociale, alla storia e alla lingua. Il primo confronto con “Sel de la mer” (1936) di Gabriel Audisio mette in luce il valore mediterraneo delle spiagge tunisine, sul confine fra oriente e occidente. La teoria di Pierre Bourdieu (1972), invece, propone una rilettura sociologica del romanzo alla luce dei concetti bourdiesiani di campo, habitus e delle tipologie di capitale compresenti in Memmi. Procedendo verso il macroscopico, la Storia mondiale rende il protagonista partecipe della guerra e dei campi di lavoro tedeschi in Tunisia, la cui condizione limite trova un parallelo nelle testimonianze di Primo Levi e Jorge Semprùn. Infine, il pensiero di Jaques Derrida (1996) si applica a Memmi per il bilinguismo arabo-francese, nell’idea che l’uomo non possegga mai effettivamente le lingue che la parla. L’approccio comparatistico vuole dimostrare la posizione liminale del giovane intellettuale Albert Memmi nel romanzo, fra quel ‘non essere più’ e ‘non essere ancora’ che anima i suoi sforzi identitari.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/34208