Le donne conducono le loro vite all’interno di strutture sociali, culturali e istituzionali permeate dal sessismo: data la sua pervasività, non dovrebbe stupire che finiscano con l’interiorizzare credenze e comportamenti di natura misogina che, in ultimo, le colpevolizzano per la loro condizione di oppressione. Questo rischia di renderle, tipicamente in modo inconsapevole, complici del processo di perpetuazione delle discriminazioni di genere; un processo che appare controintuitivo, specialmente se si pensa che le donne, complessivamente, traggono ben pochi vantaggi dalla distribuzione del potere e delle libertà determinata dagli assetti sociali esistenti. Per fare chiarezza sulle reali cause di tale complicità, il presente elaborato passa in rassegna la letteratura psicosociale sulla diffusione del sessismo nella società e sulla misoginia interiorizzata, una delle manifestazioni più subdole e al contempo più centrali del sessismo. La ricerca suggerisce che le motivazioni che possono spingere una donna a provare atteggiamenti di avversione e ostilità nei confronti del suo stesso ingroup siano di natura palliativa. Infatti, razionalizzare le disuguaglianze di genere con credenze complementari di sessismo ostile e benevolo, in accordo con la Teoria della Giustificazione del Sistema (Jost & Banaji, 1994), funzionerebbe come un “cuscinetto” ideologico-cognitivo che protegge dalla percezione del carattere sistemico delle ingiustizie sociali. In questo modo è possibile ridurre ansia, sconforto, dissonanza e minacce esistenziali e mantenere relazioni interpersonali preziose. Secondo Jost e Banaji, chiunque – sia chi viene oppresso che chi non lo è – è motivato a percepire l’organizzazione socioculturale ed economico-politica vigente come giusta, naturale, inevitabile e persino desiderabile. Essendo in grado di alleviare i sintomi di stress legati al fronteggiamento dello stressor (ossia il sessismo), ma portando, nel lungo termine, a un suo consolidamento, l’interiorizzazione della misoginia viene delineata come un meccanismo di coping disadattivo a cui diverse donne fanno ricorso per tentare di fare fronte all’oppressione di genere. Oltre che inibire gravemente il cambiamento sociale, i risultati ottenuti dalla ricerca dimostrano che tale strategia è associata alla presenza di numerosi disagi psicologici e rischiose abitudini di vita che minano ulteriormente le condizioni di vita delle donne. Tuttavia, la condanna a interiorizzare la misoginia (e il sessismo) non è affatto definitiva. A questo proposito, lo sviluppo di un’identità femminista e la promozione di un senso di autostima e competenza nelle donne vengono proposti come fattori protettivi che permetterebbero di fronteggiare il sessismo in maniera adattiva e di difendersi dall’interiorizzazione di contenuti che promuovono l’oppressione di genere.

Donne che odiano le donne: l'interiorizzazione della misoginia come coping disadattivo che promuove l'oppressione di genere

MEDDA, ELENA
2020/2021

Abstract

Le donne conducono le loro vite all’interno di strutture sociali, culturali e istituzionali permeate dal sessismo: data la sua pervasività, non dovrebbe stupire che finiscano con l’interiorizzare credenze e comportamenti di natura misogina che, in ultimo, le colpevolizzano per la loro condizione di oppressione. Questo rischia di renderle, tipicamente in modo inconsapevole, complici del processo di perpetuazione delle discriminazioni di genere; un processo che appare controintuitivo, specialmente se si pensa che le donne, complessivamente, traggono ben pochi vantaggi dalla distribuzione del potere e delle libertà determinata dagli assetti sociali esistenti. Per fare chiarezza sulle reali cause di tale complicità, il presente elaborato passa in rassegna la letteratura psicosociale sulla diffusione del sessismo nella società e sulla misoginia interiorizzata, una delle manifestazioni più subdole e al contempo più centrali del sessismo. La ricerca suggerisce che le motivazioni che possono spingere una donna a provare atteggiamenti di avversione e ostilità nei confronti del suo stesso ingroup siano di natura palliativa. Infatti, razionalizzare le disuguaglianze di genere con credenze complementari di sessismo ostile e benevolo, in accordo con la Teoria della Giustificazione del Sistema (Jost & Banaji, 1994), funzionerebbe come un “cuscinetto” ideologico-cognitivo che protegge dalla percezione del carattere sistemico delle ingiustizie sociali. In questo modo è possibile ridurre ansia, sconforto, dissonanza e minacce esistenziali e mantenere relazioni interpersonali preziose. Secondo Jost e Banaji, chiunque – sia chi viene oppresso che chi non lo è – è motivato a percepire l’organizzazione socioculturale ed economico-politica vigente come giusta, naturale, inevitabile e persino desiderabile. Essendo in grado di alleviare i sintomi di stress legati al fronteggiamento dello stressor (ossia il sessismo), ma portando, nel lungo termine, a un suo consolidamento, l’interiorizzazione della misoginia viene delineata come un meccanismo di coping disadattivo a cui diverse donne fanno ricorso per tentare di fare fronte all’oppressione di genere. Oltre che inibire gravemente il cambiamento sociale, i risultati ottenuti dalla ricerca dimostrano che tale strategia è associata alla presenza di numerosi disagi psicologici e rischiose abitudini di vita che minano ulteriormente le condizioni di vita delle donne. Tuttavia, la condanna a interiorizzare la misoginia (e il sessismo) non è affatto definitiva. A questo proposito, lo sviluppo di un’identità femminista e la promozione di un senso di autostima e competenza nelle donne vengono proposti come fattori protettivi che permetterebbero di fronteggiare il sessismo in maniera adattiva e di difendersi dall’interiorizzazione di contenuti che promuovono l’oppressione di genere.
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