L’inquinamento atmosferico è la principale causa ambientale di malattia e morte prematura: esso determina, infatti, il 16% dei decessi globali, con 4,2 milioni di morti l’anno, di cui 790.000 solo in Europa. In questa tesi ho voluto analizzare gli effetti genotossici indotti dall’esposizione al principale composto responsabile di tali decessi, vale a dire il particolato atmosferico (PM). La correlazione tra esposizione a PM10 e PM2.5 e lo sviluppo o l’aggravamento di malattie metaboliche, infettive e tumorali, ed una maggiore suscettibilità alle infezioni virali è stata dimostrata da più studi. È, infatti, noto che il PM può adsorbire sulla propria superficie altre sostanze citotossiche, i cosiddetti microinquinanti, veicolandoli in tal modo nell’organismo esposto. Nello specifico, ho approfondito l’aspetto genotossicologico, focalizzando l’attenzione sui dati relativi all’inquinamento da PM nell’area urbana di Torino, che, come noto, è sita in un’area, la Pianura Padana, con caratteristiche orografiche tali da favorire il ristagno degli inquinanti in prossimità del suolo. Ho analizzato due studi condotti da Santovito e collaboratori nel 2020, nei quali gli autori hanno utilizzato il saggio dei micronuclei (MNi) per valutare, in vivo, i livelli di frequenza dei MNi in linfociti di soggetti residenti in Torino, e, in vitro, su linfociti umani, il danno genomico indotto da differenti concentrazioni di PM2.5 campionato nel centro urbano della città. I micronuclei sono biomarcatori di eventi genotossici e di instabilità cromosomica e l’aumento della loro frequenza è principalmente correlato a difetti nel meccanismo di riparo del danno. I risultati del lavoro in vivo hanno messo in evidenza una frequenza di MNi significativamente più elevata nel campione di Torino rispetto a quella osservata in campioni appartenenti ad altre città italiane ed europee. Questo dato, come spiegato dagli Autori, sembra essere dovuto, oltre che a fattori di tipo geografico, anche all’intensa attività industriale, all’aumento del numero di autovetture e all’elevato inquinamento atmosferico da PM (2 μg/m3 per il PM10 e 5 μg/m3 per il PM2,5 oltre i limiti stabiliti dalla legge italiana per l’anno di campionamento) che caratterizza il tessuto urbano di questa città. I risultati in vitro hanno, invece, mostrato una correlazione statisticamente significativa tra l’incremento della frequenza di MNi e le concentrazioni testate di PM2.5, anche ai valori soglia di 25 μg/m3 e di 10 μg/m3 stabiliti, rispettivamente, dalle linee guida Europee e da quelle dell’OMS.

Micronuclei come biomarcatori di effetto per la valutazione degli effetti genotossici indotti dall’esposizione a PM10 e PM2.5.

NIGRETTI, ANGIOLINA AGOSTINOVNA
2020/2021

Abstract

L’inquinamento atmosferico è la principale causa ambientale di malattia e morte prematura: esso determina, infatti, il 16% dei decessi globali, con 4,2 milioni di morti l’anno, di cui 790.000 solo in Europa. In questa tesi ho voluto analizzare gli effetti genotossici indotti dall’esposizione al principale composto responsabile di tali decessi, vale a dire il particolato atmosferico (PM). La correlazione tra esposizione a PM10 e PM2.5 e lo sviluppo o l’aggravamento di malattie metaboliche, infettive e tumorali, ed una maggiore suscettibilità alle infezioni virali è stata dimostrata da più studi. È, infatti, noto che il PM può adsorbire sulla propria superficie altre sostanze citotossiche, i cosiddetti microinquinanti, veicolandoli in tal modo nell’organismo esposto. Nello specifico, ho approfondito l’aspetto genotossicologico, focalizzando l’attenzione sui dati relativi all’inquinamento da PM nell’area urbana di Torino, che, come noto, è sita in un’area, la Pianura Padana, con caratteristiche orografiche tali da favorire il ristagno degli inquinanti in prossimità del suolo. Ho analizzato due studi condotti da Santovito e collaboratori nel 2020, nei quali gli autori hanno utilizzato il saggio dei micronuclei (MNi) per valutare, in vivo, i livelli di frequenza dei MNi in linfociti di soggetti residenti in Torino, e, in vitro, su linfociti umani, il danno genomico indotto da differenti concentrazioni di PM2.5 campionato nel centro urbano della città. I micronuclei sono biomarcatori di eventi genotossici e di instabilità cromosomica e l’aumento della loro frequenza è principalmente correlato a difetti nel meccanismo di riparo del danno. I risultati del lavoro in vivo hanno messo in evidenza una frequenza di MNi significativamente più elevata nel campione di Torino rispetto a quella osservata in campioni appartenenti ad altre città italiane ed europee. Questo dato, come spiegato dagli Autori, sembra essere dovuto, oltre che a fattori di tipo geografico, anche all’intensa attività industriale, all’aumento del numero di autovetture e all’elevato inquinamento atmosferico da PM (2 μg/m3 per il PM10 e 5 μg/m3 per il PM2,5 oltre i limiti stabiliti dalla legge italiana per l’anno di campionamento) che caratterizza il tessuto urbano di questa città. I risultati in vitro hanno, invece, mostrato una correlazione statisticamente significativa tra l’incremento della frequenza di MNi e le concentrazioni testate di PM2.5, anche ai valori soglia di 25 μg/m3 e di 10 μg/m3 stabiliti, rispettivamente, dalle linee guida Europee e da quelle dell’OMS.
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