This thesis is a "walk" between the paths covered by the question "which death?". Analyzing, first of all, the thanatological theories, the theatrical anthropology ones and Performance Studies developed to date, as well as the approaches of the School of Semiotics of Tartu, it’s being developed the analysis of the staging of death in Henrik Ibsen's play "Ghosts". This drama is used as a case study, as it is able, in its various realizations dislocated over time and, in part, in space, to give new light to elements typical of the representation of death over time. The question lies between 1890 (the first performance of the opera in France) and 2017 (staging of the opera directed by Leonardo Lidi at the Venice Biennale), focusing on the directorial choices, on all the physical elements of the representation and, above all, on the figure of the characters of Osvald and Helene. On stage, which is then a reflection of social life, do people die differently at the end of the 19th century than at present? What does the audience look for in the staging of death? Do directors make different choices depending on the culture and historical period in which they live and in which they relate to actors, audiences and critics? It is a real journey that leads to the heart of a bricolage of images and symbols that relate to the viewer and his culture of reference. The longing is that this path can lead at least to a "first kiss" with theatrical and cultural semiotics in a thanatological key, admitting that "there is nothing to say about death".

Questi tesi è una “passeggiata” tra i sentieri percorsi dalla domanda “quale morte?”. Analizzando dapprima le teorie tanatologiche, di antropologia teatrale e dei performance studies sviluppatisi fino ad oggi, oltre che gli approcci della Scuola di Semiotica di Tartu, ci si sofferma sull’analisi della messa in scena della morte nell’opera di Henrik Ibsen “Spettri”. Questo dramma viene utilizzato come caso di studio, in quanto è in grado, nelle sue varie realizzazioni dislocate nel tempo e, in parte, nello spazio, di dare nuova luce ad elementi tipici della rappresentazione della morte nel corso del tempo. La questione si situa tra il 1890 (prima rappresentazione dell’opera in Francia) e il 2017 (messa in scena dell’opera con la regia di Leonardo Lidi alla Biennale di Venezia), concentrandosi sulle scelte registiche, su tutti gli elementi fisici della rappresentazione e, soprattutto, sulla figura dei personaggi di Osvald ed Helene. In scena, che poi è il riflesso della vita sociale, si muore diversamente alla fine del XIX secolo rispetto ad oggi? Il pubblico cosa ricerca nella messa in scena della morte? I registi operano scelte differenti a seconda della cultura e del periodo storico in cui vivono e in cui si relazionano con attori, platea e critici? Si tratta di un vero e proprio viaggio che conduce al cuore di un bricolage di immagini e simboli che si relazionano con lo spettatore e con la sua cultura di riferimento. L’anelito è che questo percorso possa portare almeno ad un “primo bacio” con la semiotica teatrale e culturale in chiave tanatologica, ammettendo che “non c’è nulla da dire sulla morte”.

Quale morte? Tesi per una semiotica del teatro in chiave tanatologica

LANDO, CARLOTTA
2020/2021

Abstract

Questi tesi è una “passeggiata” tra i sentieri percorsi dalla domanda “quale morte?”. Analizzando dapprima le teorie tanatologiche, di antropologia teatrale e dei performance studies sviluppatisi fino ad oggi, oltre che gli approcci della Scuola di Semiotica di Tartu, ci si sofferma sull’analisi della messa in scena della morte nell’opera di Henrik Ibsen “Spettri”. Questo dramma viene utilizzato come caso di studio, in quanto è in grado, nelle sue varie realizzazioni dislocate nel tempo e, in parte, nello spazio, di dare nuova luce ad elementi tipici della rappresentazione della morte nel corso del tempo. La questione si situa tra il 1890 (prima rappresentazione dell’opera in Francia) e il 2017 (messa in scena dell’opera con la regia di Leonardo Lidi alla Biennale di Venezia), concentrandosi sulle scelte registiche, su tutti gli elementi fisici della rappresentazione e, soprattutto, sulla figura dei personaggi di Osvald ed Helene. In scena, che poi è il riflesso della vita sociale, si muore diversamente alla fine del XIX secolo rispetto ad oggi? Il pubblico cosa ricerca nella messa in scena della morte? I registi operano scelte differenti a seconda della cultura e del periodo storico in cui vivono e in cui si relazionano con attori, platea e critici? Si tratta di un vero e proprio viaggio che conduce al cuore di un bricolage di immagini e simboli che si relazionano con lo spettatore e con la sua cultura di riferimento. L’anelito è che questo percorso possa portare almeno ad un “primo bacio” con la semiotica teatrale e culturale in chiave tanatologica, ammettendo che “non c’è nulla da dire sulla morte”.
ITA
This thesis is a "walk" between the paths covered by the question "which death?". Analyzing, first of all, the thanatological theories, the theatrical anthropology ones and Performance Studies developed to date, as well as the approaches of the School of Semiotics of Tartu, it’s being developed the analysis of the staging of death in Henrik Ibsen's play "Ghosts". This drama is used as a case study, as it is able, in its various realizations dislocated over time and, in part, in space, to give new light to elements typical of the representation of death over time. The question lies between 1890 (the first performance of the opera in France) and 2017 (staging of the opera directed by Leonardo Lidi at the Venice Biennale), focusing on the directorial choices, on all the physical elements of the representation and, above all, on the figure of the characters of Osvald and Helene. On stage, which is then a reflection of social life, do people die differently at the end of the 19th century than at present? What does the audience look for in the staging of death? Do directors make different choices depending on the culture and historical period in which they live and in which they relate to actors, audiences and critics? It is a real journey that leads to the heart of a bricolage of images and symbols that relate to the viewer and his culture of reference. The longing is that this path can lead at least to a "first kiss" with theatrical and cultural semiotics in a thanatological key, admitting that "there is nothing to say about death".
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
794701_tesilando_compressed.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 2.28 MB
Formato Adobe PDF
2.28 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/33840