La Direct air capture, quindi la cattura diretta della CO2 dall’aria, ha il potenziale di diventare una delle tecnologie a emissioni negative fondamentali per combattere il cambiamento climatico. Oltre che l’adozione di politiche di mitigazione, cioè di abolizione delle emissioni di CO2 date dall’uso di fonti fossili, si rivela ormai indispensabile (come confermato dall’IPCC) l’uso di nuovi ed efficaci metodi che siano in grado di catturarla per diminuirne l’effettiva concentrazione in aria. La peculiarità della DAC è che, a differenza dalle altre tecnologie di CCS, può far fronte alle emissioni provenienti da sorgenti diffuse. Gli impianti possono essere implementati ovunque, purchè ci sia energia rinnovabile reperibile. Negli ultimi anni è stata oggetto di particolare attenzione da parte della comunità scientifica. Si cerca infatti di capire il suo potenziale in un ipotetico futuro scenario climatico. La DAC sfrutta mezzi chimici per sequestrare la CO2, questi possono interagire chimicamente modificandone la struttura o fisicamente, attraendola più debolmente. Fanno parte di sorbenti che attraggono fortemente l’anidride carbonica per poi trasformarla in carbonato soluzioni di idrossidi di metalli alcalini. Queste soluzioni liberano energia legandosi alla CO2 e dando il corrispondente carbonato, ma ne richiedono molta per rilasciarla in un processo chiamato calcinazione che deve avvenire sopra i 700 °C; questo motivo insieme alla necessità di una cospicua quantità d’acqua hanno portato a cercare sorbenti più efficienti in termini energetici. I sorbenti più studiati si basano sulla forte affinità per l’anidride carbonica da parte delle ammine; infatti, soluzioni amminiche liquide sono tra le più usate per catturare la CO2 nel caso di gas concentrati. A causa della forte diluizione della CO2 e quindi degli ingenti volumi d’aria da processare, le ammine liquide con la loro volatilità, tossicità e tendenza ad ossidarsi, non sono però indicate per la DAC. Molteplici ricerche si sono quindi indirizzate verso adsorbenti solidi basati su ammine supportate su materiali porosi, facendo diventare questi adsorbenti i promettenti in questo ambito grazie alla loro efficienza e relativa bassa energia di rigenerazione. Una nuova categoria di materiali su cui ci si sta concentrando negli ultimi anni è quella dei Metal-Organic Frameworks, materiali altamente cristallini con elevata porosità e area superficiale costituiti da ioni o cluster metallici coordinati a leganti organici, che grazie alla loro malleabilià nella struttura sono efficaci nell’adsorbire uno specifico componente da una miscela. Tuttavia, problemi legati alla bassa entalpia di adsorbimento, alla bassa stabilità in presenza di acqua e alla difficoltà nella sintesi (cruciale in un ipotetico processo industrializzato), necessitano ancora di vari approfondimenti. Altri materiali investigati per l’applicazione nella DAC sono membrane semipermeabili, che però sono ancora nella loro infanzia come possibili candidati per processi in larga scala. La DAC non può sostituire il cammino di mitigazione, ma può rivelarsi uno dei possibili alleati per contrastare il cambiamento climatico. Per permettere e velocizzare la sua crescita dev’essere attribuito un giusto prezzo per l’emissione di carbonio in atmosfera, con conseguente diminuizione del costo di cattura, e devono essere creati piani approfonditi per incentivare lo sviluppo della DAC e di tutte le altre tecnologie a emissioni negative.
La "Direct Air Capture" come tecnologia a emissioni negative per contrastare il cambiamento climatico mediante il sequestro della CO2 emessa da sorgenti diffuse
RUZZA, REBECCA
2019/2020
Abstract
La Direct air capture, quindi la cattura diretta della CO2 dall’aria, ha il potenziale di diventare una delle tecnologie a emissioni negative fondamentali per combattere il cambiamento climatico. Oltre che l’adozione di politiche di mitigazione, cioè di abolizione delle emissioni di CO2 date dall’uso di fonti fossili, si rivela ormai indispensabile (come confermato dall’IPCC) l’uso di nuovi ed efficaci metodi che siano in grado di catturarla per diminuirne l’effettiva concentrazione in aria. La peculiarità della DAC è che, a differenza dalle altre tecnologie di CCS, può far fronte alle emissioni provenienti da sorgenti diffuse. Gli impianti possono essere implementati ovunque, purchè ci sia energia rinnovabile reperibile. Negli ultimi anni è stata oggetto di particolare attenzione da parte della comunità scientifica. Si cerca infatti di capire il suo potenziale in un ipotetico futuro scenario climatico. La DAC sfrutta mezzi chimici per sequestrare la CO2, questi possono interagire chimicamente modificandone la struttura o fisicamente, attraendola più debolmente. Fanno parte di sorbenti che attraggono fortemente l’anidride carbonica per poi trasformarla in carbonato soluzioni di idrossidi di metalli alcalini. Queste soluzioni liberano energia legandosi alla CO2 e dando il corrispondente carbonato, ma ne richiedono molta per rilasciarla in un processo chiamato calcinazione che deve avvenire sopra i 700 °C; questo motivo insieme alla necessità di una cospicua quantità d’acqua hanno portato a cercare sorbenti più efficienti in termini energetici. I sorbenti più studiati si basano sulla forte affinità per l’anidride carbonica da parte delle ammine; infatti, soluzioni amminiche liquide sono tra le più usate per catturare la CO2 nel caso di gas concentrati. A causa della forte diluizione della CO2 e quindi degli ingenti volumi d’aria da processare, le ammine liquide con la loro volatilità, tossicità e tendenza ad ossidarsi, non sono però indicate per la DAC. Molteplici ricerche si sono quindi indirizzate verso adsorbenti solidi basati su ammine supportate su materiali porosi, facendo diventare questi adsorbenti i promettenti in questo ambito grazie alla loro efficienza e relativa bassa energia di rigenerazione. Una nuova categoria di materiali su cui ci si sta concentrando negli ultimi anni è quella dei Metal-Organic Frameworks, materiali altamente cristallini con elevata porosità e area superficiale costituiti da ioni o cluster metallici coordinati a leganti organici, che grazie alla loro malleabilià nella struttura sono efficaci nell’adsorbire uno specifico componente da una miscela. Tuttavia, problemi legati alla bassa entalpia di adsorbimento, alla bassa stabilità in presenza di acqua e alla difficoltà nella sintesi (cruciale in un ipotetico processo industrializzato), necessitano ancora di vari approfondimenti. Altri materiali investigati per l’applicazione nella DAC sono membrane semipermeabili, che però sono ancora nella loro infanzia come possibili candidati per processi in larga scala. La DAC non può sostituire il cammino di mitigazione, ma può rivelarsi uno dei possibili alleati per contrastare il cambiamento climatico. Per permettere e velocizzare la sua crescita dev’essere attribuito un giusto prezzo per l’emissione di carbonio in atmosfera, con conseguente diminuizione del costo di cattura, e devono essere creati piani approfonditi per incentivare lo sviluppo della DAC e di tutte le altre tecnologie a emissioni negative.File | Dimensione | Formato | |
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