La tesi bibliografica svolta si concentra su di un aspetto a volte sottovalutato, quello della geodiversità esistente nelle aree viticole, attraverso l’analisi di studi riguardanti la coltivazione di cloni di Nebbiolo nell’areale pedemontano della bassa Valle d’Aosta e del Canavese. Si sono prese in considerazione tali aree confrontandole con la zona delle Langhe per poter evidenziare quanto un territorio, assieme alle conoscenze tecnico-culturali mediate dall’uomo e che portano alla definizione di uno specifico agro-ecosistema viticolo, possano influire in maniera importante sulla risposta produttiva di ciascun clone. Si è cercato di evidenziare quindi come la pianta della vite reagisca a tale diversità quando coltivata in ambienti diversi. La cultivar utilizzata nella ricerca è stata il Nebbiolo, vitigno caratteristico delle zone considerate ed oggetto degli studi sui cloni presi in esame. E’ presente un’introduzione riguardante il concetto stesso di geodiversità, al fine di comprenderlo appieno; cosa significa, che cosa comporta e quali caratteristiche gli si possono ascrivere. Si è brevemente accennato alla viticoltura di montagna presente nell’area, alle sue caratteristiche principali e caratterizzanti ed alla storia ed all’ampelografia del vitigno Nebbiolo. La tesi ha anche sviluppato un focus riguardante la descrizione dell’ambiente particolare dove sorgono i vigneti considerati; tale ambiente, unico nel suo genere e profondamente impattante per quanto riguarda la geodiversità è l’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI) di cui si è descritta la conformazione. Su tale complesso morfologico sorgono alcuni dei vigneti presi in analisi negli studi utilizzati. Il principale studio preso in considerazione riguarda la comparazione fra diversi cloni di Nebbiolo, il CVT 142, il CVT 423 ed il CVT 308, coltivati sull’AMI e nelle Langhe al fine di analizzarne le differenze. Dopo un biennio di osservazioni e microvinificazioni, lo studio illustra e dimostra quanto un territorio possa incidere nell’espressività di un vino e quanto sia quindi importante preservarne le caratteristiche attraverso opportune scelte enologiche e di invecchiamento. Si è, inoltre, preso in esame un secondo studio, sempre riguardante diversi cloni di Nebbiolo, il CVT 71, il CVT 142, il CVT 185 ed il 423. Anche in questo caso l’areale di coltivazione (Langhe e Novarese), due territori diversi, incidono profondamente sull’espressione dei caratteri produttivi del vigneto. Si è cercato di far comprendere quanto il territorio, assieme alle tecniche colturali a loro volta connesse con la cultura contadina dell’areale ed al vitigno, siano in realtà un unicum che va capito, preservato e salvaguardato al fine di rendere unici i vini ed i territori che rendono così vario il panorama del vino, soprattutto italiano.
"Nebbiolo e geodiversità in aree montane valdostane ed in Canavese"
PIASTRI, CHIARA
2019/2020
Abstract
La tesi bibliografica svolta si concentra su di un aspetto a volte sottovalutato, quello della geodiversità esistente nelle aree viticole, attraverso l’analisi di studi riguardanti la coltivazione di cloni di Nebbiolo nell’areale pedemontano della bassa Valle d’Aosta e del Canavese. Si sono prese in considerazione tali aree confrontandole con la zona delle Langhe per poter evidenziare quanto un territorio, assieme alle conoscenze tecnico-culturali mediate dall’uomo e che portano alla definizione di uno specifico agro-ecosistema viticolo, possano influire in maniera importante sulla risposta produttiva di ciascun clone. Si è cercato di evidenziare quindi come la pianta della vite reagisca a tale diversità quando coltivata in ambienti diversi. La cultivar utilizzata nella ricerca è stata il Nebbiolo, vitigno caratteristico delle zone considerate ed oggetto degli studi sui cloni presi in esame. E’ presente un’introduzione riguardante il concetto stesso di geodiversità, al fine di comprenderlo appieno; cosa significa, che cosa comporta e quali caratteristiche gli si possono ascrivere. Si è brevemente accennato alla viticoltura di montagna presente nell’area, alle sue caratteristiche principali e caratterizzanti ed alla storia ed all’ampelografia del vitigno Nebbiolo. La tesi ha anche sviluppato un focus riguardante la descrizione dell’ambiente particolare dove sorgono i vigneti considerati; tale ambiente, unico nel suo genere e profondamente impattante per quanto riguarda la geodiversità è l’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI) di cui si è descritta la conformazione. Su tale complesso morfologico sorgono alcuni dei vigneti presi in analisi negli studi utilizzati. Il principale studio preso in considerazione riguarda la comparazione fra diversi cloni di Nebbiolo, il CVT 142, il CVT 423 ed il CVT 308, coltivati sull’AMI e nelle Langhe al fine di analizzarne le differenze. Dopo un biennio di osservazioni e microvinificazioni, lo studio illustra e dimostra quanto un territorio possa incidere nell’espressività di un vino e quanto sia quindi importante preservarne le caratteristiche attraverso opportune scelte enologiche e di invecchiamento. Si è, inoltre, preso in esame un secondo studio, sempre riguardante diversi cloni di Nebbiolo, il CVT 71, il CVT 142, il CVT 185 ed il 423. Anche in questo caso l’areale di coltivazione (Langhe e Novarese), due territori diversi, incidono profondamente sull’espressione dei caratteri produttivi del vigneto. Si è cercato di far comprendere quanto il territorio, assieme alle tecniche colturali a loro volta connesse con la cultura contadina dell’areale ed al vitigno, siano in realtà un unicum che va capito, preservato e salvaguardato al fine di rendere unici i vini ed i territori che rendono così vario il panorama del vino, soprattutto italiano.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/33398