Il mieloma multiplo è una neoplasia che si manifesta principalmente in soggetti di età avanzata e che ogni anno conta centinaia di migliaia di vittime. Nonostante i notevoli passi avanti in ambito farmacologico, non esiste al giorno d’oggi un trattamento efficace e selettivo che possa curare definitivamente i pazienti. Una possibile soluzione risiede nella terapia a bersaglio molecolare, poiché vanta un’elevata specificità per le cellule tumorali e una minore tossicità rispetto a metodi invasivi. Una terapia biologica largamente diffusa e in continua sperimentazione è l’inibitore del proteasoma (PI), il quale sfrutta la modulazione della via ubiquitina-proteasoma, coinvolta nel mantenimento dell’omeostasi proteica. Il blocco del proteasoma può avvenire a diversi livelli della via di degradazione proteica, tuttavia l’effetto dei PI è il medesimo: aumentare lo stress proteotossico al punto da indurre l’apoptosi selettivamente nelle plasmacellule tumorali. Uno studio condotto su diverse linee cellulari di mieloma multiplo ha confermato il potere inibente del farmaco sperimentale TAS4464, soprattutto se usato in combinazione con altri farmaci già approvati come il bortezomib. In particolare, TAS4464 blocca la via ubiquitina-proteasoma a livello di NAE, enzima coinvolto nell’ubiquitinazione di proteine destinate allo smaltimento. In seguito a xenotrapianto in modelli murini, è stato osservato che il farmaco non solo induce l’accumulo di caspasi, ma anche l’aumento della concentrazione di substrati aventi un ruolo nell’inibizione delle vie di NF-kB. Quest’ultime risultano costitutivamente espresse nelle plasmacellule tumorali in quanto favoriscono la proliferazione mediante segnali anti-apoptotici. Un’altra terapia emergente nella cura del mieloma multiplo è la somministrazione della berberina, un alcaloide vegetale i cui effetti antitumorali sono stati osservati in plasmacellule trasformate isolate da pazienti affetti dalla patologia. In particolare, è stato identificato mediante risonanza plasmonica di superficie che la berberina ha affinità per UHRF1, un fattore trascrizionale indicatore di prognosi negativa se sovraespresso in cellule di mieloma. UHRF1, similmente all’ubiquitina, favorisce la degradazione dei substrati proteici a cui è legato. Tuttavia, in presenza dell’alcaloide, UHRF1 non esplica la sua funzione, infatti viene degradato attraverso la via ubiquitina-proteasoma inducendo eventi di citotossicità che portano alla morte delle plasmacellule tumorali. Nel complesso questi studi dimostrano l’ampio spettro d’azione delle terapie biologiche e come la modulazione del sistema ubiquitina-proteasoma possa essere sfruttato nella cura del mieloma multiplo e in generale nella lotta contro il cancro.

Inibizione del sistema ubiquitina-proteasoma e terapie emergenti nella cura del mieloma multiplo

CARROZZINO, NICOLETTA
2020/2021

Abstract

Il mieloma multiplo è una neoplasia che si manifesta principalmente in soggetti di età avanzata e che ogni anno conta centinaia di migliaia di vittime. Nonostante i notevoli passi avanti in ambito farmacologico, non esiste al giorno d’oggi un trattamento efficace e selettivo che possa curare definitivamente i pazienti. Una possibile soluzione risiede nella terapia a bersaglio molecolare, poiché vanta un’elevata specificità per le cellule tumorali e una minore tossicità rispetto a metodi invasivi. Una terapia biologica largamente diffusa e in continua sperimentazione è l’inibitore del proteasoma (PI), il quale sfrutta la modulazione della via ubiquitina-proteasoma, coinvolta nel mantenimento dell’omeostasi proteica. Il blocco del proteasoma può avvenire a diversi livelli della via di degradazione proteica, tuttavia l’effetto dei PI è il medesimo: aumentare lo stress proteotossico al punto da indurre l’apoptosi selettivamente nelle plasmacellule tumorali. Uno studio condotto su diverse linee cellulari di mieloma multiplo ha confermato il potere inibente del farmaco sperimentale TAS4464, soprattutto se usato in combinazione con altri farmaci già approvati come il bortezomib. In particolare, TAS4464 blocca la via ubiquitina-proteasoma a livello di NAE, enzima coinvolto nell’ubiquitinazione di proteine destinate allo smaltimento. In seguito a xenotrapianto in modelli murini, è stato osservato che il farmaco non solo induce l’accumulo di caspasi, ma anche l’aumento della concentrazione di substrati aventi un ruolo nell’inibizione delle vie di NF-kB. Quest’ultime risultano costitutivamente espresse nelle plasmacellule tumorali in quanto favoriscono la proliferazione mediante segnali anti-apoptotici. Un’altra terapia emergente nella cura del mieloma multiplo è la somministrazione della berberina, un alcaloide vegetale i cui effetti antitumorali sono stati osservati in plasmacellule trasformate isolate da pazienti affetti dalla patologia. In particolare, è stato identificato mediante risonanza plasmonica di superficie che la berberina ha affinità per UHRF1, un fattore trascrizionale indicatore di prognosi negativa se sovraespresso in cellule di mieloma. UHRF1, similmente all’ubiquitina, favorisce la degradazione dei substrati proteici a cui è legato. Tuttavia, in presenza dell’alcaloide, UHRF1 non esplica la sua funzione, infatti viene degradato attraverso la via ubiquitina-proteasoma inducendo eventi di citotossicità che portano alla morte delle plasmacellule tumorali. Nel complesso questi studi dimostrano l’ampio spettro d’azione delle terapie biologiche e come la modulazione del sistema ubiquitina-proteasoma possa essere sfruttato nella cura del mieloma multiplo e in generale nella lotta contro il cancro.
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