Between 2012 and 2017, Myanmar saw widespread violence perpetrated against the Muslim Rohingya minority in the country. The Social Networking Service (SNS) Facebook was accused by local and international actors alike of contributing to the violence by allowing fake news and hate speech against the Rohingya to spread in the country. The purpose of this work is to analyze the role Facebook had in this context, in order to understand if the widespread presence of the SNS in the country did in fact contribute to the radicalization of part of the Myanmar population, and to the resulting violence. Two key analytical tools were applied to the available accounts of anti-Rohingya violence in Myanmar: one is the 3N Radicalization Model (also known as Significance Quest Theory), developed by Kruglanski et alii., the other is the Integrated Threat Theory of intergroup conflict, proposed by W.G. Stephan and Stephan. The goal was to understand what the role of Facebook was in the context of anti-Rohingya violence, and specifically in contributing to the radicalization that led to said violence. Discrimination against the Rohingya minority undoubtedly pre-dates the spreading of Facebook in Myanmar, and the violence perpetrated cannot be blamed in its entirety upon on-platform radicalization instances. However, from the analysis conducted within this work it is clear that the presence of Facebook in Myanmar contributed to the extensive spreading of fake news and hate speech directed at creating a shared anti-Rohingya narrative, which in turn was instrumental in fostering and serving to condone both individual instances of violence and the 2012-17 events as a whole. Moreover, Facebook allowed for the creation of networks of individuals who, by virtue of the widespread anti-Rohingya sentiment, were ready to perpetrate or at least justify acts of violence against the Rohingya. In conclusion, the presence of the SNS in Myanmar facilitated the type of radicalization process described by Significance Quest Theory, and the violence that followed. To fully understand its implications ad importance, this conclusion should be examined in light of the long-widespread perception of SNS as tools of democratization and openness. Moreover, it should be mentioned that starting in 2013 Facebook made significant efforts to expand its presence in countries where it was still limited up to that point: Myanmar was among them. The knowledge that this resulted in a de facto contribution to radicalization processes and widespread violence opens a new perspective on what the role of SNS can be in contexts similar to the one that was analyzed here, and what their responsibilities.

Tra il 2012 e il 2017 in Myanmar vengono perpetrati svariati episodi di violenza su larga scala contro la minoranza musulmana dei Rohingya. Il social network Facebook viene accusato da soggetti locali e internazionali di aver contribuito agli avvenimenti in questione, permettendo la diffusione di notizie false e discorsi d’odio contro i Rohingya nel paese. Lo scopo di questo lavoro è di analizzare il ruolo avuto da Facebook nell’ambito della violenza in Myanmar, per comprendere se la diffusione della piattaforma nel paese possa avere contribuito alla radicalizzazione di parte della popolazione e alle istanze di violenza verificatesi. L’analisi in questione è stata condotta attraverso l’applicazione del modello di radicalizzazione delle 3N (o Significance Quest Theory) sviluppato da Kruglanski et alii., unitamente alla teoria del conflitto tra gruppi detta Integrated Threat Theory proposta da W.G. Stephan e Stephan. Entrambi sono stati applicati ai risultati della ricerca bibliografica sugli avvenimenti in Myanmar per comprendere quale sia stato il ruolo di Facebook nell’ambito della violenza verificatasi, in particolare rispetto alla radicalizzazione della popolazione nei confronti dei Rohingya. Senza dubbio, la discriminazione contro la minoranza Rohingya risale a prima dell’introduzione di Facebook in Myanmar, e la violenza perpetrata non è esclusivamente imputabile a processi di radicalizzazione verificatisi attraverso la piattaforma. Tuttavia, dall’analisi condotta nel presente elaborato appare chiaro che la presenza di Facebook in Myanmar ha contribuito al diffondersi in maniera estensiva di notizie false e discorsi d’odio atti a creare una narrazione anti-Rohingya condivisa, estremamente importante nel fomentare e giustificare tanto singoli episodi di violenza quanto gli avvenimenti del 2012-17 nel loro insieme. Inoltre, per sua stessa natura Facebook ha reso possibile la creazione di network di individui disposti, in virtù di tale narrazione, a perpetrare o quantomeno giustificare atti di violenza nei confronti dei Rohingya. In conclusione, la presenza della piattaforma in Myanmar ha facilitato il tipo di processo di radicalizzazione descritto dalla Significance Quest Theory, e la violenza derivata da e giustificata in virtù di tale processo. L’importanza di questa conclusione deve essere esaminata alla luce della percezione lungamente diffusa dei social network come strumenti di democratizzazione e apertura. Non è possibile inoltre prescindere dal menzionare i significativi sforzi fatti da Facebook a partire dal 2013 per espandere la propria presenza in paesi in cui aveva precedentemente una penetrazione ancora limitata, come il Myanmar. L’evidenza che ciò è risultato in un contributo di fatto a processi di radicalizzazione e violenza apre una nuova prospettiva su quale possa essere il ruolo dei social network in contesti simili a quello analizzato, e quali le loro responsabilità.

Facebook, radicalization, and violence: the case of Myanmar

QUADRELLI, IRENE
2020/2021

Abstract

Tra il 2012 e il 2017 in Myanmar vengono perpetrati svariati episodi di violenza su larga scala contro la minoranza musulmana dei Rohingya. Il social network Facebook viene accusato da soggetti locali e internazionali di aver contribuito agli avvenimenti in questione, permettendo la diffusione di notizie false e discorsi d’odio contro i Rohingya nel paese. Lo scopo di questo lavoro è di analizzare il ruolo avuto da Facebook nell’ambito della violenza in Myanmar, per comprendere se la diffusione della piattaforma nel paese possa avere contribuito alla radicalizzazione di parte della popolazione e alle istanze di violenza verificatesi. L’analisi in questione è stata condotta attraverso l’applicazione del modello di radicalizzazione delle 3N (o Significance Quest Theory) sviluppato da Kruglanski et alii., unitamente alla teoria del conflitto tra gruppi detta Integrated Threat Theory proposta da W.G. Stephan e Stephan. Entrambi sono stati applicati ai risultati della ricerca bibliografica sugli avvenimenti in Myanmar per comprendere quale sia stato il ruolo di Facebook nell’ambito della violenza verificatasi, in particolare rispetto alla radicalizzazione della popolazione nei confronti dei Rohingya. Senza dubbio, la discriminazione contro la minoranza Rohingya risale a prima dell’introduzione di Facebook in Myanmar, e la violenza perpetrata non è esclusivamente imputabile a processi di radicalizzazione verificatisi attraverso la piattaforma. Tuttavia, dall’analisi condotta nel presente elaborato appare chiaro che la presenza di Facebook in Myanmar ha contribuito al diffondersi in maniera estensiva di notizie false e discorsi d’odio atti a creare una narrazione anti-Rohingya condivisa, estremamente importante nel fomentare e giustificare tanto singoli episodi di violenza quanto gli avvenimenti del 2012-17 nel loro insieme. Inoltre, per sua stessa natura Facebook ha reso possibile la creazione di network di individui disposti, in virtù di tale narrazione, a perpetrare o quantomeno giustificare atti di violenza nei confronti dei Rohingya. In conclusione, la presenza della piattaforma in Myanmar ha facilitato il tipo di processo di radicalizzazione descritto dalla Significance Quest Theory, e la violenza derivata da e giustificata in virtù di tale processo. L’importanza di questa conclusione deve essere esaminata alla luce della percezione lungamente diffusa dei social network come strumenti di democratizzazione e apertura. Non è possibile inoltre prescindere dal menzionare i significativi sforzi fatti da Facebook a partire dal 2013 per espandere la propria presenza in paesi in cui aveva precedentemente una penetrazione ancora limitata, come il Myanmar. L’evidenza che ciò è risultato in un contributo di fatto a processi di radicalizzazione e violenza apre una nuova prospettiva su quale possa essere il ruolo dei social network in contesti simili a quello analizzato, e quali le loro responsabilità.
ENG
Between 2012 and 2017, Myanmar saw widespread violence perpetrated against the Muslim Rohingya minority in the country. The Social Networking Service (SNS) Facebook was accused by local and international actors alike of contributing to the violence by allowing fake news and hate speech against the Rohingya to spread in the country. The purpose of this work is to analyze the role Facebook had in this context, in order to understand if the widespread presence of the SNS in the country did in fact contribute to the radicalization of part of the Myanmar population, and to the resulting violence. Two key analytical tools were applied to the available accounts of anti-Rohingya violence in Myanmar: one is the 3N Radicalization Model (also known as Significance Quest Theory), developed by Kruglanski et alii., the other is the Integrated Threat Theory of intergroup conflict, proposed by W.G. Stephan and Stephan. The goal was to understand what the role of Facebook was in the context of anti-Rohingya violence, and specifically in contributing to the radicalization that led to said violence. Discrimination against the Rohingya minority undoubtedly pre-dates the spreading of Facebook in Myanmar, and the violence perpetrated cannot be blamed in its entirety upon on-platform radicalization instances. However, from the analysis conducted within this work it is clear that the presence of Facebook in Myanmar contributed to the extensive spreading of fake news and hate speech directed at creating a shared anti-Rohingya narrative, which in turn was instrumental in fostering and serving to condone both individual instances of violence and the 2012-17 events as a whole. Moreover, Facebook allowed for the creation of networks of individuals who, by virtue of the widespread anti-Rohingya sentiment, were ready to perpetrate or at least justify acts of violence against the Rohingya. In conclusion, the presence of the SNS in Myanmar facilitated the type of radicalization process described by Significance Quest Theory, and the violence that followed. To fully understand its implications ad importance, this conclusion should be examined in light of the long-widespread perception of SNS as tools of democratization and openness. Moreover, it should be mentioned that starting in 2013 Facebook made significant efforts to expand its presence in countries where it was still limited up to that point: Myanmar was among them. The knowledge that this resulted in a de facto contribution to radicalization processes and widespread violence opens a new perspective on what the role of SNS can be in contexts similar to the one that was analyzed here, and what their responsibilities.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/32774