Lo sviluppo industriale e le modifiche socioeconomiche che ne conseguono sono la principale causa del fenomeno dell’abbandono delle zone rurali di montagna. Questo processo dalla fine del diciannovesimo secolo penetra all’interno del territorio Alpino e comporta pesanti modifiche nelle zone montane, prima fra tutte una consistente diminuzione della popolazione nelle zone marginali, che si contrappone ad un aumento di abitanti in alcune aree più favorevoli all’uomo. A queste trasformazioni si accompagna l’abbandono delle tradizionali pratiche agricole nelle aeree marginali, a causa delle numerose difficoltà che l’agricoltura incontra in territorio montano e della competizione con i prodotti agricoli di pianura. Si è così arrivati ad una divisione del territorio montano in due regioni distinte: da una parte piccole aree puntuali favorevoli o particolarmente vocate dal punto di vista turistico che hanno visto un'utilizzazione intensiva da parte dell’uomo ed una forte urbanizzazione, dall’altra, nelle zone marinali si è andati incontro allo spopolamento o ad un utilizzo estensivo. Dal punto di vista economico si assiste ad una perdita di valore delle varie attività tradizionali come: l’agricoltura, lo sfruttamento del bosco, l’artigianato che lavora materie prime locali ecc. Le attività che risultano invece beneficiare dei recenti mutamenti sono quelle legate al turismo, al settore idroelettrico o alla protezione della natura. Nelle aree favorevoli e quindi economicamente vantaggiose si vede un aumento della popolazione, mentre nelle zone marginali, economicamente non convenienti, si va incontro al fenomeno della stagnazione, oppure, dove questo non avviene, all’abbandono. Inevitabilmente con la scomparsa delle persone dalle piccole realtà rurali vanno perdute anche le tradizioni, le conoscenze e le usanze che fanno parte del patrimonio culturale di queste aree. Dal punto di vista del paesaggio, l’abbandono delle tradizionali attività agricole fa sì che il complesso mosaico paesaggistico favorito dall’uomo si uniformi in arbusteti o boschi e che gli spazi aperti si riducano notevolmente. Questo comporta che l’articolato paesaggio di montagna perda la sua varietà e diventi omogeneo, rischiando di diventare monotono. A livello ambientale è necessario poi evidenziare come la biodiversità risenta di questa trasformazione, in quanto i pascoli, le radure e tutti gli ambienti ecotonali sono molto più ricchi di specie rispetto agli arbusteti ed ai boschi. Risulta quindi evidente come, con la perdita di molti ecosistemi aperti si riduca fortemente la biodiversità dei territori montani. Mentre la formazione finale di una successione secondaria, vale a dire quella boschiva, garantisce un'elevata stabilità, riducendo quindi il rischio di dissesto o danni; le formazioni transitorie, che possono durare anche per secoli, sono caratterizzate da una forte instabilità. Si possono creare così problemi di erosione, scorrimento superficiale, frane ecc. Inoltre, le calamità naturali possono vedere la portata dei loro danni aumentata proprio a causa dell'abbandono delle pratiche agricole, che in passato garantivano una corretta manutenzione del territorio. La formazione di boscaglie fitte e continue comporta, ancora, un maggiore rischio di diffusione di incendi ed epidemie parassitarie. Concludendo: sarebbe opportuno interrogarsi maggiormente sugli effetti che provoca l’abbandono delle zone rurali dato che, come si è visto, possono essere alquanto preoccupanti.

L'abbandono delle zone rurali montane e le conseguenti modifiche sul territorio

BLANCHET, RICCARDO
2020/2021

Abstract

Lo sviluppo industriale e le modifiche socioeconomiche che ne conseguono sono la principale causa del fenomeno dell’abbandono delle zone rurali di montagna. Questo processo dalla fine del diciannovesimo secolo penetra all’interno del territorio Alpino e comporta pesanti modifiche nelle zone montane, prima fra tutte una consistente diminuzione della popolazione nelle zone marginali, che si contrappone ad un aumento di abitanti in alcune aree più favorevoli all’uomo. A queste trasformazioni si accompagna l’abbandono delle tradizionali pratiche agricole nelle aeree marginali, a causa delle numerose difficoltà che l’agricoltura incontra in territorio montano e della competizione con i prodotti agricoli di pianura. Si è così arrivati ad una divisione del territorio montano in due regioni distinte: da una parte piccole aree puntuali favorevoli o particolarmente vocate dal punto di vista turistico che hanno visto un'utilizzazione intensiva da parte dell’uomo ed una forte urbanizzazione, dall’altra, nelle zone marinali si è andati incontro allo spopolamento o ad un utilizzo estensivo. Dal punto di vista economico si assiste ad una perdita di valore delle varie attività tradizionali come: l’agricoltura, lo sfruttamento del bosco, l’artigianato che lavora materie prime locali ecc. Le attività che risultano invece beneficiare dei recenti mutamenti sono quelle legate al turismo, al settore idroelettrico o alla protezione della natura. Nelle aree favorevoli e quindi economicamente vantaggiose si vede un aumento della popolazione, mentre nelle zone marginali, economicamente non convenienti, si va incontro al fenomeno della stagnazione, oppure, dove questo non avviene, all’abbandono. Inevitabilmente con la scomparsa delle persone dalle piccole realtà rurali vanno perdute anche le tradizioni, le conoscenze e le usanze che fanno parte del patrimonio culturale di queste aree. Dal punto di vista del paesaggio, l’abbandono delle tradizionali attività agricole fa sì che il complesso mosaico paesaggistico favorito dall’uomo si uniformi in arbusteti o boschi e che gli spazi aperti si riducano notevolmente. Questo comporta che l’articolato paesaggio di montagna perda la sua varietà e diventi omogeneo, rischiando di diventare monotono. A livello ambientale è necessario poi evidenziare come la biodiversità risenta di questa trasformazione, in quanto i pascoli, le radure e tutti gli ambienti ecotonali sono molto più ricchi di specie rispetto agli arbusteti ed ai boschi. Risulta quindi evidente come, con la perdita di molti ecosistemi aperti si riduca fortemente la biodiversità dei territori montani. Mentre la formazione finale di una successione secondaria, vale a dire quella boschiva, garantisce un'elevata stabilità, riducendo quindi il rischio di dissesto o danni; le formazioni transitorie, che possono durare anche per secoli, sono caratterizzate da una forte instabilità. Si possono creare così problemi di erosione, scorrimento superficiale, frane ecc. Inoltre, le calamità naturali possono vedere la portata dei loro danni aumentata proprio a causa dell'abbandono delle pratiche agricole, che in passato garantivano una corretta manutenzione del territorio. La formazione di boscaglie fitte e continue comporta, ancora, un maggiore rischio di diffusione di incendi ed epidemie parassitarie. Concludendo: sarebbe opportuno interrogarsi maggiormente sugli effetti che provoca l’abbandono delle zone rurali dato che, come si è visto, possono essere alquanto preoccupanti.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/31997