L’isteroscopia diagnostica/operativa nella neoplasia endometriale non è un fattore di rischio per la diffusione di cellule neoplastiche. BACKGROUND: Il carcinoma dell'endometrio è il più comune tra le neoplasie ginecologiche ed è il quarto cancro più rappresentato nelle donne. È una malattia che colpisce principalmente l’età postmenopausale, con una media di 60 anni al momento della diagnosi. La maggior parte dei tumori dell'endometrio viene diagnosticata precocemente (80% in stadio I), con tassi di sopravvivenza a 5 anni superiori al 95%. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono molto più bassi in caso di diffusione locoregionale e a distanza (68% e 17%, rispettivamente). Le metodiche che garantiscono una diagnosi precoce sono un accurato esame obiettivo e l’ecografia transvaginale ma, il gold standard diagnostico e stadiativo è rappresentato dall’isteroscopia ambulatoriale o operativa (resettoscopia). Quest’ultima secondo alcuni studi presenti in letteratura sembra essere gravata da una possibile disseminazione di cellule neoplastiche in sede peritoneale con un aggravamento della prognosi della paziente. OBIETTIVI: Valutare il ruolo dell’indagine isteroscopica diagnostica/operativa nella diffusione peritoneale delle cellule neoplastiche durante la diagnosi del carcinoma endometriale. PAZIENTI E METODI: È stato da noi condotto uno studio retrospettivo su 268 pazienti con diagnosi di carcinoma endometriale sottoposte a laparoisterectomia totale e lavaggio della cavità peritoneale per l’esame citologico, da ottobre 2008 a dicembre 2020, presso la S.O.C. di Ostetricia e Ginecologia di Asti. La diagnosi di carcinoma endometriale è stata eseguita mediante isteroscopia ambulatoriale in 189 pazienti, resettoscopia in 25 pazienti, una combinazione delle precedenti metodiche in 41 pazienti, con la sola ecografia transvaginale in 6 pazienti e sono risultate mancanti le modalità diagnostiche di 7 pazienti. RISULTATI: l’età media delle pazienti del nostro campione, alla diagnosi di carcinoma endometriale, è di 67,2 anni (DS 10,6). L’istotipo più rappresentato è l’endometrioide (85%) associato nel 57,7% ad un’infiltrazione miometriale ≤50%, contrariamente agli altri istotipi, più aggressivi, associati ad una più elevata infiltrazione. La citologia peritoneale è risultata positiva nel 9,1% di casi, abbiamo riscontrato un’associazione statisticamente significativa tra quest’ultima e gli stadi elevati delle classificazioni TNM e FIGO (P=0,00), gli istotipi più aggressivi (P=0,00) e l’infiltrazione miometriale>50%. I risultati non riportano alcuna associazione statisticamente significativa (P=0,24) tra la positività o negatività del citologico e l’indagine diagnostica utilizzata. CONCLUSIONI: l’isteroscopia continua ad essere l’indagine di prima scelta per la diagnosi e la stadiazione del carcinoma endometriale. Non emergono dati evidenti che tale tecnica comporti un rischio di diffusione della malattia nella cavità peritoneale e, se la citologia risultasse positiva, questa situazione non aggrava la prognosi della paziente.

L’isteroscopia diagnostica/operativa nella neoplasia endometriale non è un fattore di rischio per la diffusione di cellule neoplastiche.

CAPELLINO, OTTAVIA
2020/2021

Abstract

L’isteroscopia diagnostica/operativa nella neoplasia endometriale non è un fattore di rischio per la diffusione di cellule neoplastiche. BACKGROUND: Il carcinoma dell'endometrio è il più comune tra le neoplasie ginecologiche ed è il quarto cancro più rappresentato nelle donne. È una malattia che colpisce principalmente l’età postmenopausale, con una media di 60 anni al momento della diagnosi. La maggior parte dei tumori dell'endometrio viene diagnosticata precocemente (80% in stadio I), con tassi di sopravvivenza a 5 anni superiori al 95%. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono molto più bassi in caso di diffusione locoregionale e a distanza (68% e 17%, rispettivamente). Le metodiche che garantiscono una diagnosi precoce sono un accurato esame obiettivo e l’ecografia transvaginale ma, il gold standard diagnostico e stadiativo è rappresentato dall’isteroscopia ambulatoriale o operativa (resettoscopia). Quest’ultima secondo alcuni studi presenti in letteratura sembra essere gravata da una possibile disseminazione di cellule neoplastiche in sede peritoneale con un aggravamento della prognosi della paziente. OBIETTIVI: Valutare il ruolo dell’indagine isteroscopica diagnostica/operativa nella diffusione peritoneale delle cellule neoplastiche durante la diagnosi del carcinoma endometriale. PAZIENTI E METODI: È stato da noi condotto uno studio retrospettivo su 268 pazienti con diagnosi di carcinoma endometriale sottoposte a laparoisterectomia totale e lavaggio della cavità peritoneale per l’esame citologico, da ottobre 2008 a dicembre 2020, presso la S.O.C. di Ostetricia e Ginecologia di Asti. La diagnosi di carcinoma endometriale è stata eseguita mediante isteroscopia ambulatoriale in 189 pazienti, resettoscopia in 25 pazienti, una combinazione delle precedenti metodiche in 41 pazienti, con la sola ecografia transvaginale in 6 pazienti e sono risultate mancanti le modalità diagnostiche di 7 pazienti. RISULTATI: l’età media delle pazienti del nostro campione, alla diagnosi di carcinoma endometriale, è di 67,2 anni (DS 10,6). L’istotipo più rappresentato è l’endometrioide (85%) associato nel 57,7% ad un’infiltrazione miometriale ≤50%, contrariamente agli altri istotipi, più aggressivi, associati ad una più elevata infiltrazione. La citologia peritoneale è risultata positiva nel 9,1% di casi, abbiamo riscontrato un’associazione statisticamente significativa tra quest’ultima e gli stadi elevati delle classificazioni TNM e FIGO (P=0,00), gli istotipi più aggressivi (P=0,00) e l’infiltrazione miometriale>50%. I risultati non riportano alcuna associazione statisticamente significativa (P=0,24) tra la positività o negatività del citologico e l’indagine diagnostica utilizzata. CONCLUSIONI: l’isteroscopia continua ad essere l’indagine di prima scelta per la diagnosi e la stadiazione del carcinoma endometriale. Non emergono dati evidenti che tale tecnica comporti un rischio di diffusione della malattia nella cavità peritoneale e, se la citologia risultasse positiva, questa situazione non aggrava la prognosi della paziente.
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