Da parecchi decenni, e in misura crescente negli ultimi anni, si assiste ad una proliferazione del fenomeno delle società a partecipazione pubblica: le amministrazioni pubbliche – soprattutto locali – ricorrono, sempre più spesso, al modello societario per perseguire fini di interesse pubblico o per erogare direttamente servizi pubblici. Essendo opinione diffusa l’idea che lo spostamento di attività amministrative al di fuori dell’apparato interno delle amministrazioni possa dar vita a risultati positivi, si è affermato un trend legislativo orientato a promuovere l’utilizzo dello strumento societario, con conseguente crescita esponenziale dell’impiego dello schema societario da parte delle pubbliche amministrazioni. Col tempo, tuttavia, sono emersi anche svariati risvolti negativi, per lo più legati all’abuso dello strumento societario, con ciò sollecitando l’avvio di una sensibile inversione di tendenza. Al fine di scongiurare l’elusione dei vincoli di finanza pubblica, il legislatore ha perciò portato innanzi, con sempre maggior severità, un’operazione di riduzione del numero delle società partecipate, in modo tale da valorizzare anche il principio di efficienza. La svolta ha avuto il suo culmine con l’approvazione del d.lgs. 19 agosto 2016 n. 175, recante «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», entrato in vigore il 23 settembre 2016 ed emanato in esecuzione della legge-delega 7 agosto 2015, n. 124. L’esigenza di razionalizzazione e di riduzione delle partecipazioni pubbliche si inscrive nel più ampio contesto delle finalità perseguite dal testo unico, definite nello stesso art. 1, comma 2, del decreto, e dirette «all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica». Proprio nell’ottica di perseguire tali obiettivi, il testo unico contiene diversi articoli che attribuiscono funzioni di fondamentale importanza ‒ tanto di controllo, quanto di giurisdizione ‒ alla Corte dei conti. Il nuovo testo unico, all’art. 12, ha preso anche posizione in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile nelle controversie aventi ad oggetto la responsabilità degli amministratori o dei dipendenti delle società partecipate pubbliche per gli atti di mala gestio, che per lunghi anni ha dato vita a “scontri” giurisprudenziali. La giurisprudenza, ordinaria e contabile, infatti, nel corso del tempo ha oscillato tra una fase espansiva e una fase più restrittiva. Nel corso dell’esposizione si è cercato di ricostruire i principali orientamenti della giurisprudenza in materia che, per quanto talvolta datati e superati, costituiscono il necessario background delle scelte legislative successivamente assunte dal testo unico sulle società partecipate. Sebbene la legge-delega avesse incaricato l’esecutivo di elaborare una «precisa definizione» del regime delle responsabilità degli amministratori delle amministrazioni partecipanti nonché dei dipendenti e degli organi di gestione e controllo delle società partecipate, l’art. 12 del testo unico ha suscitato, in svariati passaggi, riflessioni critiche, o quanto meno perplesse, da parte della più autorevole dottrina. La formulazione del testo avrebbe potuto aprire la strada a nuove posizioni in materia, ma, per la verità, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno sostanzialmente riconfermato i propri precedenti orientamenti.
Le responsabilità amministrativo-contabili nell'assetto delle società partecipate pubbliche
GIUFFRIDA, ELEONORA
2020/2021
Abstract
Da parecchi decenni, e in misura crescente negli ultimi anni, si assiste ad una proliferazione del fenomeno delle società a partecipazione pubblica: le amministrazioni pubbliche – soprattutto locali – ricorrono, sempre più spesso, al modello societario per perseguire fini di interesse pubblico o per erogare direttamente servizi pubblici. Essendo opinione diffusa l’idea che lo spostamento di attività amministrative al di fuori dell’apparato interno delle amministrazioni possa dar vita a risultati positivi, si è affermato un trend legislativo orientato a promuovere l’utilizzo dello strumento societario, con conseguente crescita esponenziale dell’impiego dello schema societario da parte delle pubbliche amministrazioni. Col tempo, tuttavia, sono emersi anche svariati risvolti negativi, per lo più legati all’abuso dello strumento societario, con ciò sollecitando l’avvio di una sensibile inversione di tendenza. Al fine di scongiurare l’elusione dei vincoli di finanza pubblica, il legislatore ha perciò portato innanzi, con sempre maggior severità, un’operazione di riduzione del numero delle società partecipate, in modo tale da valorizzare anche il principio di efficienza. La svolta ha avuto il suo culmine con l’approvazione del d.lgs. 19 agosto 2016 n. 175, recante «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», entrato in vigore il 23 settembre 2016 ed emanato in esecuzione della legge-delega 7 agosto 2015, n. 124. L’esigenza di razionalizzazione e di riduzione delle partecipazioni pubbliche si inscrive nel più ampio contesto delle finalità perseguite dal testo unico, definite nello stesso art. 1, comma 2, del decreto, e dirette «all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica». Proprio nell’ottica di perseguire tali obiettivi, il testo unico contiene diversi articoli che attribuiscono funzioni di fondamentale importanza ‒ tanto di controllo, quanto di giurisdizione ‒ alla Corte dei conti. Il nuovo testo unico, all’art. 12, ha preso anche posizione in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile nelle controversie aventi ad oggetto la responsabilità degli amministratori o dei dipendenti delle società partecipate pubbliche per gli atti di mala gestio, che per lunghi anni ha dato vita a “scontri” giurisprudenziali. La giurisprudenza, ordinaria e contabile, infatti, nel corso del tempo ha oscillato tra una fase espansiva e una fase più restrittiva. Nel corso dell’esposizione si è cercato di ricostruire i principali orientamenti della giurisprudenza in materia che, per quanto talvolta datati e superati, costituiscono il necessario background delle scelte legislative successivamente assunte dal testo unico sulle società partecipate. Sebbene la legge-delega avesse incaricato l’esecutivo di elaborare una «precisa definizione» del regime delle responsabilità degli amministratori delle amministrazioni partecipanti nonché dei dipendenti e degli organi di gestione e controllo delle società partecipate, l’art. 12 del testo unico ha suscitato, in svariati passaggi, riflessioni critiche, o quanto meno perplesse, da parte della più autorevole dottrina. La formulazione del testo avrebbe potuto aprire la strada a nuove posizioni in materia, ma, per la verità, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno sostanzialmente riconfermato i propri precedenti orientamenti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/30521