I coralli che originano le barriere tropicali (più correttamente madrepore, sclerattinie o esacoralli) sono biocostruzioni organogene create da animali, i polipi, che vivono in simbiosi con alcune alghe microscopiche dinoflagellate del genere Symbiodinium. Queste alghe (definite zooxantelle), oltre a conferire il caratteristico colore agli scheletri calcarei delle madrepore, svolgono la fotosintesi e quindi forniscono all’animale sostanze nutritive. La simbiosi tra polipi e alghe è condizionata da diversi fattori, il più importante è la temperatura dell’acqua, al punto che un aumento di 2°C può provocare l’espulsione delle zooxantelle e quindi privare i polipi di una parte del nutrimento. Se queste condizioni si protraggono a lungo, possono portare l’animale alla morte e l’assenza delle alghe renderà bianche le loro strutture calcaree (fenomeno noto come sbiancamento o bleaching). Lo sbiancamento è un indicatore non specifico per una serie di fattori di stress ambientale, infatti può essere causato non solo da temperature troppo elevate, ma anche da temperature troppo basse dell'acqua, sedimentazione, elevato irraggiamento o torbidità, perturbazione meccanica o infezione da agenti patogeni microbici. Le madrepore morte diventano oggetto della rapida azione distruttiva dell’erosione marina, che non è più contrastata dalla produzione di nuovo carbonato di calcio. La morte dei polipi, inoltre, danneggia l’intero ecosistema corallino, con ripercussioni sulla fauna, costituita prevalentemente da spugne, altri celenterati, molluschi, policheti, artropodi e pesci. Sappiamo che la frequenza e l'estensione del processo sbiancante è aumentato nell'ultimo secolo e ha provocato morie di massa di antozoi. Gli episodi di sbiancamento hanno causato una grave perdita della copertura corallina in alcune località, e hanno cambiato la struttura della comunità madreporica in altri siti, mettendo a rischio la biodiversità nei tropici marini. Il bleaching ha anche posto le basi per un deterioramento generale della salute degli organismi associati al reef, causando aumenti delle malattie e perdita di habitat essenziale per lo sviluppo di pesci e altri animali. Sebbene la gravità e il recupero dello sbiancamento siano stati variabili nelle diverse aree, in particolare l'Oceano Indiano ha subito un grande evento di sbiancamento nel 1998. Le conseguenze del “coral bleaching” anche sull’uomo e sull’economia, possono essere devastanti: in molte aree del mondo, infatti, dalle barriere coralline dipendono attività quali la pesca e il turismo, senza contare che queste strutture costituiscono una difesa dall’erosione costiera e da mareggiate distruttive associate a eventi meteorologici estremi.

Climate change e coral bleaching: implicazioni ecologiche e prospettive future

BASSINO, ANITA
2019/2020

Abstract

I coralli che originano le barriere tropicali (più correttamente madrepore, sclerattinie o esacoralli) sono biocostruzioni organogene create da animali, i polipi, che vivono in simbiosi con alcune alghe microscopiche dinoflagellate del genere Symbiodinium. Queste alghe (definite zooxantelle), oltre a conferire il caratteristico colore agli scheletri calcarei delle madrepore, svolgono la fotosintesi e quindi forniscono all’animale sostanze nutritive. La simbiosi tra polipi e alghe è condizionata da diversi fattori, il più importante è la temperatura dell’acqua, al punto che un aumento di 2°C può provocare l’espulsione delle zooxantelle e quindi privare i polipi di una parte del nutrimento. Se queste condizioni si protraggono a lungo, possono portare l’animale alla morte e l’assenza delle alghe renderà bianche le loro strutture calcaree (fenomeno noto come sbiancamento o bleaching). Lo sbiancamento è un indicatore non specifico per una serie di fattori di stress ambientale, infatti può essere causato non solo da temperature troppo elevate, ma anche da temperature troppo basse dell'acqua, sedimentazione, elevato irraggiamento o torbidità, perturbazione meccanica o infezione da agenti patogeni microbici. Le madrepore morte diventano oggetto della rapida azione distruttiva dell’erosione marina, che non è più contrastata dalla produzione di nuovo carbonato di calcio. La morte dei polipi, inoltre, danneggia l’intero ecosistema corallino, con ripercussioni sulla fauna, costituita prevalentemente da spugne, altri celenterati, molluschi, policheti, artropodi e pesci. Sappiamo che la frequenza e l'estensione del processo sbiancante è aumentato nell'ultimo secolo e ha provocato morie di massa di antozoi. Gli episodi di sbiancamento hanno causato una grave perdita della copertura corallina in alcune località, e hanno cambiato la struttura della comunità madreporica in altri siti, mettendo a rischio la biodiversità nei tropici marini. Il bleaching ha anche posto le basi per un deterioramento generale della salute degli organismi associati al reef, causando aumenti delle malattie e perdita di habitat essenziale per lo sviluppo di pesci e altri animali. Sebbene la gravità e il recupero dello sbiancamento siano stati variabili nelle diverse aree, in particolare l'Oceano Indiano ha subito un grande evento di sbiancamento nel 1998. Le conseguenze del “coral bleaching” anche sull’uomo e sull’economia, possono essere devastanti: in molte aree del mondo, infatti, dalle barriere coralline dipendono attività quali la pesca e il turismo, senza contare che queste strutture costituiscono una difesa dall’erosione costiera e da mareggiate distruttive associate a eventi meteorologici estremi.
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