La confessione per lungo tempo è stata considerata la "prova regina" in tribunale; ma quanto sono affidabili le dichiarazioni rese dall'imputato? È possibile che un innocente confessi un crimine mai commesso? Nel tentativo di dare una risposta a tali domande, l'obiettivo duplice di questo lavoro è quello, da un lato, di delineare la cornice garantistica del nostro processo penale nella quale la dichiarazione confessoria si inserisce, attraverso anche un'analisi dell'istituto dell'interrogatorio e dei diritti che gravitano attorno ad esso; dall'altro di scalfire le credenze erronee insite negli operatori del diritto, di cui quella radicata con maggiore forza sembra essere la convinzione che un soggetto non ammetterebbe mai la propria responsabilità in un reato a cui è estraneo. Costituisce, infatti, un buco nero nel sistema dei valori informatori del rito penale l'assenza di approfondimento psicologico delle variabili che possono influenzare il processo decisionale del soggetto sottoposto ad interrogatorio, il che si traduce nella creazione di terreno fertile per l'utilizzo di tecniche d'esame coercitive o capaci di produrre memorie impiantate per suggestione. Questo elaborato cerca di far chiarezza sulle cause e sulle motivazioni che spingono un individuo a confessare falsamente, attraverso altresì una sintetica ricostruzione di quanto accaduto in un caso giudiziario reale: la cosiddetta Strage di Erba. Per mezzo dei verbali di interrogatorio a carico dei due imputati, Bazzi Rosa e Olindo Romano, nonché delle sentenze di primo, secondo e terzo grado, si è potuto realizzare un confronto fra quanto conosciuto in letteratura circa il percorso che conduce ad una falsa ammissione di colpevolezza e quanto messo in atto dai Carabinieri di Como al fine di ottenere il contributo conoscitivo dei due coniugi. Quello che emerge è una modo di procedere decisamente discutibile che potrebbe aver portato ad un agghiacciante e, sopratutto, irreversibile risultato: la condanna di due persone innocenti.

Le false confessioni nel processo penale: cosa spinge un innocente a confessare? Strage di Erba: le confessioni di Rosa Bazzi e Olindo Romano

GASPARINI, GIULIA
2019/2020

Abstract

La confessione per lungo tempo è stata considerata la "prova regina" in tribunale; ma quanto sono affidabili le dichiarazioni rese dall'imputato? È possibile che un innocente confessi un crimine mai commesso? Nel tentativo di dare una risposta a tali domande, l'obiettivo duplice di questo lavoro è quello, da un lato, di delineare la cornice garantistica del nostro processo penale nella quale la dichiarazione confessoria si inserisce, attraverso anche un'analisi dell'istituto dell'interrogatorio e dei diritti che gravitano attorno ad esso; dall'altro di scalfire le credenze erronee insite negli operatori del diritto, di cui quella radicata con maggiore forza sembra essere la convinzione che un soggetto non ammetterebbe mai la propria responsabilità in un reato a cui è estraneo. Costituisce, infatti, un buco nero nel sistema dei valori informatori del rito penale l'assenza di approfondimento psicologico delle variabili che possono influenzare il processo decisionale del soggetto sottoposto ad interrogatorio, il che si traduce nella creazione di terreno fertile per l'utilizzo di tecniche d'esame coercitive o capaci di produrre memorie impiantate per suggestione. Questo elaborato cerca di far chiarezza sulle cause e sulle motivazioni che spingono un individuo a confessare falsamente, attraverso altresì una sintetica ricostruzione di quanto accaduto in un caso giudiziario reale: la cosiddetta Strage di Erba. Per mezzo dei verbali di interrogatorio a carico dei due imputati, Bazzi Rosa e Olindo Romano, nonché delle sentenze di primo, secondo e terzo grado, si è potuto realizzare un confronto fra quanto conosciuto in letteratura circa il percorso che conduce ad una falsa ammissione di colpevolezza e quanto messo in atto dai Carabinieri di Como al fine di ottenere il contributo conoscitivo dei due coniugi. Quello che emerge è una modo di procedere decisamente discutibile che potrebbe aver portato ad un agghiacciante e, sopratutto, irreversibile risultato: la condanna di due persone innocenti.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/30424