Il presente lavoro intende affrontare l'esame dell'intricata disciplina del vizio di forma dei licenziamenti individuali dalla sua origine sino agli sviluppi normativi più recenti. L'indagine muove da una breve illustrazione della disciplina contenuta nel Codice civile del 1942, la quale è imperniata sull'assoluta libertà del licenziamento e, dunque, sull'assoluta insindacabilità del potere di recesso datoriale, per poi proseguire con la disamina della legge 15 luglio 1966, n. 604 e, in particolare, delle questioni interpretative sorte in relazione all'art. 2 della legge medesima, il quale introduce per la prima volta nel nostro ordinamento il requisito di forma scritta e l'obbligo di motivazione del licenziamento. Nell'ultima parte del primo capitolo è introdotta la disciplina dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 - comunemente nota come Statuto dei lavoratori - la quale sarà oggetto di una più approfondita analisi nel secondo capitolo, interamente incentrato sulla rilevanza che il vizio formale, diverso dal difetto di forma scritta, ha assunto con l'entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92. A tal proposito, l'accento è stato posto sul comma sesto, dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori e sul regime sanzionatorio da questo apprestato. Poiché il legislatore del 2012 non è intervenuto direttamente a disciplinare i profili sanzionatori dei vizi formali e procedurali dei licenziamenti nell'area della c.d. tutela obbligatoria, nel terzo capitolo è esposta la disciplina sanzionatoria applicabile ai datori di lavoro di minori dimensioni in caso di licenziamento intimato in violazione di uno dei requisiti formali o procedurali previsti dalla legge. Sulla scorta delle considerazioni svolte nel secondo capitolo, si è proceduto, nel quarto e ultimo capitolo, ad analizzare la disciplina introdotta dal d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23 in un'ottica di comparazione con la disciplina statutaria. In ultima istanza, nella parte dedicata alle conclusioni, si è proposta una riflessione de jure condendo sulle prospettive di revisione e ricomposizione della normativa in materia soprattutto alla luce della recente pronuncia di illegittimità costituzionale della Corte costituzionale. In ciascun capitolo dell'elaborato un'attenzione particolare è stata rivolta sia ai profili patologici e alle conseguenze che le varie discipline hanno ricollegato alla violazione delle regole che dettano i requisiti formali e procedurali del licenziamento, sia alle acquisizioni di una giurisprudenza che, in molti casi, non si è limitata a colmare le lacune legislative o a riempire di contenuto formule ritenute generiche e, quindi, a supplire alla inattività del legislatore. Mi riferisco alle derive di quella cosiddetta “giurisprudenza creativa”, per le quali le sentenze non si limitano a colmare un vuoto ma creano diritto, disapplicando o innovando il diritto vigente.
IL VIZIO DI FORMA NELLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI INDIVIDUALI
GIBILISCO, MARIAPAOLA
2019/2020
Abstract
Il presente lavoro intende affrontare l'esame dell'intricata disciplina del vizio di forma dei licenziamenti individuali dalla sua origine sino agli sviluppi normativi più recenti. L'indagine muove da una breve illustrazione della disciplina contenuta nel Codice civile del 1942, la quale è imperniata sull'assoluta libertà del licenziamento e, dunque, sull'assoluta insindacabilità del potere di recesso datoriale, per poi proseguire con la disamina della legge 15 luglio 1966, n. 604 e, in particolare, delle questioni interpretative sorte in relazione all'art. 2 della legge medesima, il quale introduce per la prima volta nel nostro ordinamento il requisito di forma scritta e l'obbligo di motivazione del licenziamento. Nell'ultima parte del primo capitolo è introdotta la disciplina dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 - comunemente nota come Statuto dei lavoratori - la quale sarà oggetto di una più approfondita analisi nel secondo capitolo, interamente incentrato sulla rilevanza che il vizio formale, diverso dal difetto di forma scritta, ha assunto con l'entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92. A tal proposito, l'accento è stato posto sul comma sesto, dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori e sul regime sanzionatorio da questo apprestato. Poiché il legislatore del 2012 non è intervenuto direttamente a disciplinare i profili sanzionatori dei vizi formali e procedurali dei licenziamenti nell'area della c.d. tutela obbligatoria, nel terzo capitolo è esposta la disciplina sanzionatoria applicabile ai datori di lavoro di minori dimensioni in caso di licenziamento intimato in violazione di uno dei requisiti formali o procedurali previsti dalla legge. Sulla scorta delle considerazioni svolte nel secondo capitolo, si è proceduto, nel quarto e ultimo capitolo, ad analizzare la disciplina introdotta dal d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23 in un'ottica di comparazione con la disciplina statutaria. In ultima istanza, nella parte dedicata alle conclusioni, si è proposta una riflessione de jure condendo sulle prospettive di revisione e ricomposizione della normativa in materia soprattutto alla luce della recente pronuncia di illegittimità costituzionale della Corte costituzionale. In ciascun capitolo dell'elaborato un'attenzione particolare è stata rivolta sia ai profili patologici e alle conseguenze che le varie discipline hanno ricollegato alla violazione delle regole che dettano i requisiti formali e procedurali del licenziamento, sia alle acquisizioni di una giurisprudenza che, in molti casi, non si è limitata a colmare le lacune legislative o a riempire di contenuto formule ritenute generiche e, quindi, a supplire alla inattività del legislatore. Mi riferisco alle derive di quella cosiddetta “giurisprudenza creativa”, per le quali le sentenze non si limitano a colmare un vuoto ma creano diritto, disapplicando o innovando il diritto vigente.File | Dimensione | Formato | |
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