La nostra indagine si propone di studiare la consuetudine come fonte di produzione del diritto all'interno dell'ordinamento giuridico romano nel suo complesso e soprattutto in rapporto al diritto giurisprudenziale, ma anche di stabilire cosa vogliamo intendere quando parliamo di diritto consuetudinario romano. Infatti, l'uso della locuzione diritto consuetudinario può indicare sia tutto l'insieme del diritto di produzione non legislativa, sia, con un'accezione più ristretta, solo il diritto costituito dagli usi o dal costume. Per un discorso giuridico, appare più logico riferirsi alla consuetudine nel suo significato ristretto, tuttavia ci si è comunque spesso riferiti al diritto consuetudinario romano ricorrendo anche a quell'idea di consuetudine più ampia in senso lato, o “sociale”. Pertanto, sebbene il nostro studio sarà volto per lo più all'analisi del diritto consuetudinario in senso stretto, ravvisabile soprattutto nei mores, non si tralascerà di riferire anche di quei fenomeni consuetudinari in senso lato, perché ci è sembrato giusto tenerli ugualmente in considerazione. Del resto la nostra ricerca è proprio partita dagli scritti di un autore, Filippo Gallo, il quale, sviluppando in modo molto originale l'idea di un diritto consuetudinario in senso lato, critica la limitata e stereotipata odierna concezione di diritto consuetudinario in senso stretto. Le idee di questo autore, che in definitiva si finirà in gran parte per non condividere, hanno però contribuito ad orientare questa ricerca ad un'analisi più ampia del fenomeno consuetudinario romano: si è ricercata una teoria che, pur partendo da un'idea di consuetudine in senso stretto, possa essere più utile a meglio evidenziare, rispetto all'attuale e comune definizione di consuetudine, il ruolo peculiare che questa svolgeva alle origini della società romana. Se ci è sembrata da respingere l'idea, in parte dispersiva per l'ambito giuridico, di un diritto consuetudinario in senso lato, non ci è nemmeno sembrato opportuno accettare una definizione di consuetudine in senso acritico: non tenere in conto le peculiarità storiche romane, cadendo in un astorico dogmatismo. Questo importante ruolo di integrazione dell'attuale definizione di consuetudine, ci è sembrato potesse essere svolto dalla teoria del diritto consuetudinario come fatto normativo. Infine, poiché non ci sembrava giusto che quell'importante fenomeno di diritto consuetudinario in senso lato andasse completamente taciuto, si è lo stesso cercato, per quanto è possibile darne una spiegazione giuridica e non sociale, di chiarire in cosa esso consistesse. Si è creduto di trovare la risposta, in parte in quello chiamato da Fritz Schulz “principio di tradizione”, e in parte nell'esistenza di un “diritto casistico” romano teorizzato da Letizia Vacca: l'uno al centro soprattutto dell'attività giurisprudenziale e l'altro prevalentemente appartenente all'ambito giudiziario.
la consuetudine come fonte di produzione del diritto nell'esperienza giuridica romana
BARDI, ANDREA
2019/2020
Abstract
La nostra indagine si propone di studiare la consuetudine come fonte di produzione del diritto all'interno dell'ordinamento giuridico romano nel suo complesso e soprattutto in rapporto al diritto giurisprudenziale, ma anche di stabilire cosa vogliamo intendere quando parliamo di diritto consuetudinario romano. Infatti, l'uso della locuzione diritto consuetudinario può indicare sia tutto l'insieme del diritto di produzione non legislativa, sia, con un'accezione più ristretta, solo il diritto costituito dagli usi o dal costume. Per un discorso giuridico, appare più logico riferirsi alla consuetudine nel suo significato ristretto, tuttavia ci si è comunque spesso riferiti al diritto consuetudinario romano ricorrendo anche a quell'idea di consuetudine più ampia in senso lato, o “sociale”. Pertanto, sebbene il nostro studio sarà volto per lo più all'analisi del diritto consuetudinario in senso stretto, ravvisabile soprattutto nei mores, non si tralascerà di riferire anche di quei fenomeni consuetudinari in senso lato, perché ci è sembrato giusto tenerli ugualmente in considerazione. Del resto la nostra ricerca è proprio partita dagli scritti di un autore, Filippo Gallo, il quale, sviluppando in modo molto originale l'idea di un diritto consuetudinario in senso lato, critica la limitata e stereotipata odierna concezione di diritto consuetudinario in senso stretto. Le idee di questo autore, che in definitiva si finirà in gran parte per non condividere, hanno però contribuito ad orientare questa ricerca ad un'analisi più ampia del fenomeno consuetudinario romano: si è ricercata una teoria che, pur partendo da un'idea di consuetudine in senso stretto, possa essere più utile a meglio evidenziare, rispetto all'attuale e comune definizione di consuetudine, il ruolo peculiare che questa svolgeva alle origini della società romana. Se ci è sembrata da respingere l'idea, in parte dispersiva per l'ambito giuridico, di un diritto consuetudinario in senso lato, non ci è nemmeno sembrato opportuno accettare una definizione di consuetudine in senso acritico: non tenere in conto le peculiarità storiche romane, cadendo in un astorico dogmatismo. Questo importante ruolo di integrazione dell'attuale definizione di consuetudine, ci è sembrato potesse essere svolto dalla teoria del diritto consuetudinario come fatto normativo. Infine, poiché non ci sembrava giusto che quell'importante fenomeno di diritto consuetudinario in senso lato andasse completamente taciuto, si è lo stesso cercato, per quanto è possibile darne una spiegazione giuridica e non sociale, di chiarire in cosa esso consistesse. Si è creduto di trovare la risposta, in parte in quello chiamato da Fritz Schulz “principio di tradizione”, e in parte nell'esistenza di un “diritto casistico” romano teorizzato da Letizia Vacca: l'uno al centro soprattutto dell'attività giurisprudenziale e l'altro prevalentemente appartenente all'ambito giudiziario.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/30047