La bioraffineria è la lavorazione integrale della biomassa proveniente da silvicoltura, agricoltura, residui industriali e domestici. Un aspetto essenziale delle bioraffinerie è la loro sostenibilità per l'impatto che attuano sull'ambiente, sull'economia e sulla società. Si basano sull'uso innovativo e conveniente della biomassa per la produzione di prodotti a base biologica (alimenti, mangimi, materiali e prodotti chimici) e di bioenergia (energia, calore e combustibili). I residui ottenuti dal processo forniscono calore ed elettricità o vengono utilizzati per ottimizzare l'economia e l'ecologia dell'intera catena di approvvigionamento della biomassa. Le bioraffinerie impiegano diversi processi di conversione: biochimico, termochimico, chimico e meccanico. I biocarburanti si suddividono in tre tipologie. Ai biocarburanti di prima generazione appartengono biodiesel, etanolo e biogas. Il biodiesel è un sostituto del diesel ed è prodotto attraverso la transesterificazione di oli vegetali e grassi animali. Il bioetanolo è un sostituto della benzina ed è prodotto attraverso la fermentazione di saccarosio o amido ad opera di microrganismi quali lieviti, batteri e muffe. Il biogas è usato nei veicoli a benzina ed è prodotto attraverso la digestione anaerobica di materie prime digeribili. I biocarburanti di seconda generazione, come il bioetanolo, sono prodotti in maniera più sostenibile da materiali lignocellulosici. Infatti la biomassa lignocellulosica è la risorsa biologica più abbondante ed economica disponibile dalle piante, utilizzata per la produzione di una gamma di prodotti di alto valore. È una fonte energetica ed è costituita da una miscela complessa di diversi polimeri. Nella conversione tradizionale della biomassa, la lignocellulosa subisce un pretrattamento, vengono adoperate diverse tecniche di pretrattamento, tra cui l'idrolisi enzimatica; a seguire intervengono i processi di conversione. L'ultima tipologia di combustibili sono i biocarburanti di terza generazione, i quali derivano, insieme ad altri prodotti, dalla biomassa acquatica rappresentata da alghe e microalghe. L'ultimo paragrafo tratta un articolo sperimentale riguardante la produzione diretta di bioetanolo da biomassa lignocellulosica tramite l'ingegnerizzazione del batterio cellulosolitico termofilo anaerobio Clostridium thermocellum, il quale produce etanolo grazie alla sua capacità di fermentare la cellulosa. Per ottenere questo è stato preso in considerazione l'enzima piruvato decarbossilasi (PDC), non presente in C. thermocellum ma in altri microrganismi, dai quali è stato prelevato il gene pdc per l'ingegnerizzazione. Sono stati eseguiti degli esperimenti per identificare quale gene fosse più idoneo alla trasformazione selezionando quello più termostabile e con la resa di etanolo più elevata; il gene pdc selezionato è stato prelevato dal batterio Acetobacter pasteurianus. Inoltre è stato ingegnerizzato un altro gene, il gene adhA, prelevato dal batterio Thermoanaerobacterium saccharolyticum per aumentare maggiormente la resa di etanolo. Entrambi i geni sono stati inseriti nello stesso plasmide, il quale è stato trasformato in C. thermocellum con l'obiettivo di incrementare la produzione di etanolo. Il ceppo esprimente ApPdc+adhA è stato coltivato su cellulosa in bioreattore; la resa finale di etanolo è stata del 70% del massimo teorico mentre il titolo finale di 21, 3 g/L.
Uso dell'ingegneria metabolica per la produzione di bioetanolo di seconda generazione da biomassa lignocellulosica
IACONA, SARA
2019/2020
Abstract
La bioraffineria è la lavorazione integrale della biomassa proveniente da silvicoltura, agricoltura, residui industriali e domestici. Un aspetto essenziale delle bioraffinerie è la loro sostenibilità per l'impatto che attuano sull'ambiente, sull'economia e sulla società. Si basano sull'uso innovativo e conveniente della biomassa per la produzione di prodotti a base biologica (alimenti, mangimi, materiali e prodotti chimici) e di bioenergia (energia, calore e combustibili). I residui ottenuti dal processo forniscono calore ed elettricità o vengono utilizzati per ottimizzare l'economia e l'ecologia dell'intera catena di approvvigionamento della biomassa. Le bioraffinerie impiegano diversi processi di conversione: biochimico, termochimico, chimico e meccanico. I biocarburanti si suddividono in tre tipologie. Ai biocarburanti di prima generazione appartengono biodiesel, etanolo e biogas. Il biodiesel è un sostituto del diesel ed è prodotto attraverso la transesterificazione di oli vegetali e grassi animali. Il bioetanolo è un sostituto della benzina ed è prodotto attraverso la fermentazione di saccarosio o amido ad opera di microrganismi quali lieviti, batteri e muffe. Il biogas è usato nei veicoli a benzina ed è prodotto attraverso la digestione anaerobica di materie prime digeribili. I biocarburanti di seconda generazione, come il bioetanolo, sono prodotti in maniera più sostenibile da materiali lignocellulosici. Infatti la biomassa lignocellulosica è la risorsa biologica più abbondante ed economica disponibile dalle piante, utilizzata per la produzione di una gamma di prodotti di alto valore. È una fonte energetica ed è costituita da una miscela complessa di diversi polimeri. Nella conversione tradizionale della biomassa, la lignocellulosa subisce un pretrattamento, vengono adoperate diverse tecniche di pretrattamento, tra cui l'idrolisi enzimatica; a seguire intervengono i processi di conversione. L'ultima tipologia di combustibili sono i biocarburanti di terza generazione, i quali derivano, insieme ad altri prodotti, dalla biomassa acquatica rappresentata da alghe e microalghe. L'ultimo paragrafo tratta un articolo sperimentale riguardante la produzione diretta di bioetanolo da biomassa lignocellulosica tramite l'ingegnerizzazione del batterio cellulosolitico termofilo anaerobio Clostridium thermocellum, il quale produce etanolo grazie alla sua capacità di fermentare la cellulosa. Per ottenere questo è stato preso in considerazione l'enzima piruvato decarbossilasi (PDC), non presente in C. thermocellum ma in altri microrganismi, dai quali è stato prelevato il gene pdc per l'ingegnerizzazione. Sono stati eseguiti degli esperimenti per identificare quale gene fosse più idoneo alla trasformazione selezionando quello più termostabile e con la resa di etanolo più elevata; il gene pdc selezionato è stato prelevato dal batterio Acetobacter pasteurianus. Inoltre è stato ingegnerizzato un altro gene, il gene adhA, prelevato dal batterio Thermoanaerobacterium saccharolyticum per aumentare maggiormente la resa di etanolo. Entrambi i geni sono stati inseriti nello stesso plasmide, il quale è stato trasformato in C. thermocellum con l'obiettivo di incrementare la produzione di etanolo. Il ceppo esprimente ApPdc+adhA è stato coltivato su cellulosa in bioreattore; la resa finale di etanolo è stata del 70% del massimo teorico mentre il titolo finale di 21, 3 g/L.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/29873