Background: Patients on home parenteral nutrition (NDP) experience a reduction in quality of life during treatment, due to the underlying disease, NPD, reduced freedom, etc. In addition, to control gastrointestinal (GI) symptoms, they act altered behaviors towards nutrition, i.e. excessive control and concerns about specific eating patterns that could exacerbate the symptoms. The purpose of this study is to evaluate whether this alteration in eating behavior can be an eating disorder or a mere mode of protection against symptoms. In addition, this study aims to evaluate the risk of depression, anxiety, stress and whether they are attributable to parenteral nutrition, as well as the degree of resilience of patients. Materials and methods: for this observational-descriptive study, adult patients in NPD were recruited for benign underlying diseases who attend to the NPD outpatient clinic of the A.O. Città della salute of Turin. They completed four questionnaires sent by email: the EDEQ, the Bratman test about orthorexia, the DASS-21, and the RSA. The test results were subsequently statistically analyzed in association with several variables. Results: 69 subjects participated in the study. 26% were at risk of orthorexia, probably because this behavior is a protective modality aimed at reducing GI symptoms and / or it’s due to the strict dietary recommendations prescribed to them. The risk of orthorexia is inversely proportional to the duration of the NPD, probably thanks to the adaptation to the NPD and the management of symptoms. Only one subject tested positive for the risk of eating disorders, this confirms that the alteration of eating behavior is a protective modality against symptoms. It’s interesting to observe that higher scores were found in the sub-class "concern for the shape of the body", probably due to the presence of the central venous catheter (CVC) and the stoma, which can cause discomfort in the patient. Nutrition management also seems to play a role in the risk of eating disorders: it has been noted that the more management is beyond the patient's control, the higher the scores relating to the "restriction" and "concern for nutrition" subclasses. Furthermore, it was found that about 40% and 35% of the participants are respectively at risk of anxiety and depression, but there were no statistically significant associations with the variables examined, this suggests that they are not caused by NPD. In contrast, it was found that the frequency of infusions and the risk of stress are directly proportional, in particular, the risk of mild/moderate stress is increased by about 6 times in subjects who infuse more than 5 times per week compared to those which infuse less (OR 5.92; p = 0.01), probably caused by the severe limitations of daily activities. Finally, the sample showed a good degree of resilience overall (42% and 50% of the sample has a medium and high degree of resilience respectively). Conclusion: NPD involves enormous psychological implications in the patient's life. For this reason, the dietician, with whom the patient forms a helping relationship, should be sensitized to the recognition of the discomforts due to the CVC and the stoma and to the risk of anxiety, depression, stress, and orthorexia in order to send the patient to psychologists. and psychiatrists to prevent them from becoming pathological pictures.
Introduzione: i pazienti in nutrizione parenterale domiciliare (NDP) vanno incontro ad una riduzione della qualità di vita durante il trattamento, a causa della patologia di base, della NPD, della riduzione della libertà, ecc. Inoltre, per controllare i sintomi gastrointestinali (GI), essi mettono in atto comportamenti alterati nei confronti dell’alimentazione, ovvero un controllo eccessivo e preoccupazioni nei confronti di specifici pattern alimentari che potrebbero esacerbare la sintomatologia. Lo scopo di questo studio è valutare se questa alterazione del comportamento alimentare possa essere un disturbo alimentare oppure una mera modalità di protezione nei confronti dei sintomi. In più, questo studio si propone di valutare il grado di resilienza, il rischio di depressione, ansia, stress e se quest’ultimi siano ascrivibili alla nutrizione parenterale. Materiali e metodi: per questo studio osservazionale-descrittivo sono stati reclutati i pazienti maggiorenni in NPD per patologie di base benigne afferenti all’ambulatorio di NPD dell’A.O. Città della salute di Torino. Essi hanno compilato quattro questionari inviati via mail: l’EDEQ, il test di Bratman sull’ortoressia, il DASS-21 e l’RSA. I risultati dei test sono stati successivamente analizzati statisticamente in associazione con diverse variabili. Risultati: allo studio hanno partecipato 69 soggetti. Il 26% è risultato a rischio di ortoressia, probabilmente come modalità protettiva volta alla riduzione dei sintomi GI e/o a causa delle rigide indicazioni dietetiche prescrittegli. Il rischio d’ortoressia è inversamente proporzionale alla durata della NPD, verosimilmente grazie all’adattamento alla NPD e alla gestione dei sintomi. Un solo soggetto è risultato positivo al rischio di disturbi alimentari, ciò conferma che l’alterazione del comportamento alimentare è una modalità protettiva contro la sintomatologia. È interessante osservare che score più elevati si sono riscontrati nella sottoclasse “preoccupazione per la forma del corpo”, probabilmente a causa della presenza del catetere venoso centrale (CVC) e della stomia, che possono provocare disagio nel paziente. Anche la gestione della nutrizione sembra giocare un ruolo nel rischio di disturbi alimentari: si è notato che tanto più la gestione è al di fuori del controllo del paziente tanto più alti sono gli scores relativi alle sottoclassi “restrizione” e “preoccupazione per l’alimentazione”. Inoltre, è emerso che circa il 40% e il 35% dei partecipanti sono rispettivamente a rischio di ansia e depressione, ma non si sono riscontrate associazioni statisticamente significative con le variabili prese in esame, questo fa presumere che non siano causate dalla NPD. In opposizione, è stato rilevato che la frequenza d’infusioni e il rischio di stress sono direttamente proporzionali, in particolare, il rischio di stress lieve/moderato è aumentato di circa 6 volte nei soggetti che infondono più di 5 volte alla settimana rispetto a quelli che infondono meno (OR 5,92; p=0,01), probabilmente causato dalle forti limitazioni delle attività quotidiane. Infine, il campione ha dimostrato complessivamente un buon grado di resilienza (42% e 50% del campione ha un grado di resilienza rispettivamente medio e alto). Conclusione: la NPD comporta enormi risvolti psicologici nella vita del paziente. Per questo motivo il dietista, con il quale il paziente stringe una relazione d’aiuto, dovrebbe essere sensibilizzato al riconoscimento dei disagi dovuti al CVC e alla stomia e al rischio di ansia, depressione, stress e ortoressia in modo da inviare il paziente a psicologi e psichiatri per evitare che possano diventare quadri patologici.
Valutazione della presenza di alterazioni del comportamento alimentare in soggetti in nutrizione parenterale domiciliare per patologie di base benigne
FONTANA, ALESSANDRA
2020/2021
Abstract
Introduzione: i pazienti in nutrizione parenterale domiciliare (NDP) vanno incontro ad una riduzione della qualità di vita durante il trattamento, a causa della patologia di base, della NPD, della riduzione della libertà, ecc. Inoltre, per controllare i sintomi gastrointestinali (GI), essi mettono in atto comportamenti alterati nei confronti dell’alimentazione, ovvero un controllo eccessivo e preoccupazioni nei confronti di specifici pattern alimentari che potrebbero esacerbare la sintomatologia. Lo scopo di questo studio è valutare se questa alterazione del comportamento alimentare possa essere un disturbo alimentare oppure una mera modalità di protezione nei confronti dei sintomi. In più, questo studio si propone di valutare il grado di resilienza, il rischio di depressione, ansia, stress e se quest’ultimi siano ascrivibili alla nutrizione parenterale. Materiali e metodi: per questo studio osservazionale-descrittivo sono stati reclutati i pazienti maggiorenni in NPD per patologie di base benigne afferenti all’ambulatorio di NPD dell’A.O. Città della salute di Torino. Essi hanno compilato quattro questionari inviati via mail: l’EDEQ, il test di Bratman sull’ortoressia, il DASS-21 e l’RSA. I risultati dei test sono stati successivamente analizzati statisticamente in associazione con diverse variabili. Risultati: allo studio hanno partecipato 69 soggetti. Il 26% è risultato a rischio di ortoressia, probabilmente come modalità protettiva volta alla riduzione dei sintomi GI e/o a causa delle rigide indicazioni dietetiche prescrittegli. Il rischio d’ortoressia è inversamente proporzionale alla durata della NPD, verosimilmente grazie all’adattamento alla NPD e alla gestione dei sintomi. Un solo soggetto è risultato positivo al rischio di disturbi alimentari, ciò conferma che l’alterazione del comportamento alimentare è una modalità protettiva contro la sintomatologia. È interessante osservare che score più elevati si sono riscontrati nella sottoclasse “preoccupazione per la forma del corpo”, probabilmente a causa della presenza del catetere venoso centrale (CVC) e della stomia, che possono provocare disagio nel paziente. Anche la gestione della nutrizione sembra giocare un ruolo nel rischio di disturbi alimentari: si è notato che tanto più la gestione è al di fuori del controllo del paziente tanto più alti sono gli scores relativi alle sottoclassi “restrizione” e “preoccupazione per l’alimentazione”. Inoltre, è emerso che circa il 40% e il 35% dei partecipanti sono rispettivamente a rischio di ansia e depressione, ma non si sono riscontrate associazioni statisticamente significative con le variabili prese in esame, questo fa presumere che non siano causate dalla NPD. In opposizione, è stato rilevato che la frequenza d’infusioni e il rischio di stress sono direttamente proporzionali, in particolare, il rischio di stress lieve/moderato è aumentato di circa 6 volte nei soggetti che infondono più di 5 volte alla settimana rispetto a quelli che infondono meno (OR 5,92; p=0,01), probabilmente causato dalle forti limitazioni delle attività quotidiane. Infine, il campione ha dimostrato complessivamente un buon grado di resilienza (42% e 50% del campione ha un grado di resilienza rispettivamente medio e alto). Conclusione: la NPD comporta enormi risvolti psicologici nella vita del paziente. Per questo motivo il dietista, con il quale il paziente stringe una relazione d’aiuto, dovrebbe essere sensibilizzato al riconoscimento dei disagi dovuti al CVC e alla stomia e al rischio di ansia, depressione, stress e ortoressia in modo da inviare il paziente a psicologi e psichiatri per evitare che possano diventare quadri patologici.File | Dimensione | Formato | |
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