Background: cardiac arrest is the leading cause of death in Europe. In addition to causing unfavorable outcomes at the myocardial level, it also particularly affects the neurological level.Over the years, through the execution of various studies, the possible effectiveness of managing body temperature in preventing adverse neurological outcomes has been noted, as an increase in temperature particularly affects the brain after cardiac arrest. Despite this, this type of treatment is still discussed, due to the different results obtained from each single study. Objective: the objective of the thesis was to evaluate the use of targeted temperature management in patients who had had a cardiac arrest, considering the outcome and neurological picture in hospital and at discharge. Methods: it is a retrospective cohort study, the data of which derive from the regional database of cardiac arrests, whose standardized data collection sheet follows the international parameters of the Utsein Style. Patients who have had cardiac arrest, of any type and underlying cause, were recruited; they have been divided into two groups based on the introduction of the temperature management protocol. To the first belong those who were hospitalized between 2010 and 2016 and to the second those who were hospitalized between 2017 and 2021. Results: the thesis study showed a globally limited use of TTM (37% of the total patients), with an increase however in group 2, therefore between 2017 and 2021 (58% group 2 vs 28% group 1, p <0.01). However, the approach with greater attention to normothermia rather than hypothermia was different. In fact, if we consider only patients undergoing controlled temperature management, a different target body temperature was highlighted (34 土 0.6 ° C vs 35.5 土 0.5 ° C p <0.01). Furthermore, there was a higher incidence of hyperthermic episodes (TC> 37.7 ° C) which went from 25% to 43.4% although the data is not significant (p 0.44). Furthermore, as regards the outcome, a worse neurological outcome is reported if we consider only patients undergoing temperature management with a GCS at 72 h (9 (IQR 4-14) vs 5 (IQR 3-8), p <0.01 ). There are no significant changes in terms of hospital mortality (67% vs 58% p 0.82). Conclusions:Targeted temperature control is one of the most discussed treatments regarding patient management after cardiac arrest. The literature in recent years has passed from hypothermia control to normothermic control, with a different impact in terms of impact on the nursing workload and on patient complications. However, normothermia has a greater risk of developing multiple episodes of hyperthermia in the first 72 hours which can worsen the patient's neurological outcome.

Introduzione: l’arresto cardiaco è la principale causa di morte in Europa. Oltre a causare outcome sfavorevoli a livello miocardico, incide particolarmente anche a livello neurologico. Negli anni, mediante l’esecuzione di diversi studi, si è notata la possibile efficacia della gestione della temperatura corporea nella prevenzione di esiti sfavorevoli a livello neurologico, in quanto un aumento di temperatura incide particolarmente a livello cerebrale dopo l’arresto cardiaco. Nonostante ciò, questa tipologia di trattamento, è ancora discussa, per via dei diversi risultati ottenuti da ogni singolo studio. Obiettivo: l’obiettivo della tesi è stato quello di valutare l’utilizzo della gestione mirata della temperatura in pazienti che avevano avuto un arresto cardiocircolatorio, considerando esito e quadro neurologico intraospedaliero e alla dimissione. Materiali e metodi: si tratta di uno studio retrospettivo di coorte, i cui dati derivano dal database regionale degli arresti cardiaci, la cui scheda della raccolta dati standardizzata segue i parametri internazionali dell’Utsein Style. Sono stati reclutati pazienti che hanno avuto un arresto cardiaco, di qualsiasi tipologia e causa sottostante; essi sono stati suddivisi in due gruppi in base all’introduzione del protocollo sulla gestione della temperatura. Al primo appartengono coloro che sono stati ricoverati tra il 2010 e il 2016 e al secondo coloro che sono stati ricoverati tra il 2017 ed il 2021. Risultati: Dallo studio di tesi è emerso un utilizzo globalmente limitato della TTM (37 % sul totale dei pazienti), con un incremento però nel gruppo 2, quindi tra il 2017 ed il 2021 (58 % gruppo 2 vs 28 % gruppo 1, p < 0.01). Diverso tuttavia è stato l’approccio con una maggiore attenzione alla normotermia più che all’ipotermia. Infatti, se consideriamo solo i pazienti sottoposti a gestione controllata della temperatura si è evidenziato una diversa temperatura corporea target (34土0.6 °C vs 35.5 土 0.5 °C p < 0.01). Inoltre si ha avuto una maggiore incidenza di episodi ipertermici (TC > 37.7 ° C) che sono passati dal 25 % al 43.4 % seppur il dato non sia significativo (p 0.44). Inoltre per quanto concerne l’outcome, si segnala un peggior esito neurologico se consideriamo solo i pazienti sottoposti a gestione della temperatura con un GCS a 72 h (9 (IQR 4-14) vs 5 (IQR 3-8), p < 0.01). Non vi sono variazioni significative in termini di mortalità ospedaliera (67% vs 58% p 0.82). Conclusioni: Il controllo mirato della temperatura è uno dei trattamenti più discussi riguardo la gestione del malato dopo l’arresto cardiocircolatorio. La letteratura in questi ultimi anni è passata da un controllo dell’ipotermia ad un controllo normotermico, con un diverso impatto in termini di impatto sul carico di lavoro infermieristico e sulle complicanze del paziente. Tuttavia, la normotermia ha un maggior rischio di sviluppare più episodi di ipertermia nelle prime 72 h che possono peggiorare l’outcome neurologico del paziente.

Gestione mirata della temperatura (TTM) nel post arresto cardiaco. Aggiornamento e ruolo dell'infermiere

COMES, REBECCA
2020/2021

Abstract

Introduzione: l’arresto cardiaco è la principale causa di morte in Europa. Oltre a causare outcome sfavorevoli a livello miocardico, incide particolarmente anche a livello neurologico. Negli anni, mediante l’esecuzione di diversi studi, si è notata la possibile efficacia della gestione della temperatura corporea nella prevenzione di esiti sfavorevoli a livello neurologico, in quanto un aumento di temperatura incide particolarmente a livello cerebrale dopo l’arresto cardiaco. Nonostante ciò, questa tipologia di trattamento, è ancora discussa, per via dei diversi risultati ottenuti da ogni singolo studio. Obiettivo: l’obiettivo della tesi è stato quello di valutare l’utilizzo della gestione mirata della temperatura in pazienti che avevano avuto un arresto cardiocircolatorio, considerando esito e quadro neurologico intraospedaliero e alla dimissione. Materiali e metodi: si tratta di uno studio retrospettivo di coorte, i cui dati derivano dal database regionale degli arresti cardiaci, la cui scheda della raccolta dati standardizzata segue i parametri internazionali dell’Utsein Style. Sono stati reclutati pazienti che hanno avuto un arresto cardiaco, di qualsiasi tipologia e causa sottostante; essi sono stati suddivisi in due gruppi in base all’introduzione del protocollo sulla gestione della temperatura. Al primo appartengono coloro che sono stati ricoverati tra il 2010 e il 2016 e al secondo coloro che sono stati ricoverati tra il 2017 ed il 2021. Risultati: Dallo studio di tesi è emerso un utilizzo globalmente limitato della TTM (37 % sul totale dei pazienti), con un incremento però nel gruppo 2, quindi tra il 2017 ed il 2021 (58 % gruppo 2 vs 28 % gruppo 1, p < 0.01). Diverso tuttavia è stato l’approccio con una maggiore attenzione alla normotermia più che all’ipotermia. Infatti, se consideriamo solo i pazienti sottoposti a gestione controllata della temperatura si è evidenziato una diversa temperatura corporea target (34土0.6 °C vs 35.5 土 0.5 °C p < 0.01). Inoltre si ha avuto una maggiore incidenza di episodi ipertermici (TC > 37.7 ° C) che sono passati dal 25 % al 43.4 % seppur il dato non sia significativo (p 0.44). Inoltre per quanto concerne l’outcome, si segnala un peggior esito neurologico se consideriamo solo i pazienti sottoposti a gestione della temperatura con un GCS a 72 h (9 (IQR 4-14) vs 5 (IQR 3-8), p < 0.01). Non vi sono variazioni significative in termini di mortalità ospedaliera (67% vs 58% p 0.82). Conclusioni: Il controllo mirato della temperatura è uno dei trattamenti più discussi riguardo la gestione del malato dopo l’arresto cardiocircolatorio. La letteratura in questi ultimi anni è passata da un controllo dell’ipotermia ad un controllo normotermico, con un diverso impatto in termini di impatto sul carico di lavoro infermieristico e sulle complicanze del paziente. Tuttavia, la normotermia ha un maggior rischio di sviluppare più episodi di ipertermia nelle prime 72 h che possono peggiorare l’outcome neurologico del paziente.
Targeted temperature management (TTM) in post cardiac arrest. Update and nurse's role
Background: cardiac arrest is the leading cause of death in Europe. In addition to causing unfavorable outcomes at the myocardial level, it also particularly affects the neurological level.Over the years, through the execution of various studies, the possible effectiveness of managing body temperature in preventing adverse neurological outcomes has been noted, as an increase in temperature particularly affects the brain after cardiac arrest. Despite this, this type of treatment is still discussed, due to the different results obtained from each single study. Objective: the objective of the thesis was to evaluate the use of targeted temperature management in patients who had had a cardiac arrest, considering the outcome and neurological picture in hospital and at discharge. Methods: it is a retrospective cohort study, the data of which derive from the regional database of cardiac arrests, whose standardized data collection sheet follows the international parameters of the Utsein Style. Patients who have had cardiac arrest, of any type and underlying cause, were recruited; they have been divided into two groups based on the introduction of the temperature management protocol. To the first belong those who were hospitalized between 2010 and 2016 and to the second those who were hospitalized between 2017 and 2021. Results: the thesis study showed a globally limited use of TTM (37% of the total patients), with an increase however in group 2, therefore between 2017 and 2021 (58% group 2 vs 28% group 1, p <0.01). However, the approach with greater attention to normothermia rather than hypothermia was different. In fact, if we consider only patients undergoing controlled temperature management, a different target body temperature was highlighted (34 土 0.6 ° C vs 35.5 土 0.5 ° C p <0.01). Furthermore, there was a higher incidence of hyperthermic episodes (TC> 37.7 ° C) which went from 25% to 43.4% although the data is not significant (p 0.44). Furthermore, as regards the outcome, a worse neurological outcome is reported if we consider only patients undergoing temperature management with a GCS at 72 h (9 (IQR 4-14) vs 5 (IQR 3-8), p <0.01 ). There are no significant changes in terms of hospital mortality (67% vs 58% p 0.82). Conclusions:Targeted temperature control is one of the most discussed treatments regarding patient management after cardiac arrest. The literature in recent years has passed from hypothermia control to normothermic control, with a different impact in terms of impact on the nursing workload and on patient complications. However, normothermia has a greater risk of developing multiple episodes of hyperthermia in the first 72 hours which can worsen the patient's neurological outcome.
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