Il presente lavoro di tesi è incentrato sul significato evolutivo degli eventi di pseudogenizzazione associati alla percezione gustativa, dove per pseudogenizzazione intendiamo un fenomeno evolutivo per cui, a seguito di un accumulo di mutazioni, un gene perde la sua funzione e diventa uno pseudogene. In particolar modo, ho analizzato l'influenza degli eventi di pseudogenizzazione in relazione alla sensibilità al gusto amaro, al dolce e all'umami in alcune specie di uccelli e di mammiferi euteri (più precisamente degli ordini Carnivora, Primates e dell'infraordine Cetacea). Il primo esempio, riportato nell'elaborato, riguarda l'incapacità di percezione del gusto dolce nei gatti domestici (Felis catus Linnaeus, 1758), e più in generale negli individui appartenenti alla famiglia Felidae (cioè tigri, ghepardi e leoni): l'assenza, rilevata attraverso numerosi studi neurologici e comportamentali, può essere spiegata dalla pseudogenizzazione del gene TAS1R2, che codifica proprio per il recettore per il gusto dolce TS1R2. La pseudogenizzazione a livello del gene TAS1R2 è comune anche alle specie appartenenti all'infraordine dei Cetacea e in più specie di uccelli, con diete diverse (insettivori, nettarivori e frugivori), suggerendo come la perdita di questo gene si sia verificata già nei Dinosauria. Un altro evento di pseudogenizzazione riguarda quello a carico del gene TAS1R1 nel panda gigante (Ailuropoda melanoleuca David, 1869), il quale, seppur appartenente all'ordine dei Carnivora, presenta una dieta prevalentemente vegetariana, basata al 99% su alimenti quali bambù, foglie e miele. Il gene TAS1R1, assieme al gene TAS1R3, codifica infatti per l'eterodimero TAS1R1/TAS1R3 che svolge un ruolo predominante nei processi di percezione dell'umami, gusto fondamentale nell'identificazione degli alimenti ricchi di proteine. In Homo sapiens la sensazione gustativa presa in esame è stata quella dell'amaro. Tale sensazione gustativa è legata a recettori codificati dalla famiglia genica TAS2Rs, la quale consta di 25 geni funzionali e 11 pseudogeni. All'interno di questa famiglia genica, il gene più studiato risulta essere TAS2R38, codificante per un recettore responsabile della percezione di composti quali feniltiocarbammide (PTC) e altri composti sintetici come il 6-n-propiltiouracile (PROP). I numerosi studi sui vari polimorfismi di TAS2R38, nell'uomo, hanno rivelato interessanti relazioni tra la percezione del gusto amaro e il comportamento alimentare, con conseguente influenza sull'indice di massa corporea. L'espressione genica di TAS2R38, inoltre, risulta correlata anche al rischio di neoplasia al colon retto, alla tolleranza al fumo, al consumo alcolico, alla predisposizione ad infezioni a carico del sistema respiratorio e, perfino, all'insorgenza di malattie neurodegenerative, in particolar modo la malattia di Parkinson. In conclusione, il presente elaborato mostra come variazioni genetiche nei geni che codificano per i recettori del gusto possano influenzarne la percezione e, conseguentemente, il comportamento alimentare, la fisiologia e l'ecologia degli individui. In particolar modo, per Homo sapiens, gli studi sulla genetica del gusto potranno aiutare la promozione di strategie personalizzate per la prevenzione di varie patologie.
Genetica del gusto: il ruolo della pseudogenizzazione
RUBINI, SHARON
2019/2020
Abstract
Il presente lavoro di tesi è incentrato sul significato evolutivo degli eventi di pseudogenizzazione associati alla percezione gustativa, dove per pseudogenizzazione intendiamo un fenomeno evolutivo per cui, a seguito di un accumulo di mutazioni, un gene perde la sua funzione e diventa uno pseudogene. In particolar modo, ho analizzato l'influenza degli eventi di pseudogenizzazione in relazione alla sensibilità al gusto amaro, al dolce e all'umami in alcune specie di uccelli e di mammiferi euteri (più precisamente degli ordini Carnivora, Primates e dell'infraordine Cetacea). Il primo esempio, riportato nell'elaborato, riguarda l'incapacità di percezione del gusto dolce nei gatti domestici (Felis catus Linnaeus, 1758), e più in generale negli individui appartenenti alla famiglia Felidae (cioè tigri, ghepardi e leoni): l'assenza, rilevata attraverso numerosi studi neurologici e comportamentali, può essere spiegata dalla pseudogenizzazione del gene TAS1R2, che codifica proprio per il recettore per il gusto dolce TS1R2. La pseudogenizzazione a livello del gene TAS1R2 è comune anche alle specie appartenenti all'infraordine dei Cetacea e in più specie di uccelli, con diete diverse (insettivori, nettarivori e frugivori), suggerendo come la perdita di questo gene si sia verificata già nei Dinosauria. Un altro evento di pseudogenizzazione riguarda quello a carico del gene TAS1R1 nel panda gigante (Ailuropoda melanoleuca David, 1869), il quale, seppur appartenente all'ordine dei Carnivora, presenta una dieta prevalentemente vegetariana, basata al 99% su alimenti quali bambù, foglie e miele. Il gene TAS1R1, assieme al gene TAS1R3, codifica infatti per l'eterodimero TAS1R1/TAS1R3 che svolge un ruolo predominante nei processi di percezione dell'umami, gusto fondamentale nell'identificazione degli alimenti ricchi di proteine. In Homo sapiens la sensazione gustativa presa in esame è stata quella dell'amaro. Tale sensazione gustativa è legata a recettori codificati dalla famiglia genica TAS2Rs, la quale consta di 25 geni funzionali e 11 pseudogeni. All'interno di questa famiglia genica, il gene più studiato risulta essere TAS2R38, codificante per un recettore responsabile della percezione di composti quali feniltiocarbammide (PTC) e altri composti sintetici come il 6-n-propiltiouracile (PROP). I numerosi studi sui vari polimorfismi di TAS2R38, nell'uomo, hanno rivelato interessanti relazioni tra la percezione del gusto amaro e il comportamento alimentare, con conseguente influenza sull'indice di massa corporea. L'espressione genica di TAS2R38, inoltre, risulta correlata anche al rischio di neoplasia al colon retto, alla tolleranza al fumo, al consumo alcolico, alla predisposizione ad infezioni a carico del sistema respiratorio e, perfino, all'insorgenza di malattie neurodegenerative, in particolar modo la malattia di Parkinson. In conclusione, il presente elaborato mostra come variazioni genetiche nei geni che codificano per i recettori del gusto possano influenzarne la percezione e, conseguentemente, il comportamento alimentare, la fisiologia e l'ecologia degli individui. In particolar modo, per Homo sapiens, gli studi sulla genetica del gusto potranno aiutare la promozione di strategie personalizzate per la prevenzione di varie patologie.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/29379