Questa tesi si pone l'obiettivo di illustrare sistematicamente le peculiarità rilevate e le difficoltà affrontate nel tradurre il manga Joshi Kōhei di Matsumoto Jirō, inedito in Italia, dalla lingua giapponese a quella di destinazione, soffermandosi in particolare su una serie di aspetti rivelatisi d'ostacolo alla resa. La tesi è strutturata in quattro capitoli riguardanti rispettivamente l'autore del fumetto, il manga, l'analisi della traduzione e la traduzione dello stesso. La discussione termina con una breve descrizione delle conclusioni tratte all'ultimazione dello studio della trasposizione del fumetto dalla lingua d'origine alla lingua d'arrivo. Il primo capitolo è a sua volta suddiviso in tre paragrafi, i quali si occupano di presentare una rapida cronologia della vita di Matsumoto Jirō, per poi spostare lo sguardo su un articolato approfondimento mirato alle sue opere, a partire da Wendy, neo Peter Pan del 1996, sino ad arrivare a manga come Freesia (2003), Becchin e Mandala (2009), Alice in Hell (2011) e Ichigeki (2016), più noti al pubblico italiano. Il primo capitolo si conclude con un paragrafo dedicato allo stile ma soprattutto ai temi delle tavole di Matsumoto Jirō. In fumetti quali Becchin e Mandala o Freesia, per esempio, sono presenti elementi ricorrenti come le ambientazioni apocalittiche e le atmosfere cyberpunk, ma anche l'onnipresenza del conflitto bellico; in Joshi Kōhei e in Alice in Hell, invece, è più frequente il rilevamento di materiale eroguro, nonché di personaggi robot e androidi e di bishōjo. Il secondo capitolo si occupa esclusivamente di Joshi Kōhei, introducendo sinteticamente la trama del fumetto per poi proseguire nell'illustrazione dei vari personaggi con le loro relative caratteristiche e particolarità. In ultima analisi, il secondo capitolo propone una lista di artisti ai quali si presume Matsumoto Jirō abbia attinto nel realizzare Joshi Kōhei, o che presentano punti in comune con i suoi temi e il suo stile: questi autori sono Shintarō Kago, Suehiro Maruo e Junji Itō per quanto riguarda gli elementi eroguro, Nagai Gō per la presenza delle armi giganti che danno il nome al fumetto e che tanto ricordano i mecha di Mazinger Z, e infine vari registi, primo fra tutti Terry Gilliam, ma anche Francis Ford Coppola, Stanley Kubrik, Ridley Scott e William Friedkin. Il terzo capitolo è interamente dedicato all'analisi della traduzione del manga: nel processo di trasposizione di Joshi Kōhei dalla lingua giapponese alla lingua italiana non sono infatti mancati degli ostacoli, a partire dal titolo; altre difficoltà degne di nota sono quelle poste ai traduttori dai neologismi ma soprattutto dai numerosi giochi di parole. È inevitabile, inoltre, imbattersi in difficoltà a prima vista insormontabili quando si è di fronte a elementi culturali radicati nella lingua d'origine ma impossibili da trasferire nella lingua d'arrivo senza perdere un poco del valore semantico stabilito dall'autore. Altri due paragrafi si occupano di esporre le problematicità derivanti da costituenti propri della lingua giapponese quali l'assenza del genere e i livelli di formalità. Infine, il capitolo tre suggerisce due tipi di ripartizione delle onomatopee giapponesi, analizzandone degli esempi tratti come modello dallo stesso Joshi Kōhei. L'ultimo capitolo, come accennato, contiene la traduzione completa dei sette volumi del fumetto. La tesi si chiude con un breve cenno alle conclusioni dedotte successivamente allo studio della traduzione

Joshi Kōhei: analisi delle caratteristiche e delle problematicità riscontrate nella traduzione del manga di Matsumoto Jirō

ORLANDO, ALESSIA
2019/2020

Abstract

Questa tesi si pone l'obiettivo di illustrare sistematicamente le peculiarità rilevate e le difficoltà affrontate nel tradurre il manga Joshi Kōhei di Matsumoto Jirō, inedito in Italia, dalla lingua giapponese a quella di destinazione, soffermandosi in particolare su una serie di aspetti rivelatisi d'ostacolo alla resa. La tesi è strutturata in quattro capitoli riguardanti rispettivamente l'autore del fumetto, il manga, l'analisi della traduzione e la traduzione dello stesso. La discussione termina con una breve descrizione delle conclusioni tratte all'ultimazione dello studio della trasposizione del fumetto dalla lingua d'origine alla lingua d'arrivo. Il primo capitolo è a sua volta suddiviso in tre paragrafi, i quali si occupano di presentare una rapida cronologia della vita di Matsumoto Jirō, per poi spostare lo sguardo su un articolato approfondimento mirato alle sue opere, a partire da Wendy, neo Peter Pan del 1996, sino ad arrivare a manga come Freesia (2003), Becchin e Mandala (2009), Alice in Hell (2011) e Ichigeki (2016), più noti al pubblico italiano. Il primo capitolo si conclude con un paragrafo dedicato allo stile ma soprattutto ai temi delle tavole di Matsumoto Jirō. In fumetti quali Becchin e Mandala o Freesia, per esempio, sono presenti elementi ricorrenti come le ambientazioni apocalittiche e le atmosfere cyberpunk, ma anche l'onnipresenza del conflitto bellico; in Joshi Kōhei e in Alice in Hell, invece, è più frequente il rilevamento di materiale eroguro, nonché di personaggi robot e androidi e di bishōjo. Il secondo capitolo si occupa esclusivamente di Joshi Kōhei, introducendo sinteticamente la trama del fumetto per poi proseguire nell'illustrazione dei vari personaggi con le loro relative caratteristiche e particolarità. In ultima analisi, il secondo capitolo propone una lista di artisti ai quali si presume Matsumoto Jirō abbia attinto nel realizzare Joshi Kōhei, o che presentano punti in comune con i suoi temi e il suo stile: questi autori sono Shintarō Kago, Suehiro Maruo e Junji Itō per quanto riguarda gli elementi eroguro, Nagai Gō per la presenza delle armi giganti che danno il nome al fumetto e che tanto ricordano i mecha di Mazinger Z, e infine vari registi, primo fra tutti Terry Gilliam, ma anche Francis Ford Coppola, Stanley Kubrik, Ridley Scott e William Friedkin. Il terzo capitolo è interamente dedicato all'analisi della traduzione del manga: nel processo di trasposizione di Joshi Kōhei dalla lingua giapponese alla lingua italiana non sono infatti mancati degli ostacoli, a partire dal titolo; altre difficoltà degne di nota sono quelle poste ai traduttori dai neologismi ma soprattutto dai numerosi giochi di parole. È inevitabile, inoltre, imbattersi in difficoltà a prima vista insormontabili quando si è di fronte a elementi culturali radicati nella lingua d'origine ma impossibili da trasferire nella lingua d'arrivo senza perdere un poco del valore semantico stabilito dall'autore. Altri due paragrafi si occupano di esporre le problematicità derivanti da costituenti propri della lingua giapponese quali l'assenza del genere e i livelli di formalità. Infine, il capitolo tre suggerisce due tipi di ripartizione delle onomatopee giapponesi, analizzandone degli esempi tratti come modello dallo stesso Joshi Kōhei. L'ultimo capitolo, come accennato, contiene la traduzione completa dei sette volumi del fumetto. La tesi si chiude con un breve cenno alle conclusioni dedotte successivamente allo studio della traduzione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/29285