With this work we intend to analyze, through the centrality of the relationship between language and extra-linguistic reality, the causes of resistance in the use of professional titles to indicate female referents who occupy prestigious positions or institutional positions, previously inaccessible to women and in where the male presence is still prevalent. In the first chapter we will analyze the relationship of reciprocal and bidirectional influence between the sociocultural reality and the language, specifically between the patriarchal society, based on the predominance of the masculine, and the androcentric language. We intend to examine how this relationship creates a consolidation and nourishment of the disparities between genders present in social reality through a use of language that conveys gender stereotypes and negative prejudices against women, representing them in a reductive way, not in line with social roles hired by women in recent decades. Furthermore, we will examine how the language can be used as a tool to achieve equality and adequately represent women. In the second chapter we will analyze whether the resistance encountered in the adaptation of the language to social changes is due to the internal structure of the Italian language. We intend to analyze the category of grammatical gender, its assignment criteria and the morphological mechanisms of formation of the female grammatical gender, specifically concerning animated nouns with human referents, to understand if it is possible ˗ in the potentially ˗ the formation of professional titles concerning prestigious roles of female grammatical gender. The third chapter will instead analyze the causes and motivations external to the language, which lead to the preference for the feminization of agents indicating prestige roles hybrid or asymmetrical forms ˗ such as the use of the masculine grammatical gender ˗ to indicate female gender referents. Furthermore, we will try to understand to what extent the use of these forms is linked to the prestige attributed to the masculine in the language as well as in society, to the different perceptions of the concept of equality and finally to the stereotyped vision of gender roles that leads to perceiving the presence of women in prestigious roles as an exception. The goal is therefore to demonstrate that the resistance in the use of female professional titles is not attributable to the language, but to the stereotypes and gender prejudices internalized by the community of speakers who use language in a dissymmetrical way, conveying and reinforcing the disparity between genders.
Con il presente lavoro si intendono analizzare, attraverso la centralità del rapporto tra lingua e realtà extralinguistica, le cause delle resistenze nell’uso di titoli professionali per indicare referenti di sesso femminile che occupano posizioni di prestigio o cariche istituzionali, prima inaccessibili alle donne e in cui la presenza maschile è ancora prevalente. Nel primo capitolo si analizzerà il rapporto di influenza reciproca e bidirezionale tra la realtà socioculturale e la lingua, nello specifico tra la società patriarcale, basata sulla predominanza del maschile, e la lingua androcentrica. Si intende esaminare come tale rapporto contribuisce a consolidare e alimentare le disparità tra i generi presenti nella realtà sociale attraverso un uso del linguaggio che veicola stereotipi di genere e pregiudizi negativi nei confronti del femminile, rappresentandolo in modo riduttivo e non in linea con i ruoli sociali assunti dalle donne negli ultimi decenni. Inoltre, si esaminerà in che modo il linguaggio possa essere utilizzato come uno strumento per raggiungere la parità e rappresentare adeguatamente il femminile. Nel secondo capitolo si indagherà se le resistenze riscontrate nell’adeguamento della lingua ai cambiamenti sociali siano dovute alla struttura interna della lingua italiana. Si intende analizzare la categoria del genere grammaticale, i suoi criteri di assegnazione e i meccanismi morfologici di formazione del femminile, riguardanti nello specifico sostantivi animati con referenti umani, per capire se è possibile ˗ allo stato potenziale ˗ la formazione di titoli professionali riguardanti ruoli di prestigio di genere grammaticale femminile. Il terzo capitolo analizzerà invece le cause e motivazioni esterne alla lingua, che portano a preferire alla femminilizzazione degli agentivi indicanti ruoli di prestigio forme ibride o dissimmetriche ˗ come l’uso del genere grammaticale maschile ˗ per indicare referenti di genere femminile. Inoltre, si cercherà di capire in che misura l’uso di tali forme sia legato al prestigio attribuito al maschile nella lingua come nella società, alle differenti percezioni del concetto di parità e infine alla visione stereotipata dei ruoli di genere che porta a percepire la presenza femminile in ruoli di alto livello come un’eccezione. L’obiettivo è dunque dimostrare che le resistenze nell’uso dei femminili professionali non siano imputabili alla lingua, bensì agli stereotipi e pregiudizi di genere interiorizzati dalla comunità di parlanti che usa il linguaggio in modo dissimmetrico, veicolando e rinforzando la disparità tra i generi.
Tra lingua e realtà: resistenze nell'uso dei femminili professionali in ruoli di prestigio
PINNELLI, NOEMI
2019/2020
Abstract
Con il presente lavoro si intendono analizzare, attraverso la centralità del rapporto tra lingua e realtà extralinguistica, le cause delle resistenze nell’uso di titoli professionali per indicare referenti di sesso femminile che occupano posizioni di prestigio o cariche istituzionali, prima inaccessibili alle donne e in cui la presenza maschile è ancora prevalente. Nel primo capitolo si analizzerà il rapporto di influenza reciproca e bidirezionale tra la realtà socioculturale e la lingua, nello specifico tra la società patriarcale, basata sulla predominanza del maschile, e la lingua androcentrica. Si intende esaminare come tale rapporto contribuisce a consolidare e alimentare le disparità tra i generi presenti nella realtà sociale attraverso un uso del linguaggio che veicola stereotipi di genere e pregiudizi negativi nei confronti del femminile, rappresentandolo in modo riduttivo e non in linea con i ruoli sociali assunti dalle donne negli ultimi decenni. Inoltre, si esaminerà in che modo il linguaggio possa essere utilizzato come uno strumento per raggiungere la parità e rappresentare adeguatamente il femminile. Nel secondo capitolo si indagherà se le resistenze riscontrate nell’adeguamento della lingua ai cambiamenti sociali siano dovute alla struttura interna della lingua italiana. Si intende analizzare la categoria del genere grammaticale, i suoi criteri di assegnazione e i meccanismi morfologici di formazione del femminile, riguardanti nello specifico sostantivi animati con referenti umani, per capire se è possibile ˗ allo stato potenziale ˗ la formazione di titoli professionali riguardanti ruoli di prestigio di genere grammaticale femminile. Il terzo capitolo analizzerà invece le cause e motivazioni esterne alla lingua, che portano a preferire alla femminilizzazione degli agentivi indicanti ruoli di prestigio forme ibride o dissimmetriche ˗ come l’uso del genere grammaticale maschile ˗ per indicare referenti di genere femminile. Inoltre, si cercherà di capire in che misura l’uso di tali forme sia legato al prestigio attribuito al maschile nella lingua come nella società, alle differenti percezioni del concetto di parità e infine alla visione stereotipata dei ruoli di genere che porta a percepire la presenza femminile in ruoli di alto livello come un’eccezione. L’obiettivo è dunque dimostrare che le resistenze nell’uso dei femminili professionali non siano imputabili alla lingua, bensì agli stereotipi e pregiudizi di genere interiorizzati dalla comunità di parlanti che usa il linguaggio in modo dissimmetrico, veicolando e rinforzando la disparità tra i generi.File | Dimensione | Formato | |
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